Non mi hanno fatto male, disse così a proposito dei suoi accusatori. Il libro di Renato Farina, fuori collana per Edizioni Cantagalli, da maggio in libreria.
I dieci anni del titolo sono quelli dei procedimenti giudiziari contro Andreotti, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, al termine del quale è stato assolto. L’Autore racconta avvenimenti, incontri, udienze, fatti familiari e personali che fanno da contorno a un evento giudiziario che ha interessato l’intero paese.
La dichiarata amicizia personale e il coinvolgimento nella strategia difensiva fa di questo volume una testimonianza d’affetto e vicinanza.
«Mi accorsi di essergli vicino, vicinissimo una sera a Palermo, il 26 settembre. Era appena finita la prima udienza del processo del secolo. Stavo ancora scrivendo la mia cronaca, ero in ritardo come sempre, non riuscivo a trasmettere dalla telefoneria antiquata dell’Hotel delle Palme. Mi cercò lui, Giulio Andreotti, e mi disse che ero invitato a cena nella sua camera. Mi aspettò. Aveva il cardigan blu, e le mani immense. Intorno c’erano gli avvocati. Discussero di strategia difensiva. Condivisi i segreti dell’uomo più segreto nella riunione segreta. La definitiva sentenza di assoluzione della Corte di Cassazione è datata 15 ottobre 2004. Qui si racconta qualcosa di più del processo ad Andreotti però. Cioè lui, Andreotti, il suo mistero di uomo. Che sta in questa frase: “Io penso che non mi hanno fatto male”. Chi non gli ha fatto male? Loro. Gli accusatori, i pentiti, i probabili congiurati. Dieci anni travolti, ma alla fine non gli hanno fatto male, “sono stati utili, forse necessari”, entrano anch’essi nel libro mastro dove la voce decisiva è misericordia».