Per la rubrica dedicata al mondo delle case editrici, «Il Recensore» ha intervistato Michele Luzzatto, editor per la saggistica di Bollati Boringhieri, storica casa editrice di Torino.
Ci descrive il vostro logo e il suo significato?
Il cielo stellato, simbolo di Bollati Boringhieri, è un particolare, scelto accuratamente da Paolo Boringhieri, tratto da La musica delle sfere, una silografia del Practica musice di Franchino Gaffurio (1496). Il «celum stellatum» compare nelle nostre edizioni per la prima volta nella primavera del 1958, a un anno dalla nascita della casa editrice Boringhieri, e da allora è presente su tutte le novità. (cfr. Giulia Boringhieri, Per un umanesimo scientifico, Einaudi, Torino 2010, p. 367).
Com’è strutturata la redazione e come si svolge il vostro lavoro?
La Direzione editoriale della casa editrice è affidata a Renzo Guidieri, che è anche Amministratore delegato. Oltre all’amministrazione, all’ufficio stampa, all’ufficio tecnico, all’ufficio commerciale e all’ufficio diritti, a lui riportano i due editor: io per la saggistica e Marisa Caramella per la narrativa. La redazione, coordinata da Claudia Moro, può contare sull’aiuto di altri due ottimi redattori.
Il lavoro della casa editrice è necessariamente caratterizzato dalla sinergia di tutte le professionalità citate, fondamentali per il buon andamento del lavoro e della produzione. Ogni libro viene pensato e condotto fino alla libreria da tutti i settori della casa editrice, nessuno escluso.
Che tipo di preparazione occorre avere per lavorare in una casa editrice?
Non ci sono ricette. Il mondo editoriale presenta personalità che provengono da studi ed esperienze di tipo diverso. Più che in altri lavori, forse, nell’editoria conta moltissimo ciò che si apprende con l’esperienza, anche perché è un mondo che si muove rapidamente. Per tradizione, si incontrano per lo più persone provenienti da studi umanistici, ma non mancano personalità di altissimo livello che hanno semplicemente imparato il «mestiere» facendolo, per anni, giorno per giorno, e che spesso conoscono il delicato meccanismo dell’editoria meglio di tanti intellettuali. Per quanto riguarda me, sono uno dei pochi che provengono da un’educazione di tipo scientifico. I miei studi di biologia mi aiutano non solo nei testi scientifici, ma nella saggistica in generale, perché se c’è una cosa di cui la cultura italiana ha bisogno, è il superamento della vecchia divisione tra le «due culture».
Quali sono i titoli di punta del settore saggistica?
Edmund De Waal, Un’eredità di avorio e ambra è un ottimo esempio di saggio narrato, un libro davvero speciale, capace di interessare sia i lettori di narrativa sia quelli di saggistica. Più in generale, poniamo sempre grande attenzione alla qualità della scrittura anche per i libri di saggistica. Tra i libri meglio accolti della nostra produzione recente citerei il magnifico saggio di Jim Al-Khalili, La fisica del diavolo (un nuovo saggio dello stesso autore è in procinto di uscire), diversi volumi della collana «Sampietrini», particolarmente apprezzata in libreria, come Televisione di Carlo Freccero, Vita di Edoardo Boncinelli, Cultura di Marco Aime e Limite di Serge Latouche. Peraltro tutti i libri di Serge Latouche sono molto bene accolti dai lettori, compreso l’ultimo in ordine di uscita, Usa e getta, un’analisi sferzante sull’obsolescenza programmata dei beni.
Gli italiani, si sa, sono lettori pigri. È possibile provare a invertire la tendenza?
Gli italiani, si sa, non sono lettori. È una vecchia piaga. L’editoria dal canto suo può agire solo marginalmente per invertire questa tendenza, cercando di proporre libri che destino maggior interesse, «vestendoli» in maniera più accattivante e promuovendone la diffusione sempre meglio. Se alla crisi della lettura nel nostro paese si aggiunge l’attuale congiuntura economica, ne ricaviamo un panorama non proprio incoraggiante. Ma l’Italia ha un problema culturale radicato e profondo, che non può che essere affrontato a livello di istruzione primaria e secondaria. Si tratta forse del più pressante problema veramente politico del nostro paese.
Come affrontate l’antico male della distribuzione nelle librerie?
Antico male? La distribuzione è uno dei punti nevralgici della filiera produttiva del mondo dell’editoria e anche uno dei suoi capisaldi. Si immagini, anche solo in termini di logistica, cosa significa garantire la distribuzione di migliaia di titoli a centinaia di librerie su tutto il territorio nazionale, garantendo nel contempo, e molto velocemente, il rifornimento dei titoli di maggior successo. È una macchina terribilmente complessa, senza la quale non ci sarebbero i libri come noi li conosciamo. Bollati Boringhieri fa parte del Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS) e si avvale della distribuzione effettuata da Messaggerie.
Progetti futuri della Bollati Boringhieri?
Per domani? Tra un mese? Tra un anno? Dipende. Progetti futuri ne facciamo ogni giorno, fa parte del nostro mestiere. Ogni nuovo libro è un «progetto futuro», un «figlio» al quale si vuole bene e per il quale si fa il possibile, in modo che trovi là fuori, nel grande mondo della cultura e della lettura, la sua via nel migliore dei modi.
Più nel concreto, Bollati Boringhieri si è già impegnata, e ancor più lo farà in futuro, ad esempio nel campo in grande fermento dell’editoria digitale. Un mese fa abbiamo lanciato un’operazione complessa e scientificamente delicata come la digitalizzazione delle Opere complete di Sigmund Freud, e i numeri ci stanno dando ragione. Abbiamo una produzione ben differenziata in collane riconoscibili, a partire dai «Sampietrini» e poi i «Temi», i «Saggi», gli eleganti «Nuovi Saggi», la solida «Nuova Cultura» e la collana economica «I Grandi Pensatori», oltre ai brevi e densi «Incipit» e l’ultima nata, la collana più leggera, ma non meno seria, degli «Incroci».