I ricordi non si lavano di Aurora Frola (Edizioni della Sera, 2012) è una storia al limite. La protagonista e io narrante è Angelica, una ragazza dal passato decisamente difficile e tumultuoso. Nell’efficace Prologo, il lettore viene catapultato in una stanza di ospedale, dove la giovane è raggiunta da mani e cure alle quali vorrebbe opporsi, invano. Una scena forte, chiara, precisa.
Angelica ha tentato il suicidio e viene mandata in cura presso una clinica psichiatrica. L’autrice cerca di descrivere così l’ingresso in un altro mondo, dove le regole sono sovvertite e la anormalità diventa la normalità. La protagonista si confronta con se stessa e i propri problemi: tanti, troppi. Dipendenza dalla cocaina, alcolismo, abuso di farmaci, autolesionismo, violenze domestiche, problemi della sfera sessuale. E ancora, disturbo borderline della personalità, perversioni, anoressia, un rapporto coi genitori mai decollato, una madre non-madre, un’infanzia violata. E questo è solo il pesantissimo bagaglio di Angelica, che incontra sulla sua strada anche le altre «bambole difettose» rinchiuse nella clinica, anche loro costrette a convivere con i propri disturbi.
La permanenza nella clinica e il percorso di disintossicazione a cui la ragazza è costretta a sottoporsi vengono intervallati da flashback taglienti, con cui il passato si affaccia sulla scena per illuminare il lettore e chiarire il quadro. Il racconto di Angelica assume in questo modo l’aspetto di una specie di confessione, un diario di bordo in cui viene distesa una vera e propria cronaca di un’esistenza frantumata e dei suoi tentativi di ricomporsi. Nel mondo alla rovescia della clinica, Angelica incontra Lisa, un’altra paziente che diventerà il suo supporto, la compagna di viaggio con cui condividere il tortuoso percorso. Proprio l’amicizia e la solidarietà tra le donne in ricovero – che ricorda parecchio Ragazze interrotte, con Winona Ryder e Angelina Jolie – costituisce il fulcro di questa storia, l’unico scoglio a cui le pazienti possono appoggiarsi. L’unione e il fare gruppo trova davanti a sé la cecità dei medici, un luogo fin troppo comune nei romanzi. Medici, psicologi e psichiatri vengono infatti dipinti come dei sordi incapaci, quasi dei nemici pronti a opporsi a qualsiasi miglioramento, contribuendo a una sorta di abbrutimento dei malati.
L’autrice realizza questo racconto cercando di renderne la frammentarietà e la precarietà attraverso uno sintassi spezzata, costellata di pause brusche dove la virgola è spesso abolita, con ampio spazio riservato ai rapidi soliloqui della protagonista. Se, dunque, lo stile e la storia non sorprendono più di tanto, di maggiore interesse è l’insistenza su quel dopo con cui la protagonista e le altre pazienti della clinica devono prima o poi confrontarsi. Cosa ne sarà di loro quando la loro cura sarà terminata? Cosa può offrire loro la società? Come verranno riaccolte? Allo stesso modo delle detenzioni in carcere, anche l’ospedale psichiatrico pone quesiti importanti: non solo una dicotomia tra un mondo”normale” e uno “anormale”, ma anche tra un fuori e un dentro, dove la permanenza nella clinica sembra in qualche modo rappresentare una sospensione non solo della normalità, ma della stessa società, che però – una volta esaurito il percorso di riabilitazione – torna a presentarsi fuori alla porta, non più eludibile.
Aurora Frola nasce a Ivrea nel 1982. Si laurea nel 2005 presso la Facoltà di Economia dell’Università degli studi di Torino. Lavora nel settore informatico, ma coltiva da sempre un grande animo di artista che la vede sviluppare un acceso interesse verso la scrittura sin da bambina. Dedica molto tempo all’arte e alla creatività, approcciandosi anche alla pittura ed inseguendo un unico scopo: trasmettere emozioni.
Autore: Aurora Frola
Titolo: I ricordi non si lavano
Editore: Edizioni della Sera
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 204
Prezzo: 14 euro