Picasso e i suoi amici secondo Fernande Olivier

thumbs1Picasso e i suoi amici si incontravano soprattutto di sera, nelle trattorie a basso prezzo di Montmartre, da Vernin o da Azon, i cui padroni continuavano a far credito agli artisti per non perdere tutto. “E il lavoro, come va?”, chiedeva immancabilmente qualcuno. “Mah…”, rispondeva insoddisfatto il pittore ventitreenne, in tuta blu da stagnaio, espadrillas ai piedi e capelli al vento. “Ah! Ah!”, ridacchiava grassamente Apollinaire, mentre la compagna Marie Laurencin lanciava il suo tipico acuto detto “grido del Grande Lama”. Matisse, solenne e profondo, diceva “sì” o “no” a seconda dei momenti, l’importante era intavolare discussioni. Derain approvava, dall’alto dei suoi due metri. Braque preferiva mantenersi sul vago, “Forse che sì, forse che no”; tutto il contrario di Van Dongen, che si dava alle dimostrazioni pratiche esibendo i disegni fatti al Moulin Rouge; o di Max Jacob, pronto a leggere qualche riga dai suoi fogli spiegazzati.

L’immagine, tra le più seducenti del libro “Picasso e i suoi amici” (Donzelli 2012), pubblicato per la prima volta nel 1933, appartiene ai ricordi di Fernande Olivier: la “bella Fernande”, come la chiamava Picasso negli anni della bohème parigina. Nel 1904 entrambi erano giovani e senza un soldo. Lei, modella dalla bellezza tutta francese e pittrice a sua volta, aveva già alle spalle una vita travagliata. Lui, esordiente artista dalla personalità straripante, viveva ancora di stenti, come del resto gli altri suoi  amici. Certo, che gli amici in questione si chiamassero Henri Rousseau, André Salmon o Miquel Utrillo, non è poi un dettaglio trascurabile del libro della Olivier, anzi.

Popolata da cotanti nomi, godibilissima nel suo stile vivace e semplice, l’opera oltrepassa sia l’ambito biografico che quello dei tradizionali mémoires, trasformandosi in una preziosa testimonianza sui periodi blu e rosa, nonché sulla successiva genesi del cubismo, culminata nella realizzazione di “Les demoiselles d’Avignon” nel 1912. Ma la fresca voce dell’autrice non racconta solo Picasso. Attorno a lui, nella consapevolezza o meno di fare la storia, Matisse accende le tele con i violenti e squillanti contrasti cromatici che avrebbero suggerito il nome di “fauves”; il doganiere Rousseau vende quadri per trenta franchi; il giovane Amedeo Modigliani affitta uno studio sulla Butte e infine, scortati da Marinetti, i futuristi italiani “irrompono” a Montmartre, Ardengo Soffici chiacchiera un’intera notte senza annoiare nessuno, e Boccioni e Severini sfoggiano calze di colori diversi al caffè dell’Ermitage…

A dispetto della suddivisione in paragrafi, la “bella Fernande” procede senza metodo, sull’onda dei ricordi, restituendo quello che i filosofi chiamavano lo Spirito del Tempo. Personaggi leggendari si vestono così di una concretezza e di un fascino che nelle biografie ufficiali non avrebbero mai. “Quanta verità?”, si chiede Ester Coen nella prefazione. Tutto sommato, non ci dispiace affatto non saperlo.

Fernande Olivier nacque a Parigi nel 1881 e morì nel 1966 in povertà: fu Picasso, avvertito delle misere condizioni in cui versava, a darle un aiuto finanziario negli ultimi anni della sua vita. La “bella Fernande”, modella dei pittori e pittrice a sua volta, è autrice anche di un altro libro di memorie, “Souvenirs intimes”, pubblicato nel 1988 da Calmann-Lévy.

Autore: Fernande Olivier
Titolo: Picasso e i suoi amici
Editore: Donzelli
Anno: 2012
Pagine: 114
Prezzo: 18 euro