Zachar Prilepic nella raccolta di racconti Il peccato ( Voland 2012) subito confessa la colpa che lo ossessiona: la felicità è leggera…il cuore, invece, pesa…Eravamo due esseri senza cuore”. È il modo per dare al lettore la chiave per penetrare nell’universo in via di disintegrazione che caratterizza non solo lui ma anche gran parte delle gioventù della Russia post-comunista, condannata alla precarietà materiale e morale come nel resto d’Europa. Il rimpianto della felicità perduta, la sensazione, forse illusoria, di esserne sfiorati rende gli individui simili gli uni agli altri nonché le stagioni di una medesima esistenza uguali a se stesse: ed è quest’ombra intermittente, pesante come un rimorso, a fare da sfondo ai dieci racconti del trentasettenne autore russo.Prilepic, in realtà, in ognuno di essi evoca alcuni momenti della sua autobiografia: i palpiti erotici dell’adolescenza, il lavoro nei cimiteri e nei night, le sbronze con gli amici allegroni, le poesie, la famiglia, e infine la guerra in Cecenia. Istantanee, vivide, piene di azioni, nelle quali è ben percepibile, quando nelle pause liriche la tensione si allenta, il sofferto tentativo dello scrittore di afferrare un’emozione, nel timore che essa sfugga. I ricordi, infatti, riflette il padre di famiglia realizzato di Non succederà niente costretto a un lungo viaggio per il funerale della nonna, si disfano subito, restano freddi, e i tergicristalli con il loro cigolio li spazzano via dal lunotto dell’auto in corsa sotto la neve; il becchino triste di Ruote va in pellegrinaggio alla casa dove viveva la sua compagna di scuola più bella ma vi incontra solo i fantasmi della sua giovinezza, ormai per lui indifferenti.
Ne Il peccato il tempo perduto non lo si ritrova più: l’io narrante si rifrange disperdendosi in mille io speculari, il militare, il beone e il poeta, colui che vede e parla con il fantasma dell’amico d’infanzia morto (Il quadrato bianco) e l’ottimista ad oltranza convinto di vivere la migliore delle vite. Il romanzo con Zachar al centro si frantuma inconcluso in una serie di racconti alla Cechov, l’unica ricostruzione fedele di sé consentita. Ne emerge il ritratto di un’umanità senza più sogni, eppure aggrappata a ciò che la realtà o l’immaginazione offre loro: l’impulso di portar via su una barchetta a remi l’amata in Che giorno sarà, il giocare a palle di neve con l’amico ubriachi di vodka in Karlossn, la contemplazione della figlia, un flessuoso germoglio, in Non succederà niente, la voce della madre al telefono nel frastuono della guerra in Il sergente, e infine la tenerezza per gli animali, che in molti racconti contrastano i simboli di morte. I motivi per essere felici sono reali e nessuno certo mente: nel ribadire a se stessi che tutto intorno è meraviglioso si insinua tuttavia il controcanto di un alter ego, il poeta portavoce Zacharcha che domanda: Cosa posso chiedere a Dio? Forse da fumare.
Zachar Prilepin è nato nel 1975 a Nižnij Novgorod, Russia. Veterano della guerra in Cecenia (1996-1999), dove era arruolato negli OMON, i corpi speciali russi, è giornalista, redattore della “Novaja gazeta” e membro della Drugaja Rossija (L’Altra Russia). Considerato uno dei migliori prosatori della Russia di oggi soprattutto per la lingua innovativa ed evocatrice, ha pubblicato romanzi e racconti. Campione di incassi, l’autore è stato finalista ai più importanti premi letterari russi degli ultimi anni (Nacionalnyj bestseller, Russkij Buker ecc.) e molti ne ha vinti, tra cui recentemente il Premio Super-Nacbest per il suo libro Grech (Il peccato), giudicato il miglior romanzo degli ultimi dieci anni. Sposato, ha quattro figli. I suoi libri sono tradotti in numerose lingue.
Autore: Zachar Prilepin
Titolo: Il peccato
Editore: Voland
Traduzione: Nicoletta Marciali
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: Euro 15
di Augusto Leone