Nel volume “Roma per sempre. Storie quotidiane della città eterna” di Marco Proietti Mancini (Edizioni della Sera, 2012), che l’autore dedica alla sua famiglia e a quell’angelo “che mi ha protetto e mi protegge ancora“, traspare in maniera prorompente tutta la passione e tutto l’amore che lo scrittore prova per la sua città.
In un viaggio esistenziale ed emozionale troviamo l’Urbe che ha tanti volti: Villa Torlonia, Villa Paganini, il Muro Torto, Piazzale Flaminio, la Facoltà di Architettura, la GNAM, Villa Borghese, il Giardino degli Aranci, il Tempio di Vesta, via della Conciliazione, Porta Cavalleggeri, il Gianicolo, Campo de’ Fiori, il Pantheon e molto altro ancora… “Angeli, quanti angeli ci sono a Roma?“. Cartoline che incantano, divertono, stupiscono, perché qui si legge la storia “mi sembra ancora di veder volare i lacrimogeni, di sentire la puzza acre e le sirene acute che violentavano le orecchie“.
Si affacciano l’infanzia e la prima giovinezza di Proietti con quel quartiere San Paolo mai dimenticato, e s’incontra il popolo romano, distaccato, disincantato, simpaticamente strafottente, apparentemente vinto. Non manca nulla in queste suggestive “storie quotidiane della città eterna” edito nella collana Emozioni di carta: nostalgia, malinconia e tenerezza per un’epoca passata. Mancini, che ci piace definire come il Belli degli anni 2000, ha camminato per le vie di Roma soprattutto di notte, perché “nella notte il cuore batte più piano, il tempo scorre più lento, i passi sono meno faticosi e il cuscino è un’amante” e “i sogni più belli sono quelli che ci rendevamo conto di avere solo dopo averli realizzati“.
Attraverso la narrazione e la descrizione di una città da sempre Caput Mundi l’autore, con uno stile accattivante e condito da un simpatico dialetto romanesco, riflette su quella meravigliosa avventura che è la vita. “Ma se io potessi veramente tornare indietro nel tempo, tante altre cose, anche brutte, le rifarei comunque. Che poi, erano brutte?“.
Roma “è troppa, è tanta, è bella“. Marco desidera chiarire il suo pensiero?
“Sono nato a Roma cinquantuno anni fa. Se ci penso mi gira la testa, più di mezzo secolo dentro questa città; se fosse un matrimonio saremmo alle nozze d’oro. Ecco, Roma è tanta, nonostante l’abbia girata e rigirata, esplorata, percorsa anche nelle strade più periferiche, ancora adesso mi succede di girare un angolo e scoprire una parte, un particolare, una prospettiva che in cinquantuno anni non avevo mai visto. E mi emoziono, come ci si emoziona per un colpo di fulmine che si chiama così perché è improvviso, inatteso, perché ti fulmina e ti spezza il fiato, ti fa venire un brivido. Immaginatevi un colpo di fulmine al giorno. Ecco cosa vuol dire Roma è troppa, è tanta, è bella. Non esiste nessun’altra città al mondo, nessuna, che possa dare tanto.”
Per quale motivo non è facile emozionare un romano?
“Perché un romano è abituato all’eccezionale, a quel tanto, troppo, di cui abbiamo appena parlato. Ormai l’abbiamo nel DNA, è uno imprinting che ci portiamo dentro dal primo vagito. A Roma sono passati tutti, ne abbiamo viste di tutti i colori, razze, espressioni artistiche. Se vuoi stupire un romano, se vuoi prenderlo, devi dargli qualcosa di più e di diverso da quello che ha già visto e avuto ma Roma ti da già tutto.”
Ha presentato il volume in varie città italiane. Qual è stata l’accoglienza che ha ricevuto?
“Sorprendentemente entusiastica. Dico che ne sono rimasto sorpreso, perché non mi aspettavo tanto amore per queste storie, per questa città. Ma forse la spiegazione è nel fatto che ho voluto proporre Roma secondo una visuale umana, dagli occhi e non dall’alto, ho provato a svelarla attraverso storie di vita quotidiana, come recita il sottotitolo. Non c’è nessuna intenzione di conquista, nessuna affermazione di superiorità nella mia maniera di proporre Roma. E poi a me piace mettermi in gioco, durante le presentazioni, fosse per me non le chiamerei neanche così, mi piace trasformarle in happening, spettacolini in cui vado fuori da ogni schema, faccio impazzire i moderatori e faccio sudare freddo l’editore, raccontando aneddoti, storielle, episodi che nel libro non ci sono. Ormai l’editore mi accompagna ovunque, non so più se lo fa perché si diverte, perché gli piace il brivido o perché spera ancora di riuscire a controllarmi e farmi rimanere in un ruolo più formale e canonico. Qualcuno lo avvisi che è impossibile.”
Si aspettava che il libro riscuotesse un così vasto consenso di pubblico e critica?
“Per niente. Ammetto che se non fosse stato per il coraggio dell’editore che ho appena citato, questo libro non sarebbe mai uscito. Troppo intimo, troppe cose scritte senza filtro e senza pelle. Tante storie che a me sembravano troppo eterogenee per diventare un unicum. Invece devo riconoscere il merito a un ragazzo – il titolare della Casa Editrice è molto più giovane di me – che ha avuto il fiuto e l’intuito di capire che questa maniera di raccontare Roma e di raccontarmi insieme alla mia città poteva essere un «successo»; grazie anche ad una ragazza, Giusy Di Marsilio, che ha fatto un enorme lavoro di riordino, selezione e ordinamento progressivo dei capitoli. Alla parola successo metto le virgolette perché a me pare ancora tutto un sogno. Questo per il pubblico. Per quanto riguarda le critiche positive, non so che dirti, mi pare di non meritarmi neanche quelle. Sento tanti colleghi che parlano di fatica di scrivere, a me la fatica viene a non scrivere e quando scrivo mi limito a far passare emozioni e pensieri da cuore e testa verso le dita. Quasi sempre la prima stesura è quella definitiva, a parte le correzioni formali.”
“Doppie file, bottiglie, così Roma muore nel degrado“. E’ d’accordo con Carlo Verdone che sulle pagine di Repubblica la scorsa estate ha lanciato l’allarme sulla situazione critica della nostra città?
“Non ho letto l’intervento di cui mi parli, però mi bastano queste poche parole per dirti che sono d’accordo con Carlo Verdone. Da viaggiatore mi prendo il tempo, ogni estate, di viaggiare per città in Italia e in Europa, in nessuna trovo e vedo le situazioni che ci sono a Roma. Roma sta vivendo una stagione di trascuratezza come non ne ricordo a mia memoria, non riesce a gestire l’afflusso enorme di automobili e persone che quotidianamente la invade. Non è dotata di infrastrutture all’altezza dei suoi bisogni, da parte di chi deve quotidianamente occuparsi di tenerla pulita, ordinata si percepisce scoramento. È come se tutti avessero la sensazione di essere solo una facciata, un alibi per dire che ci si prova, ma è come svuotare il mare con un secchiello. O ci si dota di parcheggi, di mezzi pubblici moderni ed efficienti e che possano viaggiare veloci e senza intoppi, di un sistema di smaltimento dell’immondizia che non accumuli o la situazione non potrà che peggiorare.”
Infine una curiosità. Da appassionato di Roma c’è un film che secondo il suo punto di vista la rappresenta meglio?
“No. O almeno non uno solo. Ma voglio almeno provare a indicare un genere. I film bianco e nero di fine anni ’50 e degli anni ’60, la commedia all’italiana in salsa romana. Ladro lui, ladra lei con scene da antologia della vita di borgata, I soliti ignoti con la scena finale, in uno straziante campo lungo di una Via Etruria deserta in un’alba livida, o la cinematografia Pasoliniana, tanto nitida quanto dolorosa. Ma anche Poveri ma belli e Racconti romani. Per finire con Febbre da cavallo di qualche anno dopo. Mi dicono che il primo capitolo del mio libro ricorda uno degli episodi del Caro diario di Moretti. Sarà, ma io penso che ci siano molte più analogie e richiami a Febbre da cavallo.”
Marco Proietti Mancini romano del 1961. Lavora nel settore commerciale di una multinazionale dell’informatica e si diverte scrivendo di tutto. A scrivere professionalmente ha iniziato nel 2009, con la pubblicazione del suo primo romanzo Da parte di padre. Collabora con riviste, siti, blog di recensioni letterarie.
Autore: Marco Proietti Mancini
Titolo: Roma per sempre. Storie quotidiane della città eterna
Editore: Edizioni della Sera
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: 14 euro
Pagine: 166