“Caduta libera” (Einaudi) di Lilin è un diario di guerra, genere letterario che ha gli archetipi nelle letterature classiche dall’Anabasi di Senofonte ai Commentarii di Giulio Cesare.
Da sempre chi ha fatto la guerra, sa anche trovare la maniera più efficace per trasformarla in racconto vivo: il campo di battaglia è un mondo a sé, dove pensiero ed etica si riducono a pura strategia di sopravvivenza, dove la percezione si deforma e ogni esperienza imprime un effige indelebile nell’animo come un tatuaggio sulla pelle.
La realtà ti sembra un quadro surrealista visto da un treno in corsa: è la sintesi icastica di Lilin dell’esperienza in prima linea. Egli durante il servizio militare è stato cecchino in un gruppo d’assalto dell’esercito russo durante la Seconda campagna cecena e le sue pagine sono un reportage liricamente crudele sull’efferatezza delle guerre contemporanee. Del resto in nessuna delle sue opere l’autore nato in Transnistria (Siberia) ricorre alla finzione letteraria: se lo scrittore è un testimone veritiero, l’ispirazione più autentica non può venirgli che da ciò che ha visto e sentito in prima persona. Non si scrivono romanzi sinceri, se prima non li si vive sulla propria pelle.
Così in “Educazione siberiana” (Einaudi 2009) come in Storia sulla pelle, in questi giorni nelle librerie sempre per Einaudi, Lilin rievoca la drammatica adolescenza in Transinistria fra coltelli e pistole, la cella del carcere minorile, e la sapienza di anziani criminali. Ed è con l’allontanamento dal proprio ambiente familiare, impostogli dall’autorità, appena compiuti i diciotto anni, che inizia l’avventura nell’inferno della Cecenia.
Quando parte il protagonista ha una sola certezza: il suo Paese si sta trasformando in una specie di regno dell’assurdo, nel qual governa la mentalità di chi cerca soldi facili per apparire più furbo di Dio. Ma difendere l’integrità d’individui liberi nel regno dell’assurdo richiede la virtù del coraggio: gli eroi di solito combattono per una bandiera, ma sono ancora più eroi quelli che lo fanno quando le bandiere paiono mangiucchiate dai topi. Nicolai, i suoi compagni, e il loro capitano, Nosov, sanno perfettamente che i motivi ufficiali per cui affrontano la morte sono menzognera propaganda: gli alti ufficiali russi corrotti, in combutta con i terroristi islamici, uccidono i loro uomini per togliere di mezzo testimoni scomodi e in campo avverso, mercenari arabi e afgani, soldati per miseria, strafatti di eroina, avanzano come zombi, con le braccia penzoloni e gli occhi spalancati. Una guerra dunque nella quale è difficile capire chi sia il nemico, eppure nessuno diserta, nessuno rinuncia all’azione per viltà, anzi l’azione è la vera morale delle truce favola di Caduta libera: è infatti solo la condizione estrema di cacciatore e preda a risvegliare in noi le emozione malate del carnefice e la pietà del fratello, ovvero la verità nuda di ogni cuore umano in caduta libera.
Nicolai Lilin è nato nel 1980 a Bender, in Transnistria, vive in Italia dal 2003 e scrive in italiano. Presso Einaudi ha pubblicato i romanzi Educazione siberiana (2009), tradotto in ventitre Paesi, Caduta libera (2010 e 2011), Il respiro del buio (2011) e Storie sulla pelle (2012).
Da Educazione siberiana Gabriele Salvatores ha tratto un film, interpretato tra gli altri da John Malkovich e prodotto da Cattleya con Rai Cinema, in uscita nel 2013.
Autore: Nicolai Lilin
Titolo: Caduta libera
Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 21 euro
*articolo di Augusto Leone