Il romanzo “L’assassinio lento di Pasolini” (Aragno, 2011) si propone di ricostruire gli eventi che portarono alla tragica morte di Pier Paolo Pasolini, e le indagini che ne seguirono, con tutto il loro carico di ambiguità, omissioni, vicoli ciechi, silenzi. Si tratta di un esperimento di “letteratura-realtà”, ovvero del tentativo di romanzare fatti di cronaca, concedendo poco all’immaginazione.
All’inizio del libro, ci troviamo sul set di “Sodoma e Gomorra”, raccontato attraverso gli occhi dell’assistente Fiorella. Forse per il timore reverenziale che la ragazza prova verso lo scrittore, lo fa apparire una figura lontana e inafferrabile. Molto spazio è dedicato alla ricostruzione di quale potesse essere l’atmosfera sul set, in particolare nel caso delle scene di tortura, talmente realistiche ed estreme da far stare male attori e staff. Come contraltare spicca il distacco di Pasolini, che “con un sorriso quieto e sereno” trasmetta “vitalità ottimistica e compagnona” per tranquillizzare le comparse.
A parte, dunque, questa breve apparizione di Pasolini, il resto del libro è dedicato alle indagini successive alla sua morte. Esse si diramano in diverse direzioni, coinvolgendo ambienti diversi che vanno da quello dei “ragazzi di borgata” ai corridoi dei tribunali, alle redazioni dei giornali, in particolare L’Europeo con gli articoli di Oriana Fallaci, che arriva vicinissima alla verità, senza però riuscire ad afferrarla e a portare in tribunale fonti e testimoni attendibili.
A dispetto della confessione del giovanissimo e ingenuo Pelosi, si fa sempre più palpabile e realistica l’ipotesi di un omicidio per ragioni politiche. Vengono riportate le storiche affermazioni di Pasolini, secondo cui si doveva fare il processo alla DC, al “Palazzo”. Lo scrittore non solo aveva chiamato i dirigenti della DC “gerarchi”, come fossero fascisti, ma aveva anche dichiarato di conoscere i mandanti delle stragi di quegli anni, individuandoli in “persone al vertice”, pur non avendo le prove. Il clima degli anni ’70 risulta descritto efficacemente.
Nel complesso, si tratta di un’opera interessante per chi tenti un primo approccio al caso Pasolini. Può risultare poco gradevole alla lettura l’uso didascalico dei dialoghi, spesso finalizzati alla ricostruzione di eventi e sviluppi delle indagini, a riportare articoli, e anche in alcune occasioni per illustrare la poetica di Pasolini. I fatti vengono raccontanti attraverso un frequente riepilogare che rende la prosa ripetitiva e poco appassionante, oltre a far apparire estremamente innaturale lo scambio di battute tra i personaggi. Tuttavia è lo scopo del libro riportare i fatti in maniera il più possibile completa e comprensibile.
Va notato che non trattandosi di pura fiction, sarebbe stato opportuno fornire al lettore dei punti di riferimento temporali, delle date. Infine, le citazioni di Pasolini vengono distribuite opportunamente nel testo, e donano alla scena finale un’intensità che, purtroppo, nel resto del libro manca.
Sergio Anelli continua da anni la sua esperienza di scrittore di “letteratura-realtà”, costruendo i suoi romanzi attraverso la contaminazione tra narrazione, documenti, testimonianze e fatti reali. Ha pubblicato i romanzi Omicidio in danno del dottor A., Tradire Pisacane (Premio Pavese 2000). Per tipi di Aragno ha inoltre curato con Sergio Soave A Cécile (2001), stralcio dell’epistolario di Angelo Tasca, e la trilogia romanzesca di Fillia, Bolidi & tango (2002).
Autore: Sergio Anelli
Titolo: L’assassinio lento di Pasolini
Editore: Aragno
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 15 euro
Pagine: 320