“Ilva. Il padrone delle ferriere” di Gianni Dragoni (Chiarelettere 2012, e–book) è un interessantissimo report saggio che approfondisce un tema di scottante attualità da mesi sulle prime pagine dei media italiani.
“Lo Stabilimento Ilva di Taranto rappresenta una risorsa strategica non solo per il Gruppo Riva (1) ma anche un’importante realtà per l’economia regionale e nazionale. Le sue ragguardevoli potenzialità, grazie al contesto di sviluppo sostenibile sono garanzia di forte competitività a livello internazionale”.
Sono le parole che si trovano nel sito dell’Ilva. Tuttavia un “decreto firmato il 25 luglio 2012 dal gip Patrizia Todisco insieme agli arresti di Riva e collaboratori ha ordinato il sequestro preventivo dell’area a caldo del centro siderurgico Ilva di Taranto”. I motivi? L’immensa fabbrica d’acciaio, la più grande d’Europa, “più estesa della stessa città di quasi 200.000 abitanti” è accusata di aver provocato secondo le perizie ordinate dalla magistratura di Taranto, dal 1998 al 2010 la morte di 386 persone a causa dell’inquinamento industriale. Il grande stabilimento è stato messo in stato d’accusa per “gli avvelenamenti e i tumori causati dalle micidiali emissioni di fumi e polveri”. Questa brutta pagina di storia italiana ha fatto dimenticare che Ilva deriva dal nome latino dell’isola d’Elba dalla quale era estratto il minerale che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento (fonte Wikipedia).
L’autore ricostruisce in dieci capitoli la storia della famiglia Riva iniziando dal ragioniere Emilio, 86 anni, il Signore dell’acciaio, la cui vita ricalca il prototipo del sogno americano, che nel 1995 ha rilevato dallo Stato a prezzi da saldo l’ex acciaieria Italsider di Taranto e l’ha trasformata in una macchina da utili, con l’aiuto delle amicizie famigliari con banchieri e politici e il suo modo “di condurre aziende e tenere relazioni” già che era considerato il “produttore di acciai lunghi”. Il giornalista/scrittore spiega l’accusa di disastro ambientale e di omicidio colposo plurimo di cui è accusato Emilio Riva insieme al figlio Nicola, 54 anni, fino al 10 luglio scorso Presidente dell’Ilva, il Direttore dello stabilimento pugliese Luigi Capogrosso e altri cinque dirigenti, tutti messi agli arresti domiciliari il 26 luglio c.a. dal giudice per le indagini preliminari di Taranto.
Una questione morale, politica, giudiziaria che riguarda le coscienze di ciascuno di noi. “Del resto è diffuso tra gli imprenditori il concetto che gli investimenti per la tutela della salute e dell’ambiente siano un costo insopportabile, un ostacolo alla produzione e alla ricerca del profitto, un onere che andrebbe rimandato nel tempo e forse dovrebbe essere addossato alla collettività, non all’impresa”. Prima di iniziare questo rivelatore e illuminante viaggio in una vicenda tragica e paradossale al tempo stesso, l’editore avverte i lettori che “nel presente libro vengono rievocate diverse inchieste giudiziarie, alcune conclusesi e altre ancora in corso. Tutte le persone coinvolte e/o citate a vario titolo, anche se condannate nei primi gradi di giudizio, sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva”.
“Rispetto ai fumi di Cornigliano, la situazione a Taranto è molto più grave, insopportabile. L’approccio di Riva ai problemi ecologici è quello di un imprenditore che li vede come un costo elevato, che comprime i suoi guadagni”.
Dragoni, perché ha definito Emilio Riva “il padrone delle ferriere” e che cosa significa “il modello Riva”?
“Riva è un imprenditore all’antica, un vero padrone, ha sempre cercato di avere la proprietà o comunque il controllo di tutte le imprese che ha avviato. Non ha mai partecipato a operazioni finanziarie con altri imprenditori o a quei giochi della finanza che sono diffusi nel capitalismo italiano. Padrone delle ferriere perché la sua attività fin dal 1954 è sempre stata la siderurgia. Il modello Riva come viene descritto in questo e-book è il modello di chi tiene un comportamento di basso profilo, nessuna esposizione sulla stampa, ma usa il pugno di ferro nei rapporti con i lavoratori. A Taranto quando arriva nel 1995, Riva confina in una palazzina in disuso un gruppo di lavoratori che non accettano un contratto peggiorativo rispetto a quello precedente. Una forma di mobbing collettivo che verrà condannata dalla magistratura.”
“Quasi ogni famiglia a Taranto piange le sue vittime per la tragedia dell’acciaio, soprattutto nel quartiere Tamburi che sorge nelle vicinanze dell’Ilva”. Perché finora non si era preso alcun provvedimento?
“I problemi dell’inquinamento causati dall’Ilva a Taranto risalgono a quando si chiamava Italsider ed era di proprietà pubblica. Del resto quasi tutte le industrie certamente quelle siderurgiche inquinano, ma la sensibilità ai problemi è aumentata soprattutto negli ultimi anni. Già nel 2008 c’erano delle perizie anche nell’ambito della Regione Puglia che contestavano all’Ilva di andare oltre i limiti consentiti e quindi di causare avvelenamenti. Era stato vietato, infatti il pascolo del bestiame per diversi chilometri intorno allo stabilimento. In quell’epoca l’Ilva rischiò anche di chiudere e siamo nel 2008. Riva però si oppone e ottiene anche dei pareri favorevoli dalle autorità, in particolare dal governo Berlusconi. Il Ministero dell’Ambiente che era guidato dal Ministro Stefania Prestigiacomo e come direttore generale Corrado Clini, attuale Ministro dell’Ambiente. È fondamentale ricordare che nel 2008 Riva fa anche un’altra operazione curiosamente in parallelo con questi problemi dell’Ilva, aderisce alla cordata berlusconiana per la CAI, cioè la nuova cordata italiana per rilevare la polpa della vecchia Alitalia. Riva investe 120 milioni di euro, è tra i soci italiani quello che mette più soldi. Quindi è il principale azionista tra gli italiani. Mentre Riva fa questa operazione, dal Ministero dell’Ambiente vengono contestati i dati della Regione Puglia sull’Ilva e quindi la fabbrica d’acciaio di Taranto può continuare a produrre e si avvia quella procedura che porta nell’agosto del 2010 al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che è una licenza di continuare a produrre per sei anni, il che significa anche continuare a inquinare. Riva mantiene quindi la possibilità di fare profitti molto alti con l’acciaio.”
Con la nuova Aia (2) la produzione del gigante dell’Ilva sarà ridotta del 30%. Secondo Lei il recente provvedimento che obbliga l’Azienda a risanare potrà evitare la chiusura della fabbrica da parte dei magistrati?
“Il provvedimento che obbliga l’azienda a risanare è stato preso dagli stessi magistrati quando a fine luglio 2012 hanno sequestrato una parte della gigantesca fabbrica di Taranto. La chiusura si potrà evitare se verranno attuate queste misure che sono anche costose. L’azienda chiede un intervento pubblico ma non mi pare neanche disposta a spendere delle somme importanti, quindi questo capitolo rimane aperto. Il governo Monti si è schierato nettamente a favore di Riva e dell’Ilva perché la produzione prosegua. Nei fatti difficilmente l’azienda potrà essere chiusa, perché vengono invocati i problemi sociali che questo comporterebbe. Ma questo è anche un pretesto per non affrontare a fondo, e lo è stato anche a lungo negli anni precedenti, il problema dell’ambiente e dell’inquinamento.”
Nel capitolo Amicizie potenti, da Passera a Clini fondamentali appaiono nell’Affaire Ilva i ruoli dell’ex Amministratore Delegato di Banca Intesa (la più grande banca italiana) ora Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti e dell’attuale Ministro dell’Ambiente. Ce ne vuole parlare?
“La banca di riferimento di Riva è sempre stata la milanese Cariplo, una banca che alla fine degli anni Novanta confluisce in quell’aggregato che si chiama Banca Intesa che oggi è Intesa San Paolo. Questa banca è la finanziatrice di Riva e lo finanzia anche nell’operazione di acquisto dell’Ilva. Banca Intesa e Passera hanno organizzato la cordata CAI per l’Alitalia nel 2008 alla quale partecipa Riva come ho già detto prima. Il ruolo dell’attuale Ministro dell’Ambiente Corrado Clini è che come direttore generale dell’Ambiente era a capo della struttura che nel 2008 con il governo Berlusconi, Ministro Prestigiacomo, va in soccorso di Riva e contesta i rilievi ambientali della Regione in modo da evitare il rischio di chiusura della fabbrica di Taranto. Nell’agosto 2010 rilascia l’Aia che consente all’Ilva di continuare a produrre.”
Al termine della lettura del libro digitale una cosa appare evidente: tutto sta a cuore meno che la salute della popolazione di Taranto. Secondo il Suo parere come si potrebbe riuscire a conciliare la salvaguardia della salute con quella del posto di lavoro?
“In generale e non solo per l’Ilva bisogna che ci sia più impegno da parte delle industrie e delle autorità nel verificare che siano rispettate le norme ambientali e che ci siano gli investimenti per evitare gli avvelenamenti e limitare il più possibile l’inquinamento. Tutto questo nel caso di Taranto e dell’Ilva è clamorosamente mancato.”
(1) Emilio Riva è il fondatore del Gruppo Riva, gruppo siderurgico leader assoluto in Italia, quarto a livello europeo e decimo nel mondo con un fatturato di 8,53 miliardi di euro e circa 26000 dipendenti. Oggi il gruppo possiede 38 stabilimenti produttivi nel mondo, dei quali 20 in Italia, tra cui il polo siderurgico di Taranto, che con i suoi cinque altiforni è il più grande d’Europa. Altri stabilimenti sono presenti in Germania, Francia, Belgio, Spagna, Grecia, Tunisia e Canada. Fanno inoltre capo al Gruppo 26 Centri di Servizio e Società Commerciali
(2) Autorizzazione integrata ambientale
Gianni Dragoni è nato a Fusignano (Ravenna) il 26 ottobre 1957 e vive a Roma, dove si è laureato in giurisprudenza all’Università La Sapienza. È inviato del quotidiano Il Sole 24 Ore, dove lavora dal 1985. È specializzato in economia, industria, finanza, spaziando dalle grandi imprese pubbliche alle privatizzazioni, dai conflitti d’interesse ai bilanci delle squadre di calcio. Su Il Sole 24 Ore cura la rubrica Pay watch, che racconta quanto guadagnano i manager delle società quotate, e su IL, mensile dello stesso gruppo editoriale, cura la rubrica Poteri deboli, che mette in mostra il lato debole dei poteri forti. Nel 2009 gli è stato assegnato il Premiolino. Ha scritto un altro libro con Giorgio Meletti: La paga dei padroni (Chiarelettere 2008). Nel 2011 ha pubblicato per Chiarelettere Capitani coraggiosi. I venti cavalieri che hanno privatizzato l’Alitalia e affondato il Paese. È ospite fisso della trasmissione di Michele Santoro Servizio Pubblico.
Autore: Gianni Dragoni
Titolo: Ilva. Il padrone delle ferriere
Editore: Chiarelettere ebook original
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: 2,99 euro
Pagine: 22