I testi presenti nel piccolo volume Adelphi, “Su Freud“, non sono certo recenti ma riassumono il pensiero sul grande viennese nato in Moravia nel 1856 e oramai (anche se non lo si dice) abbandonato – di quello che è stato uno dei più noti e seri psicoanalisti del ‘900 italiano. Sono scritti che raccolgono piccoli saggi e note giornalistiche che vanno dal 1966 al 1989. In essi Elvio Fachinelli dà ragione dello spirito per così dire inventivo – diremmo quasi artistico – del fondatore della psicoanalisi, uomo peraltro saldamente ancorato a un approccio scientifico (a “uno sforzo di oggettività impersonale”), a partire dai suoi studi medici, fra anatomia comparata e istologia del sistema nervoso.
Ciò che emerge in queste poche pagine ma essenziali è una trama più interessante del lascito ad uso e consumo dei professionisti della psicoanalisi – per non dire della miriade di psicologi per lo più inutili se non dannosi formattati nelle università: Fachinelli riconosce all’opera di Freud non uno statuto di verità ma piuttosto la forza dirompente di un’invenzione (senza nulla togliere alla spesa scientifica) fors’anche di una mitologia, almeno quella che accumula i suoi elementi intorno a un’opera che è innanzitutto creativa. Potremmo dire che ciò che resta è prima di ogni altra cosa lo scrittore Sigmund Freud, che non solo scopre, come avevano fatto prima di lui i grandi scrittori del passato – e i grandi nomi a lui coevi, fra i massimi di ogni tempo – gli abissi nascosti dietro la superficie, ma come loro li reinventa attraverso strutture narrative che non fanno a meno dell’intreccio, alla faccia delle libere associazioni che a loro volta faranno la fortuna non solo di un secolo di pratica terapeutica ma quella (postuma più che altro) di alcuni narratori sedotti da un naturalismo espressionista non meno ossessionato dalla “verità” che dallo stile (sebbene non siano al centro della rivisitazione-interpretazione di Fachinelli, ritengo fondamentali gli scritti raccolti nella Psicopatologia della vita quotidiana: da scrittore superbo qual è Freud in quelle pagine è capace di convincere chiunque).
Storia letteraria, si direbbe nello sguardo di Fachinelli, che è anche quella di un processo di rivelazione di Freud a se stesso (e della propria autonomia di uomo, di ebreo che si ribella al destino del pavido padre che si limita a raccogliere il berretto che un cristiano gli ha buttato per terra). Come uno scrittore, Freud, ancora, e la stessa psicoanalisi, risultano più decisivi per le domande che lasciano che per le risposte che forniscono. A prescindere dalla constatazione di un destino che non era probabilmente quello da lui auspicato. Ma in fondo adombrato già nella consapevolezza (temendo che ne costruissero una su di lui) che la verità biografica fosse impossibile (di più scriveva: “La verità non è praticabile, gli uomini non la meritano…”). Intorno alle parole chiave infanzia-sessualità-inconscio-sintomi-transfert si organizza una gigantesca costruzione senza la quale il ‘900 come lo abbiamo conosciuto sarebbe stato impensabile: mentre cerchiamo affannosamente parole nuove, che faticano ad arrivare.
Elvio Fachinelli, 1928-1989, psicoanalista tra i più significativi della storia italiana. Fra le sue opere maggiori, da Adelphi, La mente estatica, Claustrofilia, Il bambino dalle uova d’oro.
Autore: Elvio Fachinelli
Titolo: Su Freud
Editore: Adelphi
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 115
Prezzo: 12 euro
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