Stanislav vive di una vita tranquilla con la moglie Ines. Undici anni di matrimonio, niente figli, un lavoro di insegnante e un appartamento di tre stanza alla periferia di Zagabria.
C’è anche un’altra casa, la casa paterna che Stanislav affitta a inquilini occasionali tenendo ben lontana la moglie Ines dai propri affari perché, si sa, le case possono essere pericolose come le persone, ti prendono e non ti lasciano più andare. E infatti appena Ines mette piede nel soggiorno illuminato da una luce zebrata ha un’intuizione che Stanislav si affretta a spegnere. «È fuori discussione che io venga a vivere qui», dice Stan. Una fretta senza risultati quella di Stan.
È ottobre, e a metà novembre sarà già tornato a vivere nella casa dei suoi genitori. Le inquietudini di Stanislav si allargano nel maggiore spazio nella nuova casa e, a dargli forza e corpo, arriva l’incontro con Marina. Marina e Stanislav si incontrano in un maneggio per disabili, lei ha diciassette anni, trascina leggermente una gamba, lo intercetta per consegnarli il romanzo che ha scritto e lo chiama professore. Ma è bella Marina, di una bellezza spudorata che si fa gioco della malattia, ed è piena di vivacità, di un’energia che da il colpo di grazia alle illusioni di serenità di Stan e Ines. Una serenità molto fragile bisogna dire, tenuta sospesa tra pedinamenti, segreti, dubbi e certezze di tradimento.
Qualcuno ha voluto paragonare I ragazzi di Patrasso a un altro caposaldo della letteratura come “Lolita” di Nabokov, confronto che viene facile vista la relazione tra l’adolescente Marina e il professore ma Stanislav e che, per fortuna, si ferma qui. Ferić ha dalla sua un linguaggio assolutamente crudo, realista, da film di Lars von Trier, che nulla ha a che vedere con quello di Nabokov, e che riesce a dare un tono comico e leggermente grottesco a questo susseguirsi di bugie, tormenti e incontri con prostitute. E al centro del romanzo di Ferić, al di là dei tradimenti e delle ossessioni, rimane la ricerca del significato del matrimonio, di quello che desideriamo essere per gli altri e di quello che scopriamo poi poter essere realmente. Se volessimo trovargli delle parentele strette potremmo dire che “I ragazzi di Patrasso” ha molto a che spartire con quella brillante dissacrazione della famiglia che è “Revolutionary Road” di Yates e con il sarcastico e molto poco politicamente corretto “American Beauty” di Sam Mendes. Se volessimo, perché non è detto che si debbano per forza trovare delle parentele, per fortuna Ferić basta a se stesso.
Zoran Ferić (1961) è nato a Zagabria, città in cui vive e lavora come giornalista e insegnante. Tra i più noti e apprezzati scrittori croati, ha al suo attivo due raccolte di racconti e diversi romanzi, che gli sono valsi il premio Ksaver Šandor Gjalski nel 2000 e due edizioni del premio Jutarnji List, nel 2001 e nel 2012. In Italia è stato recentemente pubblicato “La morte della piccola fiammiferaia” (Nikita, 2011).
Autore: Zoran Ferić
Titolo: I ragazzi di Patrasso
Editore: Zandonai
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: 13,50 euro
Pagine: 160