“La vita chiara“ di Maria Grazia Calandrone (Transeuropa, 2011) raccoglie una serie di suggestioni dell’autrice, a partire dalla pittura di Piero della Francesca fino alle estasi di Santa Teresa d’Avila, tradotte mirabilmente in versi suddivisi in rapporto al loro elemento naturale d’appartenenza.
Eccoci, quindi, dinanzi a quattro sezioni (“Acqua”, “Fuoco”, “Terra” e “Aria”) dove la bellezza della poesia della Calandrone affiora, umana, folle e indifesa, dal vortice di un linguaggio personale e pieno per sollevarsi e farsi cielo. Inutile enumerare i titoli più belli o quelli più dolorosi, molto meglio concentrarsi sull’autenticità dell’autrice, sulle sue parole progressivamente dinamiche, dense di passione – per intenderci, quella descritta meravigliosamente da San Giovanni della Croce – ibridata con il dolore dei possibili declivi che possono pararsi dinanzi all’uomo.
La poesia della Calandrone dialoga con l’indeterminato, non rappresenta sentimenti ma li ingloba in una scrittura forsennata, per fortuna debordante, che travalica i limiti del linguaggio. Delle tante vite cogitate, vissute dalla poetessa, restano vividi ricordi nella mente del lettore, si impongono tenaci alcuni passaggi (“Pietro di noi caduti nell’intelligenza dell’Amore si dirà che avremmo costruito nuovi congiungimenti”), la brutalità della guerra, deformata dalle mille lenti della memoria, la fatica della contemplazione che ci costringe a vivere il nostro presente e a interrogarlo. Ogni personaggio raccontato partecipa alla solitudine della Calandrone, ovvero quel bruciarsi il cuore nel momento in cui si entra in contatto con i sentimenti puri, avviando una vera e propria corrispondenza animosa con l’autrice eccedendo, finalmente, i limiti della struttura della poesia borghese e convenzionale.
“La vita chiara” è un soliloquio in versi, la volontà di confessarsi trasformando la Carne e la Terra in Scrittura, qui evento, che diventa “egli” per poter esprimere l’Io. E sul selciato di un inestricabile sentiero proposto dall’autrice, dove è facile perdersi, si aprono voragini, ferite universali, che si ripetono costanti nel tempo. Non importa, quindi, se siamo a Pentedattilo, nella notte di Pasqua del mille e seicento ottanta sei, o a Sant’Anna, il 12 agosto del 1944, quando si parla di Poesia (o di Arte), si è fuori dalla Storia, e il compito di un artista è quello di superare continuamente se stesso.
Maria Grazia Calandrone scrive sulle pagine culturali de “Il Manifesto” e ha ideato e cura “Cantiere Poesia”. Drammaturga, performer, ha curato nel 2012 l’opera di Anne Sexton per il “Corriere della Sera”. Ha pubblicato, per Crocetti, La scimmia randagia (Crocetti, 2003), La macchina responsabile (Crocetti, 2007) e Sulla bocca di tutti (Crocetti, 2010).
Autore: Maria Grazia Calandrone
Titolo: La vita chiara
Editore: Transeuropa
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 9,90 euro
Pagine: 97