Forse non si dovrebbe fare e l’autore non lo prenda come un torto, ma è impossiibile in questo caso non parlare prima del libro come oggetto in sé e poi del romanzo che contiene. Perché “La dissoluzione familiare“ di Enrico Macioci è sì un romanzo bizzarro del suo (accostabile peraltro a diverse tradizioni letterarie cui poi accenneremo), ma certo la progettualità intrinseca all’operazione editoriale appare come la più consona, obbligata, a questo strano oggetto che il lettore si trova fra le mani.
E se non fosse che la vicenda editoriale è nota (qualche capitolo del romanzo prima che fosse pubblicato in questa splendida edizione per i tipi Indiana di Milano era apparso su “Vibrisse” di Giulio Mozzi) si tenderebbe a credere l’operazione come un concept che va al di là del racconto – come in un film v’è una scrittura che è fatta di tutti gli elementi che lo compongono. Qua manca la musica ovviamente, ma ci sono le immagini (illustrazioni di Maurizio Rosenzweig), un formato curioso (quadrato), un’impaginazione significante (note al testo lunghe quasi quanto il corpo principale, come due romanzi sovrapposti, in realtà già nella stesura dell’autore, ma a due colori). A partire dal doppio romanzo insomma, tutto il progetto editoriale diventa un esempio riuscito di quello che si è chiamato per anni ipertesto.
Sospeso fra le tentazioni di una nera favola distopica, modelli narrativi settecenteschi – diremmo – eccentrici, fra il Tristram Shandy di Sterne e Swift, ma anche Queneau e la metaletteratura, certo Benni forse, il libro di Macioci, scrittore insegnante di lettere aquilano, trova il suo stampo decisivo e confessato nel romanzone di David Foster Wallace, Infinite Jest, ma, fatte le debite differenze, declinato in una chiave più umoristica e grottesca. Il racconto è ambientato in una Città distrutta da un gigantesco terremoto.
L’Aquila, città dell’autore, come centro topografico preciso lascia spazio a un luogo immaginario e a una serie di avvenimenti e personaggi surreali. Il gioco – benché serio – invoca un certo tipo di lettore, disposto a una decisa complicazione rispetto al semplice racconto di un storia: qui le vicende proliferano e s’intrecciano con le (o vengono negate o riviste o reinterpretate dalle) note, contemplano digressioni che sembrano più importanti dei fatti, stringibili sostanzialmente intorno all’OSF, l’ospedale in cui vengono internati i soggetti che la comunità ritiene disturbati e disturbanti. Ivi nasce Poppy, che attraverso l’incontro-scontro fra i suoi parenti, diventa il centro involontario di una messa in scena dei peggiori vizi nazionali, radici di quell’antropologia culturale che sostanzia e permette il ciclico ritorno da noi di dittatori più o meno buffoneschi e tragicomici.
Anche qui ve n’è uno, impegnato a rifare la Città da un’altra parte, a raccontare menzogne, a costruire questo pezzo di mondo e umanità secondo i suoi scopi. Poppy però potrebbe mettergli il bastone fra le ruote e dare la sveglia a una comunità confusa, rimbambita dagli eventi, dalla propaganda – forse dalla dissoluzione dei legami familiari più ottusi può scattare qualcosa di meglio per tutti.
Enrico Macioci, insegnante, è nato all’Aquila nel 1975. Sostiene di essere l’autore di questo romanzo.
Autore: Enrico Macioci
Titolo: La dissoluzione familiare
Editore: Indiana
Pagine: 331
Prezzo: 24,50 euro