Ci sono incontri ed incontri. Ci sono i racconti reali, quelli voluti e non realizzati, quelli soltanto immaginati. Poi ci sono quelli che lasciano il segno e, qualche volta, raramente a dir la verità, ci cambiano la vita.
Beh, un incontro con Pier Paolo Pasolini credo che l’abbiamo immaginato in molti. Quelli della mia generazione per non aver vissuto, nel bene e nel male, quella stagione di “sangue”, “lotta” e “speranze”; quelli della generazione di Emanule Trevi, autore dell’interessante “Qualcosa di scritto” (Ponte alle Grazie, 2012) per averla vista, sì, ma con gli occhi dei bambini.
Capita allora che lo scrittore e critico romano voglia raccontare una storia, una “storia quasi vera” di un incontro con il poeta e intellettuale di Casarsa.
Però non sono gli anni sessanta. È tempo di cambiamenti, non quelli voluti dalla “rivoluzione culturale” ma di tutt’altro. È un tempo che la politica mostra il suo lato peggiore, che arresti e tangenti e tanto altro inchioda la prima Repubblica in una pagina di storia.
È un tempo in cui cadono i muri, quello di Berlino per esempio, e se ne innalzano altri, quasi a nascondere tutti i sogni del secolo che ci siamo lasciati alle spalle.
Primi anni novanta, quindi. Berlusconi sta prendendo potere, sulla politica, sull’Italia e un po’ nelle nostre abitudini. C’è uno scrittore: è bravo ma cinico. E ingenuo.
Uno scrittore che tra le vie squadrate del quartiere Prati, l’infinita scacchiera che si dipana da Lungotevere a Monte Mario, in un palazzone ottocentesco trova lavoro in un archivio.
E guardate un po’ di cosa si tratta: un fondo dedicato a Pier Paolo Pasolini.
Un fondo “custodito” da un angelo protettore: una canuta Laura Betti, dai modi sgraziati, “folle eroina”, e alter ego dello scrittore stesso. La protagonista di Teorema e di tanti altri film più o meno amati da noi è al tempo stesso custode e fonte “iniziatrice”. Sullo sfondo una storia nascosta in Petrolio (il libro postumo di Pasolini uscito nel 1992 e che ancora riesce a creare scalpore nell’opinione pubblica) e una Grecia, simbolo del disincanto della nostra epoca, che appare e scompare tra le pagine di questo libro ambizioso, surreale, profondo e davvero, davvero, molto interessante.
Emanuele Trevi (Roma, 1964) è scrittore e critico letterario. Ha esordito come autore di narrativa con I cani del nulla (Einaudi, 2003) e ha pubblicato per la collana Contromano di Laterza Senza verso (2005) e L’onda del porto (2005). Il suo ultimo romanzo è Il libro della gioia perpetua(Rizzoli, 2010). È autore di numerose curatele e saggi: fra questi, i volumi Istruzioni per l’uso del lupo (Castelvecchi, 1994) e Musica distante (Mondadori, 1997). Ha inoltre pubblicato i libri-intervista Invasioni controllate (con Mario Trevi, Castelvecchi, 2007) e Letteratura e libertà (con Raffaele La Capria, Fandango, 2009). Collabora con la Repubblica, il manifesto, Il Messaggero e Il Foglio. È conduttore di programmi radiofonici per Rai Radio 3.
Autore: Emanuele Trevi
Titolo: Qualcosa di scritto
Editore: Ponte alle Grazie
Anno: 2012
Pagine: 254
Prezzo: 16,80 Euro