La realtà di Cavallo di Ferro. Intervista a Romana Petri

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare Romana Petri, una delle migliori (e più interessanti) scrittrici italiane ma abbiamo deciso di farlo parlando della casa editrice, Cavallo di Ferro, di cui è tra le fondatrici. Una realtà che sta sempre più emergendo in un mercato saturo come quello italiano. Titoli che ne caratterizzano la qualità del lavoro di chi crede fortemente di poter cambiare lo stato attuale delle cose.

Un curiosità… da dove nasce il nome della casa editrice?

Nasce dal cavallo di Troia, ma poi, pensando che i tempi erano cambiati, un cavallo di legno ci sembrava troppo leggero e lo abbiamo preferito di Ferro.

Come è nata la necessità di creare una nuova casa editrice?

Abbiamo cominciato occupandoci solo di letteratura lusofona, quel campo era ancora piuttosto scoperto e ha fatto sì che fossimo notati.

Per gli editori: come “si diventa” editori? Qual è il vostro percorso di formazione?

Si diventa editori indipendenti per un’innata predisposizione al martirio, lo diceva già Goethe a suo tempo. Credo possa essere l’unica ragione.

C’è un autore/autrice al quale siete più legati? E qual è il libro che più vi rappresenta?

Quanto all’autore e al libro che ci rappresenta di più è senza dubbio Miguel Sousa Tavares con il suo Equatore, uno dei nostri primi libri di successo vincitore peraltro del Premio Grinzane Cavour.

E qual è quello che consigliereste a un neofita della letteratura portoghese?

A chi non conosce nulla di letteratura portoghese, diremmo senz’altro Pessoa (anche noi abbiamo pubblicato un suo bellissimo libro I casi del dottor Abilio Quaresma). A chi invece si è già avventurato nel percorso portoghese consiglieremmo i suoi giovani e promettenti autori, come David Machado.

Quali sono state le difficoltà e i successi di questi anni di lavoro editoriale?

Le difficoltà sono le solite di un piccolo editore, quella di trovare spazi in libreria, quella di vedere che i grandi mangiano il mercato con offerte per noi impossibili (3×2 etc.), quella di far fatica ad imporre un titolo che come garanzia ha solo la qualità.

Quali sono i vostri criteri di scouting?

Leggiamo come matti, senza sosta, seguiamo le proposte degli agenti internazionali, andiamo alle  fiere. Ma soprattutto leggere con il desiderio di trovare quello che si sta cercando.

Come si svolge una giornata tipo in casa editrice?

Si sa quando si comincia a lavorare, ma non si sa mai quando si finisce. Spesso il lavoro continua anche dopo cena e finisce al momento di spegnere la luce.

Che consigli vi sentite di dare a un aspirante scrittore?

Di essere prima un grande aspirante lettore. Quello che spesso si nota negli esordienti è soprattutto questa grave lacuna.

Qual è la posizione della vostra casa editrice nei confronti dell’editoria a pagamento?

L’editoria a pagamento è quella dove gli editori non devono leggere niente, ricevono una proposta e la valutano solo in termini di guadagno. È un altro mestiere.

Che idea vi siete fatti del fenomeno emergente dell’editoria digitale? Quali sono le prospettive che intravedete per il futuro?

È un mondo che sta esordendo, non si possono fare grandi previsioni. Per il momento è ancora tutto in mano alla carta, almeno per i lettori. Il digitale, invece, è già diffusissimo tra gli agenti. Dicono sia soprattutto una questione di peso. In ogni caso, come in tutto ciò che è nuovo e viene all’inizio guardato con sospetto, ci sarà di certo anche del buono.

Per gli editori e per lo staff della casa editrice: qual è (se c’è) il libro che più ha influito nella vostra formazione culturale?

Come posso rispondere a questa domanda? Credo sia molto personale, al massimo posso parlare per me. E per me non ho proprio dubbi: l’Iliade e l’Odissea.