Dopo il libro di interviste di qualche mese fa, procede la pubblicazione da parte di Fandango dei volumi della “Paris Review”, rivista che ha ospitato in più di mezzo secolo centinaia di racconti e interviste dei migliori scrittori in circolazione. Il progetto prevede otto titoli complessivi.
Il Libro per aerei, treni, ascensori e sale d’attesa è stato concepito secondo un criterio apparentemente bizzarro, ma non più di quanto non accada generalmente con i volumi collettanei, perlopiù montati secondo poetiche spesso immaginifiche che il lettore smagato tollera ben sapendo che in qualche modo i libri vanno pur venduti. Bella copertina e accattivante introduzione di Richard Powers, il quale rammenta che lo stesso Corano è impaginato secondo la lunghezza decrescente dei capitoli. Dunque, il fattore unificante delle storie ivi comprese, non potendo basarsi sulla qualità inevitabilmente eterogenea, si basa sul tempo che occorre per leggerle. Personalmente rovescerei il rischio di una implicita lettura in chiave di in-trattenimento del vuoto fra una cosa e l’altra della vita. Piuttosto, indiscussa anche se non citata direi la lezione di Edgar Allan Poe per la quale il racconto reclama una sola seduta di lettura.
I pezzi sono pertanto ordinati secondo un principio che vede via via i testi più lunghi (venti-trenta pagine) di Junot Diaz o Alice Munro o Yiyun Li o Philip Roth, buoni per l’attesa di un aereo che decolli, a quelli più brevi (per treni) di T. Coraghessan Boyle o William Maxwell o R. Carver o V.S. Naipaul, e i contributi brevissimi, di poche righe, di Jamaica Kincaid, William S.Burroughs, Carl Phillips, Jim Carroll e moltissimi altri: immaginabili come letture da ascensori…
Parliamo di oltre cinquecento pagine che costituiscono un antidoto all’epidemia del tempo reale – così la definisce Powers: l’ansia patologica che ci stringe in una “perenne raggiungibilità, “l’essere sempre aggiornati” e immersi nella delirante comunicazione del mondo. Il tempo della lettura invece ce lo scegliamo, lo dilatiamo seguendo un desiderio che cancella l’oppressione “dell’essere connessi” o chiusi nella scansione regolata dagli impegni, dal lavoro e fa silenziosamente esplodere i cancelli del tempo coatto per reinventarsene uno tutto per sé. Accanto ai nomi citati, molti sono quelli poco conosciuti al pubblico italiano, da Ethan Canin a Denis Johnson a Lucy Grealy. La traduzione di Alessandra Osti vale una menzione speciale: considerata la varietà di toni e stili degli scrittori presenti, un vero tour de force. E si vede dagli attacchi, sì perché – è il bello della letteratura no?, parte della sua libertà – possiamo anche avvicinare questa antologia in un altro modo, come una splendida collezione di un’arte sempre viva: quella degli incipit.
Titolo: The Paris Review Il Libro per aerei, treni, ascensori e sale d’attesa
Traduzione: Alessandra Osti
Editore: Fandango libri
Anno: 2012
Pagine: 560
Euro 20,00