Non saprei dire se Mari sia segnatamente un maestro del racconto, come sostenuto da più parti ora che è uscito questo suo ultimo libro “Fantasmagonia” (Einaudi), una raccolta di pezzi brevi e a volte brevissimi.
Di certo è uno dei tre o quattro migliori scrittori italiani (il suo ultimo romanzo Rosso Floyd, sul grande gruppo inglese di Ummagumma, semplicemente splendido).
Non pochi dei racconti contenuti in Fantasmagonia erano già usciti in antologie o quotidiani. Danno voce letteralmente a fantasmi, mostri, echi di letture o apparizioni originali che agitano l’immaginazione dello scrittore milanese, ordinata secondo una tramatura in filigrana che nasconde sapientemente ombre, incantamenti e sortilegi. Si tratti dell’infanzia o del sogno, di intuizioni paradossali o alchimistiche esplorazioni sulla corruttibile instabile materia che ci circonda, Mari dà la caccia ai demoni che la abitano con aguzza saldezza di nervi: lui ne è fuori, e allestisce un teatro onirico per lettori esigenti. Non tutti i brani di Fantasmagonia sono all’altezza delle sue opere migliori; la magia linguistica la conosciamo ma talora è persino eccessiva alla rivelazione che ci apre.
Borges o Omero (impegnati in una situazione per loro paradossale, ossia a fare da spettatori a un incontro di calcio fra Grecia e Argentina), Salgari o Kafka, Cecco Angiolieri o Shakespeare reinventati come personaggi dei quali è colto un motivo singolare (il legame demoniaco con i suoi personaggi) – direi che Borges è il vero nume tutelare della raccolta. Anche se Mari rispetto all’argentino mostra una più marcata versatilità mimetica, che non disdegna quando occorre una prosa dal sapore burroso, una ritmica infervorata, palpitante.
Gli scrittori di Mari presenti in questi racconti provano a parlare così come ci aspetteremmo da un dettato filologico. Direi che in Mari è evidente un’idiosincrasia che dovrebbe essere pane per uno scrittore, ovvero il fastidio, fors’anche il ribrezzo per l’approssimazione. Ma l’acribia linguistica e stilistica del professore che è in lui non è un ostacolo alla capacità inventiva, anche in un libro minore come questo. Michele Mari va comunque letto, è il migliore antidoto contro la tendenza allo svacco di parecchia romanzeria in corso che crede di cavarsela “parlando” di precariato, o riscrivendo per l’ennesima volta storielle giovanili (lo fanno anche a cinquant’anni suonati e non solo con le majors: che ci sta a fare la piccola e media editoria?), horror tri(s)tissimi. Mari è il contrario della comunicazione e dello spettacolo per le trote. Mari fa letteratura anche quando è pop, quando ambienta le sue storie fra musica e sport. Lunga vita a lui.
Autore: Michele Mari
Titolo: Fantasmagonia
Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 164
Prezzo: 18 euro