“Avrai tempo per annoiarti, Maya. Approfitta per scrivere delle enormi sciocchezze che hai commesso, magari in questo modo ti rendi conto della loro portata”.
Ne Il quaderno di Maya di Isabel Allende (Feltrinelli 2011) questa frase pronunciata dalla nonna Nini fu il viatico che accompagnò la ragazza nel suo viaggio verso lo sperduto arcipelago di Chiloé nel Sud del Cile.
“Sono Maya Vidal, diciannove anni, sesso femminile, nubile, senza un innamorato per mancanza di opportunità e non perché sia schizzinosa, nata a Berkeley, California, passaporto americano, temporaneamente rifugiata in un’isola nel Sud del mondo”.
Furono queste le prime righe del diario di Maya in fuga da un burrascoso passato di droga e alcool trascorso sui marciapiedi di Las Vegas.”Senza la dignità si è disarmati, si perde l’umanità, l’anima”. In questo luogo ancestrale, terra d’origine della nonna paterna Nini “isoletta quasi invisibile sulla carta geografica”, Maya avrebbe ritrovato le sue radici a contatto con una natura ancora incontaminata, “calata in pieno Medioevo”. Un’altra figura di donna indimenticabile, questa volta un’adolescente che fugge da San Francisco per approdare in un posto sperduto nell’ultimo romanzo dell’autrice cilena che ha l’abitudine di iniziare i suoi libri sempre l’8 gennaio. Il nome Maya in indi significa “incantesimo, illusione, sogno” ma le illusioni hanno abbandonato da molto tempo il mondo della ragazza la quale, dove passa, lascia solo terra bruciata.
El Cuaderno de Maya è redatto a mano, con una grafia irregolare “cirillica” ma chi scrive promette che “pagina dopo pagina inizierà a migliorare” perché scrivere “è come andare in bicicletta, non lo dimentichi, per quanto passino anni senza fare pratica”. I capitoli si alternano tra un passato doloroso e lacerante da rievocare e un presente di redenzione composto dai silenziosi paesaggi della campagna cilena che contrastano con le precedenti vicende che hanno visto protagonista la ragazza. “La mia storia inizia in Cile con mia nonna, la mia Nini, molto prima che nascessi, perché se lei non fosse emigrata all’estero, non si sarebbe innamorata del mio Popo né si sarebbe stabilita in California, mio padre non avrebbe conosciuto mia madre e io non sarei io… “. Era stata la morte di Popo “il sole della mia vita” a far deragliare Maya che in poco tempo era sprofondata in un abisso di disperazione che l’aveva portata a un passo dalla morte. “A volte mi assale il ricordo di una qualche scena di quei tempi per strada, mi si presenta davanti come una fiammata che mi fa ancora tremare”. La ragazza era cresciuta a Berkeley in California in una casa vittoriana “sulla cima di una collina” allevata dalla nonna Nini e da Paul Ditson “di fianco a lui mi sentivo protetta da qualsiasi pericolo” geniale astronomo afroamericano dalla mente illuminata, “dall’umorismo canzonatorio” e dalla “bontà illimitata”. Se è vero come asserisce nonna Nini che il destino e i nostri geni determinano ciò che siamo e non si possono cambiare, sarà la protezione dell’antropologo e sociologo Manuel Arias nella cui casa di fronte al mare Maya ha trovato rifugio e il contatto con la popolazione di Chiloé a cambiare la gringuita, a farle vedere la vita sotto un aspetto nuovo, a farle riscoprire valori dimenticati. “Sto mettendo radici in quest’isola, non me lo sarei mai immaginato”.
Per ritrarre il personaggio di Maya l’autrice ha tratto ispirazione dalle nipoti, Andrea che è “un’ottima lettrice, a cui piace scrivere e che tiene dei diari sin da quando era una bambina, e Nicole, che è ribelle, sfrontata e molto atletica; entrambe sono sensibili, legate alla famiglia e hanno un buon cuore, proprio come Maya” ha dichiarato la Allende in una recente intervista. Non stupisce, infatti, che il romanzo sia dedicato “agli adolescenti della mia tribù”. Quando si chiede all’autrice cilena, che finora ha pubblicato 18 romanzi tradotti in 30 lingue che hanno venduto oltre 50 milioni di copie, le ragioni del suo successo, Isabel Allende risponde semplicemente “credo di avere una visione del mondo che comunica speranza”. Anche neIl quaderno di Maya tornano i temi preferiti dalla scrittrice “l’ossessione per la giustizia e per la libertà personale, le donne forti, i padri assenti, l’amore passionale, la solidarietà fra donne, la violenza, la morte e l’amore, le questioni sociali e quelle politiche”. Un racconto a volte lento, spesso incalzante nel quale la Allende, basandosi sulle proprie esperienze personali “tutto quello che so l’ho appreso soffrendo”, desidera comunicare ai suoi tanti lettori una semplice verità. La sofferenza causata dalla perdita di una persona cara, che provoca un dolore dell’anima, “non si elimina con medicine, terapie o vacanze, un dolore così lo si soffre, semplicemente, fino in fondo, senza attenuanti, come è giusto che sia”.
Isabel Allende è nata a Lima il 2 agosto 1942. È una delle autrici latine di maggior successo al mondo. Ha scritto romanzi basati sulle sue esperienze di vita e su donne realmente vissute. Ha partecipato a molti tour mondiali per promuovere i suoi libri ed ha anche insegnato letteratura in vari college statunitensi. Ora vive in California con suo marito avendo assunto la cittadinanza americana nel 2003. I suoi libri, tutti bestseller sono pubblicati da Feltrinelli. Ricordiamo La casa degli spiriti (1993), D’amore e d’ombra (1984), Eva Luna (1987), Il piano infinito (1992), Paula (1995), La figlia della fortuna (1999), Zorro. L’inizio della leggenda (2005), Inés dell’anima mia (2006), La somma dei giorni (2008), L’isola sotto il mare (2009). Nel Settembre 2010 è stata insignita con il Premio Nazionale Cileno per la Letteratura e ha recentemente vinto il Premio Hans Christian Andersen, il Piccolo Nobel consegnato agli artisti che con il loro lavoro hanno dato un “contributo duraturo alla letteratura per l’infanzia e la gioventù”.
Il quaderno di Maya è tradotto da Elena Liverani.
Autore: Isabel Allende
Titolo: Il quaderno di Maya
Editore: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 20,00 Euro
Pagine: 398