Il Pasticciaccio di Gadda nella nuova ristampa Garzanti

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“Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” (Garzanti, 2011), il romanzo più famoso di Carlo Emilio Gadda, non è un tipico giallo dalla trama avvincente. In realtà, non rientra proprio negli archetipi della narrativa ma nell’alveo, ben più consistente, della letteratura. Letteratura della Parola, a dispetto della convenzionalità della storia. Il Pasticciaccio è un romanzo d’abbandono in cui il racconto, frammentato, iperbolico, dilatato a dismisura, viene colorato dai vari dialetti, dal turbinio di lingue diverse, italiane, che vanno a denotare i personaggi e a detonare nel “botto” finale, in-aspettato, che sembra quasi redarguire il “parolaio” Gadda prima del completo abbandono descrittivo.

La Parola gaddiana va al di là del semplice romanzo – il “Pasticciaccio” viene definito tale per convenzione – ma proietta sin da subito la storia, il plot, in una dimensione altra, dove dominano un complesso di suggestioni, immagini, suoni, dialetti, che vampirizzano la vicenda regalando, al contempo, una sovrabbondanza di particolari che sbandano il lettore, ormai preso da questa pletora di caratteri, che si confondono tra loro. Un’umanità plebea che viene valorizzata e a cui viene data voce attraverso i dialetti, a partire da quello di Ingravallo, ibrido e divertente.
Gadda fa una lingua contraffacendo i dialetti, giocando con un meccanismo rabelaisiano ed espressionista che gli ha assicurato, malgré soi, la notorietà.

Bisognerebbe ringraziare mille volte Garzanti per le ristampe dei testi di Gadda, sempre d’avanguardia, non canonici, che rispondono ad un’esigenza di scrittura lampante, inarrestabile, che si autoalimenta. Nel “Pasticciaccio” gli uomini, dal proletario al borghese, parlano un linguaggio che li denuda, li fa apparire quel che sono e denuncia la loro provvisorietà (infatti i dialetti sono in continua evoluzione). Ne viene fuori, perciò, un romanzo polifonico, incredibile ancora oggi, un miracolo della letteratura italiana del Novecento. Alla fine, non importa chi sia stato ad uccidere Liliana Balducci, contano i personaggi, tra loro quasi omologhi nei nomi e nelle caratterizzazioni ma, nell’insieme, dissonanti.

L’omicidio è solo l’epifenomeno una serie di avvenimenti più importanti in una Roma-Babele dissacrata, lontana dalla sua Storia immortale. Il compito dell’intellettuale è quello di far vedere le cose, di mostrarle, non di disegnarle alla maniera di un vedutista. La scrittura gaddiana, popolare e alta, resterà un esempio anche per le generazioni a venire perché ha la capacità di ritrovare la realtà contraddicendola. C’è qualcuno oggi che riesce ad arrivare a tanto? Imperdibile la prefazione di Citati.

Carlo Emilio Gadda nasce a Milano da una famiglia di media borghesia. Si arruola come volontario nella Grande Guerra, si laurea in Ingegneria Elettrotecnica e comincia, dal 1926, a collaborare con varie riviste. Nel 1936 pubblica “La cognizione del dolore”, sempre edito da Garzanti, mentre nel 1957 uscirà “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana” con cui otterrà un vasto consenso di pubblico. Muore a Roma nel 1973.

Autore : Carlo Emilio Gadda
Titolo : Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana
Editore : Garzanti
Anno di pubblicazione : 2011
Prezzo : 18 euro
Pagine : 275