“Lo spirito tedesco è aria viziata per me” scrisse da qualche parte Friedrich Nietzsche. Da tenere a mente per entrare nel vivo del libro “Nietzsche e gli ebrei” (Giuntina, 2011).
Basterebbe questa frase, se ancora ve ne fosse bisogno, e in cui dei semiti non v’è traccia, per capire intanto che il nemico più terribile degli ebrei in epoca moderna, il nazismo, è fuori a priori da qualsiasi possibilità di ipotetica empatia nel pur vastissimo orizzonte di possibilità aperto dal filosofo dell’interpretazione (omettiamo la questione dei danni che ha prodotto alla lunga – ma la colpa non è di Nietzsche – la totale e all’estremo capziosa messa fra parentesi dei “fatti”: è materiale dell’odierna discussione filosofica).
L’ebreo nella versione nazi è il polo opposto del “volk”, concetto verso il quale Nietzsche esibisce quando indifferenza quando ripugnanza. Ma Nietzsche è Nietzsche, a sua volta una fabbrica di interpretazioni con pochi paragoni nella storiografia filosofica del ‘900, in virtù non solo di ciò che ha scritto ma per il modo – filosoficamente poco ortodosso – teatrale (lo si dice in un senso non spregiativo) per sua natura aperto al paradosso, all’antifrasi concettuale: voce che si mette in scena e allestisce anche quella antitetica degli altri. può ben sottolinearne Vivetta Vivarelli “la strategia stilistica: usare le armi retoriche degli antisemiti contro di essi”. Caso mai sono loro che andrebbero cacciati dall’Europa.
Ora, l’affaire – improbabile, se non al tutto improponibile – di un Nietzsche antisemita, è riassunto in questa antologia (un bel lascito del 2011). scritti sull’argomento curata appunto dalla Vivarelli, con due saggi di Jacob Golomb e Andrea Orsucci. I passi scelti (l’arbitrio in queste operazioni è inevitabile e come tale riconosciuto in prefazione) attraversano cronologicamente l’intera vita di pensatore del Nostro. Ne emerge come le cattive tentazioni della giovinezza (lo stesso vocabolario invalso che annetteva la parola “razza” in un’accezione oggi superata) e il repertorio di idees reçues del suo tempo, lasciano via via spazio a un ripensamento complessivo a autonomo che non lascia scampo ai goffi tentativi della sorella di manipolarne gli assunti in termini antisemiti. Peraltro, se pur fingessero il contrario, la maggior parte dei gerarchi nazisti questo lo capiva benissimo. Il Nietzsche “illuminista” era incompatibile con il loro delirio. Per lo più, laddove si affaccia qualcosa che può assomigliare all’antisemitismo ha da fare con la stessa avversione per chi ha perseguitato gli ebrei duemila anni prima di Hitler: i cristiani. Ne dice Primo Levi, infastidito dal “tono oracolare” e dall’indifferenza per “il dolore del volgo, degli Ungestalten, degli informi, dei non-nati-nobili” Aggiungeva (I sommersi e i salvati) che era “un prezzo da pagare per l’avvento del regno degli eletti, un male minore, comunque sempre un male; non desiderabile in sé”. E infine: “ben diversi erano il verbo e la prassi hitleriani”. Che non contemplavano certo la ricezione di un’idea come quella di “una superiore intraprendenza e intelligenza degli ebrei” (Umano, troppo umano).
Ecco, alle estrapolazioni testuali, nel volume sono state aggiunte parecchie lettere inviate a diversi destinatari, utili a farsi un’idea complessiva dell’argomento. Impossibile da riassumere in questa sede. Da leggere
Curatrice: Vivetta Vivarelli
Titolo: Nietzsche e gli ebrei
Con due saggi di Jacob Golomb e Andrea Orsucci
Editore: Edizioni Giuntina
Anno di pubblicaziopne: 2011
Pagine: 270
Prezzo: 15 euro