Due saggi diversissimi, per tema, impostazione, struttura eppure imparentabili da un denominatore comune per così dire iper-classico: il potere. L´invenzione della virilità. Politica e immaginario maschile nell´Italia contemporanea, Carocci, pagg. 182, euro 17) di Sandro Bellassai e Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico (Bollati Boringhieri) di Andrea Cavalletti.
In entrambi i casi la valenza molto italiana dell’argomento è evidente, seppure nel secondo, la scelta è stata quella di affrontare la faccenda su un terreno geografico non circoscritto. Lo è, italiana, la sua preoccupante costanza, antropologica e politica.
Parliamo di due libri usciti un po’ di tempo fa. Uno è di Sandro Bellassai, storico dell’Università di Bologna, che riassume alcuni dei tratti peculiari di una storia, quella che ha cercato di imporre il mito – retorizzante, enfatico, posticcio – della virilità come “dato di natura”. Cosa s’intende dire con questo? Scrive Bellassai che “Le virtù apparentemente naturali del maschio, ossia forza, coraggio, sicurezza, onore, senso del comando e della superiorità, vennero amplificate retoricamente in un profilo severo, il virilismo appunto, e trasfuse in virtù politiche necessarie per l´ordine globale della società, della nazione, dello Stato”.
Assai limpido mi pare. Il contesto iniziale cui il passato remoto si riferisce è la fine dell’800, quando non casualmente l’Italia s’impelagò nelle sue peraltro malriuscite dis-avventure coloniali, si lasciò fagocitare dal delirio imperialista (noi, sempre con un pizzico di grottesco involontario aggiuntivo: essendo come ognuno sa, nemmeno attrezzati per stare dignitosamente in piedi e badare a noi stessi). E per ultimo, visto che il ciarpame militaristico fa(ceva) tutt’uno con il virilismo, immaginarsi un po’ cosa doveva succedere con il fascismo – un’altra bella invenzione italiana. Noto è che la fine del regime di Mussolini, un uomo che in sé riassumeva i tratti più grotteschi dello sciocchezzaio autoritario (il grande Gadda di Eros e Priapo è sempre lì a soccorrere gli scettici) non portò immediatamente alla fine di un certo ordine simbolico. Bisognerà aspettare gli anni del cosiddetto boom per rintracciare elementi linguistici (se non comportamentali) innovativi, fra la musica pop e il cinema, per esempio, l’immaginario pubblicitario e la contestazione femminista, per dare infine l’illusione di un taglio radicale con i vituperatissimi anni Settanta, che, spiace per gli accaniti e un po’ autistici detrattori, non furono solo quelli del terrorismo. Quanto poi sia stato fragoroso – ancorché virtuale e mediatizzato – il rinculo viriloide degli ultimi vent’anni a causa dello strapotere del padrone d’Italia e delle sue televisioni (fiancheggiato non a caso dal partito celodurista), non c’è bisogno di spiegarlo.
Se il “virilismo” è il tema di Bellassai, Andrea Cavalletti svolge invece un esercizio meno agevole sul concetto – declinato in termini biopolitici – più ampio, insidioso e sfuggente della “Suggestione”. Non a caso il suo studio ha da fare maggiormente con materiali letterari, principiando con la novella di Thomas Mann, “Mario e il mago”, nella quale è ricostruito il clima insano che dalla folla si stringe intorno al pagliaccio che vi troneggia. La sottrazione della propria stessa autonomia di individuo libero, pensante, critico si basa su un potere tanto difficilmente contrastabile quanto indecidibile. Lestofanti, venditori di fumo, maghi, impostori tutti che ben conoscono, per istinto animale si potrebbe dire, la psicologia delle folle. E non avevano (non hanno) torto, purtroppo. Se il mesmerismo era filologicamente destituito di fondamento, resta la suggestione, intesa come una sorta di epidemia collettiva che si diffonde per mera imitazione: il totalitarismo andrebbe letto anche nella parte che riguarda l’adesione “volontaria” (certo, pre-costruita) dei singoli incapaci di esser tali. Fra loro e il leader che credono di adorare scorre non il fluido di cui vagheggiava Mesmer, ma una compartecipazione spettacolare a un istinto. Non c’è superiorità in colui che il potere lo detiene, se non quella di saper tenere la scena: è del tutto attoriale. Ma l’attore, si sa, senza il pubblico, non esiste. E il cerchio – questo è il parere di Cavalletti – non è detto che non si rompa.
Autore: Andrea Cavalletti
Titolo: Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico
Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 175
Prezzo: 15 euro
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Autore: Sandro Bellassai
Titolo: L´invenzione della virilità.
Politica e immaginario maschile nell´Italia contemporanea
Editore: Carocci
Pagine: 182
Prezzo: 17 euro