“Tetano” (Minimum fax, 2011) di Alessio Torino è una storia di avventura e di iniziazione, un po’ thriller e un po’ romanzo di formazione, che richiama felicemente alla memoria lo Stephen King di Il corpo (Stand by me) o le avventure in zattera di Huckleberry Finn.
Corsi, ragazzino di paese trapiantato a Roma, torna tutte le estati a Pieve Lanterna, sull’Appennino centrale. Pieve Lanterna non esiste ma questo non ha nessuna importanza, è solo un paese come tanti, uno di quelli che vive perché c’è una Vetreria che basta a sfamare qualche famiglia. Sarà facile famigliarizzare con il matto Sanremo, con Elettricità, custode della diga, e così con tutti gli operai, i violenti e gli strani personaggi che popolano le strade e i boschi di Pieve Lanterna.
È il 1983 e questa è l’ultima estate che Corsi passerà al paese, o almeno è l’ultima estate da bambino. Alessio Torino ci porta qui, in questa sottile linea, alla svolta tra la fine dell’infanzia e l’affacciarsi dell’età adulta. Corsi passa le sue giornate con Giorgio e Achille, gironzolano per il paese, esplorano i boschi ma soprattutto costruiscono una zattera. Si lanciano alla conquista del Candigliano, una navigazione temeraria e disperatamente utopica, già destinata a infrangersi contro le mura della diga più a valle. Ci provano, falliscono, raccattano altro materiale da costruzione e ci riprovano, ma la Gran Troia affonda sempre. È Tetano che porta i ragazzi alla conquista del fiume. Un ragazzino tanto disperato che neanche l’emarginazione del paese lo tocca. Uno che se la fa ancora nelle mutande e che gira appresso al matto del paese. Un ragazzino vittima della sua stessa illusione, che tutti compatiscono perché gli è morto il padre ma a cui nessuno ha il coraggio di dire la verità. È lui che più di tutti vuole buttare in acqua la Gran Troia, forse per andare a cercare il padre o forse perché gli serve una zattera alla quale aggrapparsi.
L’avventura è sul fiume, nei boschi, negli inseguimenti e nelle minacce degli adulti, ma è soprattutto in Corsi e in Tetano, in quello che erano e in quello che sono diventati. Corsi torna a Pieve Lanterna, ormai è adulto, laureato e architetto. Il romanzo si snoda tra i suoi ricordi, intreccia la maturità con l’infanzia, e il suo ritorno è la chiusura di una navigazione iniziata tanti anni prima. Da qualche mese, per la terra degli orti e dei giardini della zona, c’è un nuovo concime. È un concime ambulante. Il concimatore gira in questo paese, Pieve Lanterna, dove l’erba dell’unico campo da calcio è tagliata a strisce verticali: una striscia con il tosaerba in su, quella dopo in giù – visto dalle gradinate, il manto verdechiaro-verdescuro fa pensare alla scorza di un’anguria. Gira in questo paese, dove c’è solo un forno, a metà del Corso, dove l’odore del pane rimane anche la domenica, davanti alla saracinesca abbassata.
Questa è Pieve Lanterna, sarà fin troppo facile tornare alla nostra infanzia per provare un po’ di rimpianto o di sollievo, ma in ogni caso vale la pena di farsi un viaggio sulla Gran Troia, è una lettura che riguarda ognuno di noi.
Alessio Torino (Urbino, 1975) insegna letteratura latina all’Università di Urbino. Ha pubblicato racconti su Nuovi Argomenti e ha esordito nel 2010 per Pequod con il romanzo Undici decimi (Selezione Premio Campiello, Premio Frontino 2010 ex aequo con Stirpe di Marcello Fois, Premio Bagutta Opera Prima).
Autore: Alessio Torino
Titolo: Tetano
Editore: Minimum fax
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 14 euro
Pagine: 241
Articolo di Sara Meddi