Gli occhi scuri e vivi di Charlotte Brontë, autrice di “Jane Eyre“, ritratti nel dipinto di William Blake Richmond, conservato presso la National Portrait Gallery di Londra, riprodotto nelle prime pagine del volume, non avevano conosciuto molto della vita.
Eppure nessuno scrittore ha saputo raccontare come Charlotte Brontë i moti dell’animo umano, le sue debolezze, i sogni infranti e i drammi esistenziali soprattutto in questo romanzo sentimentale, a sfondo sociale e parzialmente autobiografico. La vasta e ondulata brughiera del West Yorkshire sferzata dal vento del moor dove si ergeva solitaria una canonica testimone della semplice e rigorosa esistenza della famiglia del Reverendo Brontë, è stata teatro della produzione letteraria di Charlotte considerata tra i capolavori della letteratura anglosassone. Passioni estreme, violente e assolute spesso nascoste nel proprio cuore, ma non per questo meno intense, anzi. Jane Eyre era una povera orfana senza dote disprezzata e rinnegata dall’unica zia rimastale, l’arcigna Mrs. Reed e dai suoi odiosi pargoli. “A Gateshed Hall ero una stonatura”. La giovane aveva passato otto tristissimi anni a Lowood un’istituzione di beneficenza, diretta da Mister Brocklehurst, che di benefico aveva solamente il nome. In questo luogo gelido non solo a causa del poco riscaldamento e dove a colazione nel refettorio “una grande stanza, tetra e con il soffitto basso” le allieve erano costrette a mangiare un porridge sempre bruciato “roba abominevole”, Jane aveva fatto amicizia con la piccola Helen che sarebbe morta presto di tubercolosi. Sono queste le pagine più commoventi del libro. “Ma dove stai per andare, Helen? Lo sai?”. “Io credo; io ho fede: vado da Dio”. Divenuta adulta, la giovane andò incontro al proprio destino rispondendo all’annuncio di Miss Fairfax “la più linda vecchietta che si possa immaginare” che cercava un’istitutrice per la signorina Adèle, la figlia adottiva di Edward Rochester il cui “viso era bruno, con lineamenti severi e fronte spessa”, l’enigmatico padrone di Thornfield Hall. “Fin qui ho ricordato, con molti particolari, gli avvenimenti della mia insignificante esistenza… “.
Charlotte Brontë pubblicò Jane Eyre An Autobiography nel 1847 con lo pseudonimo di Currer Bell. La casa editrice Garzanti in occasione dell’uscita del film omonimo, diretto dal regista californiano Cary Fukunaga e interpretato da Mia Wasikovska, Michael Fassbender, Jamie Belle e Judy Dench, riedita il volume con l’introduzione di Paolo Ruffilli e la traduzione di Ugo Dèttore. Jane Eyre rivolgendosi direttamente al lettore ripercorre le tappe fondamentali della sua esistenza. Un romanzo attuale e moderno dove sono posti in rilievo gli splendidi paesaggi ed espresse le variegate psicologie dei singoli personaggi a partire da quella della protagonista, singolare antieroina. Nell’Inghilterra della Regina Vittoria la personalità di Jane Eyre brilla per intelligenza, presenza di spirito, intuito, rigore morale e indipendenza messi in luce dalla copertina del volume dove risplende in chiaroscuro il volto di una donna Maud Cook (1895) dipinta dal pittore realista statunitense Thomas Eaking. Jane appare un’orgogliosa femminista ante litteram che conquista l’amore di Rochester il quale è sedotto dalla finezza, dal coraggio e dalla passionalità nascosta della ragazza. Jane non può essere considerata una vera bellezza, ma non sono queste le doti effimere necessarie per arrivare al cuore di un uomo sembra volerci dire l’autrice circa due secoli fa. Le armi di seduzione di Jane sono altre: il valore e l’onestà intellettuale in un corpo esile coperto da abiti accollati, severi e senza fronzoli, dove l’unico ornamento è un lungo collo da ammirare e desiderare. Certamente Jane è l’alter ego di Charlotte che si rispecchia nella sua creatura letteraria. Quello di Jane è un “carattere che può piegarsi ma non spezzarsi, duttile e fermo a un tempo, docile ma tenace”. Mister Rochester costretto tra un passato da dimenticare rappresentato da Bertha Mason con la sua follia e un ipotetico futuro tra le braccia interessate di Blanche Ingram, comprende che l’unica donna che lo ama senza alcun interesse è l’istitutrice, ma la strada verso la felicità è lunga e tortuosa. “Ai miei occhi sei una bellezza, e una bellezza esattamente secondo il desiderio del mio cuore… delicata ed eterea”.
Il segreto del successo costante e del fascino di un classico come Jane Eyre, dove la protagonista lotta per raggiungere emancipazione e uguaglianza, è da ricercarsi nel desiderio più o meno inconscio di recuperare valori morali perduti ormai da anni. In un periodo storico nel quale il futuro per una donna passava attraverso l’unica prospettiva di contrarre un matrimonio vantaggioso oppure rassegnarsi a un dignitoso zitellaggio, la nostra eroina ha il coraggio, datole dalla sua profonda autostima, di pronunciare questa frase: “Io non sono un uccello, e nessuna rete può invilupparmi; sono un essere libero, con una volontà indipendente di cui mi valgo adesso per lasciarvi”.
“Gli esseri umani non raggiungono mai una completa felicità in questo mondo. Io non ero nata per avere un destino diverso da quello dei comuni mortali: e immaginare che questa sorte sia capitata a me è una favola… un sogno a occhi aperti”.
Charlotte Brontë nacque il 21 aprile del 1816 a Tornthon nella contea di York in Inghilterra terza figlia di Mary Branwell e dell’irlandese Patrick Brunty, ministro della chiesa anglicana, il quale nonostante fosse di umili natali studiò a Cambridge. Dopo che Nelson stroncò nel sangue la Rivoluzione Napoletana e fu nominato da Ferdinando di Borbone Duca di Bronte, località della Sicilia, Patrick Brunty cominciò a firmarsi Brontë, con la dieresi nella e finale. Dopo la nascita di Mary avvenuta nel 1813, seguirono altri cinque figli: Elisabeth nel 1815, Charlotte nel 1816, Patrick nel 1817, Emily nel 1818 e Anne nel 1820. In quell’anno il reverendo Patrick Brontë diventò curato perpetuo di Haworth nello Yorkshire, un borgo sperduto che contava poco più di quattromila anime, tra le brughiere delle cime settentrionali dei Monti Pennini. Dopo la morte della moglie avvenuta nel 1819 Patrick Brontë, dal carattere eccentrico e stravagante, mandò le quattro figlie femmine a vivere in un Pensionato per figlie di pastori poveri nel Lancashire ma l’ambiente di quel collegio – prigione, il freddo e la dura disciplina furono la causa della morte di Mary ed Elisabeth e avrebbero minato per sempre le condizioni di salute di Charlotte ed Emily. In Jane Eyre la fosca atmosfera del Pensionato fu ripresa da Charlotte per descrivere lo squallore del collegio di Lowood. Tutti i fratelli Brontë amavano scrivere e creavano storie fantastiche dentro la “vecchia canonica isolata” nella casa in stile Re Giorgio dalle cui finestre si potevano osservare la brulla collina o le tombe del piccolo cimitero in compagnia della fedele domestica Tabitha Aykroyd. Nel 1831 Charlotte fu iscritta alla scuola di Miss Wooler di Roe Head. Qui nel 1835 ricevette un posto come insegnante ma nel 1832 tornò a casa, dove contribuì alla stesura di altri capitoli del gioco letterario iniziato con le sorelle e il fratello “inventare, elaborare, loro stessi favole e racconti” come scrive nell’introduzione del volume Paolo Ruffilli. Charlotte a soli 14 anni aveva già stilato un elenco di 22 opere. Quei racconti in seguito diedero risultati sorprendenti, pensiamo a Wuthering Heights (Cime tempestose) l’unico romanzo edito nel 1847 di Emily Brontë dove Cathy e Heatcliffe si amano di un amore distruttivo “Come erica che nel deserto, il vento incessante travolge”. Charlotte svolse per alcuni anni la professione d’insegnante e nel 1842 si recò insieme alla sorella minore Emily a Bruxelles per studiare il francese. Qui s’innamorò non ricambiata del professor Constantin Heger. Nel 1844 tornò in Inghilterra cominciando a cullare il progetto di scrivere, insieme alle sorelle, alcuni romanzi. Nel 1847 Charlotte propose dapprima Il professore che venne rifiutato, poi Jane Eyre, subito accettato e dato alle stampe con lo pseudonimo di Currer Bell. Seguì la pubblicazione di altri romanzi, Shirley e Villette. Nel 1847 anche la sorella Anne pubblicò, sotto lo pseudonimo di Acton Bell, Agnes Grey. Nel 1854 Charlotte sposò il reverendo A. B. Nicholls, coadiutore del padre e residente nella canonica da anni. La felicità conquistata fu però di breve durata, poiché la donna si spense, anche lei per una malattia polmonare, a Haworth il 31 marzo 1855 in attesa di un figlio. Il Reverendo Brontë sopravvisse a tutti i suoi figli: Branwell ed Emily erano morti entrambi nel 1848, il primo a causa di una vita dissoluta che ne aveva distrutto il fisico e la mente e la seconda di tisi, Anne infine nel maggio del 1849.
Autore: Charlotte Brontë
Titolo: Jane Eyre
Editore: Garzanti
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 10,50 euro
Pagine: XXII – 350