Quattro saggi di varia lunghezza e problematicità critica quelli raccolti in questo libro di Luigi Abiusi, “Per gli occhi magnetici” (Caratterimobili 2011), piccola ma dinamica casa barese, attenta alla grafica quanto ai contenuti dei suoi libri.
Studioso all’Università di Bari, nonché autore di racconti (l’ultimo nell’antologia erotica Cumshort uscita in ebook per lo stesso editore), Abiusi si muove in una zona ibrida fra cinema e letteratura. Due poeti e due registi, Campana, Pasolini, Erice, Tarantino, ma soprattutto lo spostamento, lo sfondamento direi di un linguaggio nell’altro. Vale intanto nel saggio più interessante del volumetto, dedicato a Dino Campana, nella cui poesia l’autore cerca quella che ritiene una sorta di vocazione destinale verso la forma cinematografica.
Inscrivendolo nella temperie avanguardistica europa, sottraendolo pertanto alla pigrizia di una lettura domestica, come se Campana fosse soltanto un parente povero e confinato nella solita Italietta delle grandi figure del Novecento europeo (qualcuno continua a farlo persino con Leopardi…), Abiusi vede nel poeta di Marradi una nemmeno tanto inconsapevole aspirazione a una lingua prossima a quella del cinema, ossia risolta in una “natura sospesa, in cui le cose (reali) si trovano nella (ir)reale luminanza di un crepuscolo prolungato, sintesi del perenne trascolorare della luce”. Una lingua svincolata “da ogni retaggio meramente discorsivo”, proiettata invece verso “una costante tensione iconografico-sonora”. E tutto questo però facendo i conti con il tempo, lasciandosi andare alla sollecitazione visiva ma per “creare” quadri che immediatamente dopo “cercano” di diventare altro, sequenze, immagini ulteriori, in un flusso cinetico che dica le cose come accade nel cinema (una volta tanto però non parliamo di “romanzi scritti come sceneggiature”, né di apoteosi del montaggio…, ma proprio di un’infinità discorsiva, antinarrativa anzi).
Laddove invece il cinema – e anche questo è un giudizio di chi scrive – è il luogo espressivo in cui Pasolini dette di gran lunga il meglio di sé (almeno da “artista”), in virtù di un’aderenza sentimentale a ciò che a esso gli è proprio: l’immagine, appunto. Abiusi, che inizia la sua indagine cercando tracce interessanti nei resoconti di viaggi in India, sottolinea che il cinema in Pasolini si avvale del salto che esso rende possibile fra la cosa e il segno, favorita nel suo caso da “una prospettiva erotico-estetizzante” che immette la sua creatività in una cifra visiva, e compiaciuta, di corpi, oggetti, cose (vale a dire che il sentimento in Pasolini precede l’ideologia?)
Chiudono il libro due brevi scritti sul cinema di Victor Erice (autore spagnolo di pochissimi film, peraltro), inquadrato in “paesaggio atemporale e meraviglioso”, metafilmico, e su quello di Quentin Tarantino, nel quale Abiusi legge un equivalente filmico del Lyotard della Condizione postmoderna, ossia una scrittura-visione che a dispetto delle cosiddette grandi narrazioni e visioni univoche del mondo frammenta lo sguardo in una proliferazione di immagini palpitanti, decentrate, in vista (è il caso di dire) di una moltiplicazione inesauribile – non saprei però quanto davvero significativa dopo Le Iene e Pulp Fiction.
Luigi Abiusi (1974) è italianista e comparatista presso l’Università di Bari, dove si occupa di storia letteraria ed estetica del cinema. Su questi argomenti ha pubblicato diversi saggi, tra cui la monografia Tempo di Campana. Divenire della poesia tra Nietzsche e Deleuze (2008). È critico letterario e cinematografico: collabora con le riviste «Filmcritica», «Cinecritica», «Critica letteraria» e codirige, per CaratteriMobili, il trimestrale online di cultura cinematografica «Uzak.it». Come poeta ha pubblicato i volumi Non un segno (2002) e Dei comprimari riflessi (2008).
Autore: Luigi Abiusi
Titolo: Per gli occhi magnetici. Campana Pasolini Erice Tarantino
Prefazione di Lorenzo Esposito e Bruno Roberti. Postfazione di Tommaso Ottonieri
Editore: Caratterimobili
Pagine: 96
Prezzo: 10 euro
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