Prima di pubblicare la seguente recensione e dopo averla scritta abbiamo appreso la notizia della morte di Giovanni Morelli, ordinario di Musicologia all’Università Cà Foscari di Venezia e responsabile di molti incarichi di prestigio per istituzioni veneziane e non solo.
Per lunghi anni ha diretto la collana “Musica e critica” di Marsilio Editore, e per esso ha pubblicato “PARADOSSO DEL FARMACISTA“(1998), “SCENARI DELLA LONTANANZA“(2003). Salutiamo pertanto uno studioso certamente stimolante, originale, e lo facciamo ricordando il suo ultimo libro: “Prima la musica poi il cinema“ (Quasi una sonata: Bresson, Kubrick, Fellini, Gaàl).
Si tratta di un saggio in quattro parti di asprezza linguistica efferata. La tesi del libro è certo inusitata e, comunque la si possa pensare, interessante, non fosse per la mole e la qualità dei riferimenti che trascina a supporto.
Secondo il musicologo – che finge un tono amabile e scherzoso vieppiù la densità del ragionamento e della strumentazione teorica di supporto s’infittisce – nel trattare dei rapporti fra musica e cinema non è questione di stabilire in che modo e misura la prima corrompa il secondo; non si tratterebbe cioè di individuare l’impossibile linea di confine fra il lecito di un apporto sonoro onesto e funzionale a una sceneggiatura (e a una regia che dovrebbero costituire il “proprio” dell’arte filmica) e la soverchia e truffaldina tendenza di molto cinema a “dettare” attraverso la musica ciò che il film “in sé” non riesce a produrre. In tal caso difatti bisognerebbe intanto immaginare che esista “il film in sé”, una scrittura a priori del cinema, con la quale poi l’aspetto musicale dovrebbe fare i conti con discrezione.
La prospettiva aperta sull’argomento in questo piccolo ma niente affatto facile lavoro è davvero diversa e fondata su una domanda originale: non è che il cinema costituisce una tappa dell’evoluzione musicale? La risposta che fornisce la si vuole desunta da un procedimento persino imitativo degli elementi che discute: il Settecento, si direbbe molto amato dall’autore, gli consente di esercitare nel raccontarlo l’arte di cui esso stesso è fatto: la digressione. Con movimenti in avanti e all’indietro, citazioni, rimandi in nota, secondo una prospettiva esegetica tutt’altro che agevole per il lettore.
Narrativa anti-narrativa, a ogni modo, buona per comprendere il Barry Lyndon del grandissimo Kubrick. Il quale (assieme per esempio al Fellini del Casanova, o, con maggiore eloquenza, a Istvan Gaál e al suo film-opera su Orfeo e Euridice) è uno dei registi chiamati a concorrere a un’idea del cinema come audiovisivo totale: il che, ad avviso di Morelli, era un destino verso il quale correva più o meno consapevolmente già la musica classico-romantica. Prima la musica, poi il cinema, per l’appunto. Lo studio in esame non si nega nulla: l’arte, la filosofia, la pittura.
Temo però che la sua lingua non di rado sovraccarica, retorizzante, non sia tuttavia il miglior viatico per far passare un’idea interessante che per essere disputata da un pubblico più vasto avrebbe avuto bisogno di maggiore comunicabilità.
ps. purtroppo, il seguito ci impedisce di sapere cosa avrebbe pensato Morelli del nostro suggerimento.
Giovanni Morelli, è stato professore di Musicologia nell’Università di Venezia Ca’ Foscari, direttore dell’Istituto per la musica della Fondazione Giorgio Cini di Venezia e responsabile della gestione dei fondi documentari di alcuni dei maggiori musicisti italiani del Novecento. Ha curato edizioni di Cimarosa e Verdi, ha scritto su Rousseau, Rameau, Nino Rota, Gertrude Stein, Virgil Thomson, Kurtág, Luigi Nono. Più di recente si è occupato di alcune incidenze della musica nel repertorio cinematografico e audiovisuale.
Autore: Giovanni Morelli
Titolo: Prima la musica, poi il cinema
Quasi una sonata: Bresson, Kubrick, Fellini, Gaàl
Editore: Marsilio
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 14 euro
Pagine: 128