Erica Bauermeister tra sentimento e speranza. I temi su cui si può decidere di costruire un romanzo sono tanti. Malattia, amore e amicizia, sempre tra i più praticati, finiscono per diventare proprio per questo un pericolo per le penne meno brillanti, che difficilmente riescono ad aggirare lo sconfinamento nel luogo comune e nel patetico, col risultato di produrre racconti di qualità mediocre (oltre che lettori depressi…).
Certo, va tenuto conto della sensibilità di una buona fetta di pubblico al romanticismo e ai buoni sentimenti, il che spiegherebbe il successo di tanti libri tutti uguali, anche best sellers, molti dei quali assolvono all’imprescindibile compito di trasformare la letteratura in un prodotto culturale conforme alle esigenze del mercato.
Ebbene, la scrittrice americana Erica Bauermeister, già sulla cresta dell’onda con le 19 traduzioni del suo “La scuola degli ingredienti segreti” e l’abnorme numero di copie vendute in altrettanti paesi, certamente non è una sprovveduta, né una dei tanti membri dell’SA (Scrittori Anonimi) sparpagliati tra gli scaffali delle librerie. Ma siccome non è neppure un genio, l’unica cosa che si possa dire con oggettività è che l’autrice scrive bene e sa costruire una storia valida, popolata da personaggi credibili. Per il resto converrà assimilare la sua “poetica” a quella narrativa intermedia, collocabile tra i due estremi del capolavoro e dell’indegno di nota, e lasciare eventuali altre considerazioni al parametro giustamente relativo dei gusti personali.
“La casa dei destini intrecciati” (Garzanti, 2011), libro accompagnato dalle più rosee aspettative, si apre su una cucina rallegrata da una tavola imbandita che, apprendiamo subito, sta per accogliere una serie di ospiti. La padrona di casa, Kate, ha organizzato una cena per festeggiare con le amiche la recente notizia della sua guarigione (si capisce subito di che malattia si parli), per cui le invitate cominciano a sfilare dall’ingresso una dopo l’altra, ciascuna accompagnata da atteggiamenti e battute che preludono al proprio carattere e alla propria storia, sviluppata nei capitoli successivi. La serata, infatti, si conclude con la promessa fatta a Kate da ciascuna commensale di impegnarsi, nell’anno successivo, in qualcosa di difficile, qualcosa che nessuna di loro avrebbe mai fatto, ma che le aiuterà ad affrontare la vita con maggiore consapevolezza ed entusiasmo. È la festeggiata a scegliere le prove personalizzate per le amiche, un sassolino a testa in rappresentanza del patto.
La libraia Caroline dovrà disfarsi dei libri dell’ex marito, fuggito di casa per un’altra; la ceramista Daria dovrà inventare una nuova ricetta per il pane e per la sua vita instabile; Sara dovrà compiere un viaggio da sola per riscoprire come essere se stessa, oltre che moglie e mamma; Hadley, da un anno rimasta vedova, si prenderà cura del suo giardino selvaggio e forse anche della sua anima; Marion, giornalista e scrittrice, dovrà farsi fare il tatuaggio da sempre voluto e temuto; Ava dovrà partecipare a una maratona volta a raccogliere fondi per la ricerca sul cancro al seno, visto che non è riuscita a stare accanto all’amica per paura della morte. Kate, dal canto suo, partirà per una settimana di rafting nel Grand Canyon in compagnia della figlia ventenne Robin, assecondando una richiesta di quest’ultima.
Il mettersi in gioco diventa, così, per tutte, un modo per ritrovare il “coraggio di volare”, la speranza e la voglia di vivere, la fede nell’esistenza della felicità. Le vite delle sette donne si dipanano nei vari capitoli del romanzo, ai quali la Bauermeister dà appunto i loro nomi: “Caroline”, “Daria”, “Sara”, “Hadley”… Kate, che ha già affrontato, vittoriosa, la dura lotta contro il cancro, è l’ultima. A lei le gole del Grand Canyon e le rapide tortuose del Colorado, superate a colpi di remi e pugni serrati, insegnano finalmente a saper non smettere di piangere, quasi una prova materiale dell’essere dopo tutto viva e vegeta, su questa terra fatta di piccole ed apprezzabili cose. «Si dice che il canyon conservi tutto ciò a cui la gente ha dato sfogo in sua presenza», dice Sam , la guida fluviale: davanti al pericolo le persone sono solite liberarsi dei loro segreti.
Lo stesso effetto del fiume la protagonista si accorge di averlo avuto sulle sue amiche durante la malattia: l’anno seguente avrebbe potuto non esserci; le aveva portate vicine alla morte, rendendole improvvisamente sincere, disposte a far affiorare parti di loro che in circostanze normali avrebbero tenuto nascoste, protette. Quanto a lei, “dodici giorni sul fiume e il mondo era fatto di piccole cose: il lontano acciottolio delle pentole sul tavolo del cuoco al mattino, il profumo di caffè che filtrava […]. Il suono dell’ultima sacca stagna che colpiva la sabbia mentre scaricavano le barche per la giornata. Il profumo di champignon cotti alla griglia, una torta al cioccolato che cuoceva in una casseruola di ghisa, il gusto fresco e pungente di un Margarita preparato con l’ultimo ghiaccio rimasto. La vista di un pipistrello, che dirigeva l’aria notturna con le sue ali […]”.
L’ultimo giorno di gita prevede una roccia da cui tuffarsi, “occasione” finale del viaggio. «Mamma», le dice sua figlia avviandosi entusiasta, «Non farlo per me. Se hai intenzione di saltare, fallo per te».
“Si piegò in avanti, baciò Robin sulla guancia e saltò giù dal masso, un urlo di gioia che volava nell’aria“…
Erica Bauermeister si è appassionata allo slow food durante i due anni trascorsi nell’Italia settentrionale con il marito e i figli. Ha insegnato letteratura alla University of Washington e vive a Seattle con la famiglia. La scuola degli ingredienti segreti è il suo primo romanzo.
Autore: Erica Bauermeister
Titolo: La casa dei destini intrecciati
Titolo originale: Joy for Beginners
Editore: Garzanti
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 17,60 euro
Pagine: 242
* Diritti dell’articolo di Emanuela Cicoira