L’atmosfera di “È colpa di chi muore” (Il Maestrale, 2011) è quella cupa e sospesa di un nubifragio che dura da giorni, ma che sembra eterno. In questa dimensione liquida, un giovane vede fluire tutto il suo passato doloroso, mentre affronta il momento peggiore della sua vita. A trentasei ore dal suicidio della madre, Ivan tira le somme della sua giovane esistenza, trascorsa a inseguire il fantasma di lei da una parte, e a prendersi cura del padre malato dall’altra.
Trentasei ore di gelo, atmosferico come interiore, di risposte elusive a domande che si fanno sempre meno convinte, di ricordi che il tempo non ha edulcorato.
Cantante lirica di scarso successo, sposata a un uomo molto più grande di lei, la figura materna di questo libro è “una donna in bilico”, “traballante”: “con lei ogni giorno era un traballio: una festa o una tragedia, mai una via di mezzo”. Incapace di affrontare la malattia del marito e le responsabilità familiari, la donna sceglie di fuggire nel mondo illusorio dello spettacolo, intrappolata nei suoi sogni di gloria anche quando la cortina è ormai calata.
Anche la scelta del suicidio è, agli occhi del figlio, una fuga: per lei è tutto risolto, ha raggiunto il suo sospirato “lieto fine”, mentre i sopravvissuti si ritrovano a scontare le pene di una vita disgregata, di problemi e dilemmi più grandi di loro.
È l’amarezza per questo abbandono definitivo che fa dire a Ivan: “Non provo pena, non mi viene da piangere, non sento niente se non l’impressione di un pezzo di carne che mi si è staccato di dosso, ma di cui avevo già imparato a fare a meno”.
All’altro apice di questo triangolo familiare, il padre Ermes. Ex burattinaio ridotto su una sedia a rotelle, l’uomo mostra un carattere difficile anche nei rari momenti di lucidità. Tra lui e il figlio si è istaurato un rapporto di dipendenza, dove il rancore spesso prende il sopravvento sull’affetto, dove la dolorosa routine dei gesti e delle parole mantiene a stento una traccia dell’originaria tenerezza. Nella rabbia nei confronti del padre, Ivan trova uno sfogo per il suo malessere: “Non lo voglio toccare, già ho toccato mia madre e non avrei dovuto: la morte e la vecchiaia sono contagiose”.
Mentre va in scena l’ultimo spettacolo di sua madre, ricomposta e bellissima nella sua bara, l’aspetto pragmatico della morte viene affidato a una zia che “introduce tutti a tutti, accompagna i più sensibili alla porta e i più morbosi alla bara, con qualcuno sorride, con altri fa lo sguardo rammaricato”. A Ivan non resta che farsi da parte con i suoi pensieri e i suoi dubbi. Si chiede cosa è successo davvero nella camera da letto dove ha ritrovato il corpo di lei, e dove suo padre continuava a leggere tranquillamente il giornale, ignaro di quanto era avvenuto.
Cerca di ricostruire gli ultimi momenti della vita di sua madre, strappando a stento brandelli di verità dalla mente offuscata del padre. Almeno fino a quando deve arrendersi di fronte alla stanchezza e all’incombere delle tenebre: “appoggio la testa al finestrino gelido e vedo i lampioni che si spengono al nostro passaggio. Che sia un segno? Di cosa poi?”.
“È colpa di chi muore” restituisce al lettore tutto il senso di desolazione e solitudine di un personaggio incapace di vivere la propria normalità, perché schiacciato dalle figure maestose e pervasive dei suoi genitori. Un personaggio alla disperata ricerca di stralci di ricordi a cui aggrapparsi per potersi sentire umano, capace di provare di nuovo dei sentimenti: “So che dovrei essere disperato, quantomeno dispiaciuto, so che dovrei soffrire ma proprio non mi riesce”.
Franco Calandrini (Ravenna 1961), produttore di documentari, corti e videoclip fino alla fine degli anni ’90, ha in seguito fondato due festival di cinema: Corto Imola Film Festival e Ravenna Nightmare Film Fest, che tuttora dirige. La raccolta completa dei racconti, intitolata “Io non so fare niente”, pubblicata da Giovane Holden Edizioni, è stata tra i finalisti del Premio Letterario “Vladimir Nabokov” e ha ottenuto una Menzione Speciale alla XX Edizione del Concorso Nazionale Letterario “Garcìa Lorca”. “È colpa di chi muore” è il suo primo romanzo.
Autore: Franco Calandrini
Titolo: È colpa di chi muore
Editore: Il Maestrale
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 15 euro
Pagine: 134