Dopo “Un uomo che dorme” (Quodlibet) esce in Italia un altro libro di Georges Perec con “Storia di un quadro” (Skira), un testo di una trentina di anni fa (in Francia uscì nel 1979) facilmente dimenticato dalla nostra editoria.
Quella che può sembrare a conti fatti una riscoperta è in realtà una scelta ben ponderata di una casa editrice che ultimamente sta riportando in auge autori di spessore riproponendoli in volumi raffinati d’indubbia bellezza.
In questa “Storia di un quadro” ritroviamo il Perec visionario e frammentario, che gioca con la realtà come un burattinaio plasmandola a proprio piacimento. L’andamento bizzarro ed ironico, a tratti ironico, è volutamente discontinuo creando una sorta di vertigini in cui ci si perde per il viscerale amore per la scrittura.
Bisogna amare il linguaggio in tutte le sue forme per capire il meccanismo di Perec nel procedimento letterario (o meglio nei procedimenti) che portano ad una via salvifica per l’arte.
È l’arte infatti la chiave di volta, un’arte messa sotto scacco dalle logiche di mercato che “attraverso la descrizione minuziosa di un quadro e della sua storia” trova il suo Deus ex machina per uscire dal torpore di questi anni. E qui troviamo l’estroflessione di Perec stesso: le descrizioni, la sua mania per le classificazioni e gli elenchi, l’iconoclastia (già visibile in “Un uomo che dorme”), l’ironia, la capacità d’analisi.
L’apparato di documenti, simboli, luoghi, persone diventano una sorta di apologia della memoria, lo strumento indistruttibile per riprodurre la storia. La minuzia, che qui arriva quasi all’ossessione, non appesantisce il libro, anzi. Queste cento pagine scorrono con una semplicità magica, irreale. Ci sembra di vivere le stesse sensazioni e porci anche noi di fronte al dipinto “Lo studiolo” e agli altri quadri, ci sembra di ascoltare il vocio intorno ad essi, i giudizi critici, le teorie.
Perec inventa un mondo parallelo, una dimensione in cui tutto, o quasi tutto è fantasia. Non v’è dettaglio che non nasca dalla sua testa. Eppure tutto sembra reale.
Siamo nel 1913, un anno prima dell’inizio del conflitto mondiale; durante l’esposizione di Pittsburgh in occasione dei venticinque anni del regno dell’imperatore Guglielmo II Hermann Raffke mostra la sua arte e soprattutto un quadro che raffigura il collezionista fra le sue opere, con lo sguardo rivoltoad un quadro che lo ritrae nella stessa situazione. Il gioco di specchi crea però una, dieci, mille discrepanze. Per almeno un particolare ogni ritratto è diverso tra loro.
In “Storia di un quadro”, che poi il titolo originale è “Un cabinet d’amateur. Histoire d’un tableau”, ritroviamo tutti gli elementi dell’opera dello scrittore, nella loro dimensione “iniziale” e “finale”; ritroviamo una certa essenza dell’arte che avevamo dimenticato; ritroviamo i chiari segni di quello che, a bassa voce, possiamo definire un capolavoro.
Georges Perec (1936-1982), nato e vissuto a Parigi, è noto in tutto il mondo per il suo celebre La vita istruzioni per l’uso. Tra le sue altre opere ricordiamo Le cose, una storia degli anni sessanta; La scomparsa; W o il ricordo d’infanzia; L’arte e la maniera di affrontare il proprio capo per chiedergli un aumento.
Autore: Georges Perec
Titolo: Storia di un quadro
Editore: Skira
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 15 euro
Pagine: 104