Le cifre di “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti (Einaudi), ristampato ora a 10 anni dalla sua prima pubblicazione con una nuova cover, raccontano la storia di un longseller che è diventato un classico della letteratura contemporanea.
Il libro partito con una tiratura iniziale di 40mila copie attualmente ha raggiunto la cifra record di 1 milione e 400mila copie riuscendo a venderne negli ultimi 5 anni 90mila ogni anno. Un successo costante di questa tragedia fiabesca come l’ha definita in un articolo Gian Arturo Ferrari Presidente del Centro per il Libro e la lettura, un libro che ha catturato i lettori di tutte le età e che da 10 anni viene usato nelle scuole per stimolare alla lettura gli studenti.
“Quella maledetta estate del 1978 è rimasta famosa come una delle più calde del secolo”, così ricorda il trentenne Michele Amitrano l’io narrante di Io non ho paura quando ripensa a quell’estate bollente di 22 anni prima nella quale, nonostante i suoi 9 anni di età, perse d’un tratto l’innocenza venendo a contatto con il Male. Ad Acqua Traverse piccola frazione di una regione imprecisata del Sud della penisola italiana dove “ogni cosa era coperta di grano” e “il sole una palla rossa e luminosa” la banda di monelli capitanata da Antonio Natale detto il Teschio percorreva in bicicletta o a piedi i campi imbionditi di grano e le strade polverose in cerca di avventure. Il piccolo Michele in sella alla sua Scassona si sentiva il re del mondo mentre gli adulti si erano chiusi dentro le case con le persiane chiuse, la campagna “rovente e abbandonata” era il regno nel quale scoprire il mondo, misurare il proprio ardimento. Oltre la grande collina tonda “isola uscita dal mare” da scalare c’era una valletta verde, una sorta di miraggio in tutto quel giallo abbacinante. Nel mezzo di quell’oasi verde si trovava una casa abbandonata nel cui terreno Michele scoprì “una tettoia di plastica trasparente” che avrebbe potuto celare “un nascondiglio segreto o un cunicolo che portava in una caverna piena d’oro e pietre preziose”. E invece no… “Ero cascato sopra un buco” è lo stupore di Michele che il lettore percepisce distintamente, “in fondo a quel buco c’era un bambino”, insieme alla sua incredulità e al suo orrore di fronte alle condizioni fisiche e psicologiche nelle quali si trovava questo bambino. “Sei l’angelo custode?”.
Niccolò Ammaniti compone il suo romanzo più maturo, completo, sicuramente il più coinvolgente dove i temi centrali sono quelli dell’amicizia, dei legami famigliari, della paura e del tradimento. Perfetta è l’ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi iniziando dai genitori di Michele Pino un camionista “che prendeva la merce e la portava al Nord” e Teresa “dai lunghi capelli neri… formosa e alta”. Nell’abitazione della famiglia Amitrano una delle poche del borgo di campagna di Acqua Traverse, l’unico oggetto di valore sembra essere la gondola soprammobile kitsch di plastica nera che i bambini non possono toccare, perché “era fatta per essere messa sul televisore”. “Mio padre era l’uomo nero” è l’urlo interiore di Michele quando scoprì attraverso il telegiornale che il padre, Sergio Materia un gangster della peggior specie con praticamente quasi tutto il borgo, era coinvolto nel sequestro di Filippo Carducci figlio dell’industriale lombardo Giovanni Carducci rapito due mesi prima che fosse diventato suo amico. “Di giorno Papà era buono ma di notte era cattivo”. I mostri ora dimoravano all’interno di casa sua ma paradossalmente proprio da questa tragica consapevolezza Michele comprese che, a costo di rischiare la propria vita, avrebbe dovuto salvare quella di Filippo. Michele non aveva più paura perché non aveva più nulla da perdere, il padre non era più l’eroe della sua infanzia.
Splendido nel romanzo è il contrasto tra la luce accecante dei campi di grano confrontati con il buio totale della prigionia di Filippo. La luce è l’innocenza dei bambini, l’oscurità è il male degli adulti, fosche macchiette che assomigliano agli assassini che la televisione ci ha abituato a vedere troppo spesso. Anche in questo sta la grandezza e la modernità anticipatrice di Ammaniti nell’averci indicato dieci anni prima come possa essere usuale ammazzare un essere umano o almeno pensare di farlo. Tutto questo prima dei vari plastici del delitto dei salotti televisivi che ci hanno reso purtroppo familiari i vari zio Coso o zia Cosa come li ha ironicamente definiti Michele Serra in un recente articolo apparso su La Repubblica.
Il tempo dei giochi per Michele è terminato bruscamente e troppo presto quando quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini” con “un bel cartello blu con scritto in maiuscolo ACQUA TRAVERSE” lo ha tradito sotto un sole e una terra di confine che non ha pietà del dolore degli uomini. Michele è sprofondato nelle tenebre e l’autore lo manifesta chiaramente a chi si accinge a leggere il volume nel motto finale di Martin Eden di Jack London che dà inizio al libro. “Questo solo capì. Di essere caduto nella tenebra. E nell’istante in cui seppe, cessò di sapere”.
Niccolò Ammaniti è nato a Roma il 25 settembre 1966. Ha esordito con il romanzo Branchie (Einaudi Stile Libero 1997). Nel 1996 ha pubblicato la raccolta di racconti Fango (Mondadori) e nel 1999 il romanzo Ti prendo e ti porto via (Mondadori). Come Dio comanda (Mondadori 2006), Che la festa cominci (Einaudi 2009), Io e te (Einaudi 2010). Nel 2003 Gabriele Salvatores ha tratto da Io non ho paura l’omonimo film protagonisti Giuseppe Cristiano nel ruolo del bambino Michele, Dino Abbrescia in quello di Pino Amitrano e Diego Abatantuono nel ruolo di Sergio Materia. La pellicola ha vinto il David di Donatello 2004 per la fotografia ed è stato candidato all’Oscar.
Autore: Niccolò Ammaniti
Titolo: Io non ho paura
Editore: Einaudi Stile Libero Big
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 11 euro
Pagine: 232