Scrivere è un gioco di prestigio. Intervista a Paolo Di Paolo

intervista-dipaolo-articoloPaolo Di Paolo, scrittore e critico letterario romano, nel dialogo con Stefano Giovinazzo svela i segreti della scrittura. Un mondo incredibile, che merita serie riflessioni da una delle figure più promettenti del panorama letterario italiano.

Salve Paolo, innanzitutto grazie per l’intervista. Mi sembra difficile fare delle “domande” su un libro (Scrivere è un gioco di prestigio, Edizioni della Sera, 2010) che è formato da “domande”. Nel libro parla di “scrittura”: cosa rappresenta per lei?
“Un modo di essere, o di guardare le cose. Si può scrivere anche senza scrivere: è come se la testa (e il corpo) reagissero in modo particolare di fronte alla vita e all’esperienza. Un modo, appunto, “da scrittori”. C’è un libro molto bello di Enrique Vila-Matas che si chiama “Bartleby e compagnia”. Parla di quella folla di persone che si sentono profondamente scrittori senza avere mai scritto una riga.”

Come è nata questa “conversazione” con Stefano Giovinazzo?
“Stefano, che è un giovane e attivissimo editore, mi ha chiesto di raccontare la mia – non così lunga – esperienza, per una collana che vuole raccontare punti di vista su diversi ambiti professionali e temi di interesse collettivo. Ho titubato, inizialmente. Si può, a 27 anni, essere al centro di un libro-intervista senza apparire presuntuosi? Ho corso il rischio visto l’entusiasmo di Stefano. Ho provato a mettere a disposizione quel che ho imparato e capito della scrittura fin qui, per quel che vale.”

C’è una domanda che non si aspettava ma che non le è stata fatta? Se c’è ci risponda pure…
“Non c’erano domande troppo personali, per fortuna!”

Lei ha avuto la fortuna e la bravura di incontrare moltissimi “grandi” della letteratura italiana. Con quale personaggio si sente però più legato?
“Verso molti dei personaggi che ho incontrato e spesso intervistato – da Montanelli a Dacia Maraini, da Raffaele La Capria a Antonio Tabucchi, a Antonio Debenedetti e altri – ho imparato moltissimo. Ho imparato osservandoli, ascoltandoli. Non si sono mai messi in cattedra e proprio per questo sono stati maestri importanti.”

Ora è passato qualche anno da Come un’isola. Lo ha mai riletto negli ultimi mesi? Oggi lo lascerebbe così o lo cambierebbe?
“Uno non smetterebbe mai di tornare su sé stesso, di correggersi. “Come un’isola” in qualche modo l’ho ripensato e riscritto trasformandolo in “Questa lontananza così vicina”. Ma è lecito? Henry James dice che la seconda occasione è illusoria. Ne è data in realtà solo una – e con quella ci giochiamo tutto. Poi sai, tornare sulle cose che abbiamo scritto con la prospettiva del dopo è pericoloso e un po’ menzognero, forse: come correggere una fotografia con photoshop. Però a volte non riusciamo a evitare la tentazione.”

Cosa le manca per diventare “grande”? Qual è, tra i tanti, il complimento che le ha fatto più piacere?
“Domanda imbarazzante. Si diventa “grandi” accumulando molta esperienza, intanto. Ne ho ancora troppo poca. Quanto al complimento che più mi fa piacere, è quello che viene dal lettore sconosciuto che ti dice di esserti riconosciuto nelle tue storie. Poi devo ammettere che da alcuni recensori mi sono sentito profondamente compreso. Penso a Guglielmi, a Pent, a Sebaste, a Onofri e altri. E alla scrittrice Giulia Alberico, che per questo piccolo libro-intervista ha scritto una prefazione molto bella e per me lusinghiera.”

Come siamo messi per il nuovo libro? Ci può dare qualche anticipazione?
“Uscirà per Feltrinelli a inizio settembre. E’ un romanzo a cui ho lavorato per due anni. C’è un padre e c’è un figlio. Ci sono gli “anni senza nome” che abbiamo attraversato, con molto disincanto. Questo primo decennio di secolo e millennio che avevamo atteso con troppe speranze e che forse non si è mostrato all’altezza. Ci sono le cose che scompaiono e quelle che ci restano e a cui ci aggrappiamo. Ho molti timori e molti dubbi, naturalmente. Ma sento di avere scritto il romanzo che volevo scrivere, e questo conta.”

Stefano Giovinazzo è nato a Roma il 2 aprile 1980. Si è laureato in Scienze della Comunicazione all’Università degli studi “La Sapienza” di Roma con una tesi in relazioni istituzionali dal titolo: “Lobbying tra teorie e prassi” con la cattedra di Sociologia della comunicazione. Da Luglio 2007 è Direttore responsabile di Ghigliottina.it, settimanale di informazione e de Il Recensore.com, quotidiano di cultura editoriale. E’ autore del libro Dentro un amore (Giulio Perrone Editore, 2007) e di Finché non ti ho trovata (Libertà Edizioni, 2009). Attualmente dirige la casa editrice Edizioni della Sera.

Autore: Stefano Giovinazzo
Titolo: Scrivere è un gioco di prestigio
Conversazione con Paolo Di Paolo
Editore: Edizioni della Sera
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 5 euro
Pagine: 68

1 thought on “Scrivere è un gioco di prestigio. Intervista a Paolo Di Paolo

Comments are closed.