“Mi segno tutto perché non ho fantasia”. Era il segreto della bravura di Camilla Cederna i cui maggiori scritti sono stati pubblicati nella raccolta “Il mio Novecento“ (BUR, 2011) a 100 anni dalla nascita della grande scrittrice.
Sono proposti articoli composti tra gli anni ‘40 e i ‘70 apparsi su varie testate, divisi in quattro parti.
La prima parte Modi e mode propone ironici e pungenti saggi di costume dal fascismo fino agli anni Sessanta.
Nella seconda parte Divi, Maestri e palcoscenici vi sono alcuni ritratti delle dive (Anna Magnani) e di grandi registi come Federico Fellini, di musicisti (Arturo Toscanini) e di maestri della letteratura (Eugenio Montale). Non mancano Adriano Celentano e Mike Bongiorno.
La terza parte Regine e generali contiene un interessante spaccato di personaggi e luoghi discussi come Kruscev o la Cina comunista.
Nella quarta parte la scrittrice con Oro incenso e politica offre ai suoi lettori splendidi tratteggi di personaggi quali Francesco Cossiga, Giovanni Leone, Sandro Pertini e la prima intervista a Silvio Berlusconi del 1977. L’ultima sezione Piazza Fontana e dintorni contiene i principali scritti che Camilla Cederna compose “nel momento che alcuni hanno considerato la sua svolta militante, quando difese l’innocenza degli anarchici nella strage di Piazza Fontana”, sono le parole di Pivetta contenute nella prefazione.
“Osservare, dunque annotare, osservare, annotare, camminare, ancora guardare e annotare” e la cronista Camilla così ha fatto in tanti anni di onorata carriera iniziata nel 1939 nel XVII anno dell’era fascista quando nel suo primo articolo La Signorina Grandi Firme scriveva “All’inizio del ’39 si parla soprattutto di due donne: di Biancaneve e della Signorina Grandi Firme, e non potrebbero essere più diverse tra loro”.
Pochi giornalisti come la Cederna tramite i suoi articoli arguti, sagaci e informati hanno saputo intercettare e cogliere Il lato debole degli italiani, parafrasando la rubrica di costume e cronaca che Camilla teneva sul settimanale L’Espresso. Scritti apparentemente frivoli che rivelavano come stava cambiando la società italiana dagli anni del boom economico agli anni di piombo. Figlia di un imprenditore del cotone, la Cederna aveva frequentato le migliori scuole e fin da piccola aveva amato leggere. L’adolescenza l’aveva trascorsa frequentando il Teatro alla scala, il salotto di Milano dove la famiglia aveva un palco ereditato da una zia. Una donna sempre elegante che non si era mai voluta sposare e il suo status anomalo di signorina era stato oggetto di derisione, ma con un sorriso la giornalista liquidava qualsiasi chiacchiera. “Quelli che volevano sposarmi io non li volevo, anzi capitava una cosa strana. Al minimo contatto fisico, subito mi veniva il palato secco. Succedeva solo con quelli che volevano sposarmi: a me piacevano magari altri, che non mi volevano o non potevano sposarmi”.
Il 12 dicembre del 1969 una bomba fu fatta esplodere all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Piazza Fontana nel cuore di Milano. Tragico il bilancio: 17 morti e 89 feriti. Il giorno dei funerali il 15, Camilla Cederna, che aveva seguito il grave fatto di cronaca, arrivando sul luogo dell’attentato scrive ”una densa nebbia padana, bassissima, quasi buio a mezzogiorno… la piazza era un tappeto nero di gente che aspettava i morti davanti al Duomo… ”. Quando l’anarchico Giuseppe Pinelli fermato per accertamenti morì precipitando da una finestra di un ufficio della Questura milanese mentre si terminava il terzo giorno d’interrogatorio, la giornalista volle capire “prender nota e interrogarsi… indagare e riflettere”. Tutto questo “senza timore di dover provare “com’è scomodo essere in una minoranza specialmente quando si ha ragione, quando s’è di estrazione borghese e quando si è donne”. Così Camilla scrisse a Indro Montanelli nell’aprile del ’72 (lettera che chiude questa raccolta), il quale l’aveva accusata “di un improvviso innamoramento di storie oscure e sanguinose dopo essere stata per anni e anni una “merlettaia del costume”. La borghesia della quale la scrittrice era esponente la accusava di aver tradito la sua classe di origine. Questo era il lato forte di Camilla Cederna: ricerca, documentazione e osservazione, ebbe il coraggio di raccontare quella Milano che dall’oggi al domani si ritrovò sotto l’assedio del terrorismo, delle rivolte studentesche, degli attentati e del sangue.
“Una giornalista famosa, stimata e persino amata o persino temuta… colta e raffinata … aveva conosciuto personaggi di grande popolarità o di grande prestigio politico o intellettuale, frequentava le case importanti di Milano”.
Camilla Cederna giornalista e scrittrice nacque a Milano il 21 gennaio 1911 e vi morì il 5 novembre 1997. Si laureò in letteratura latina con una tesi su Prediche contro il lusso delle donne dai filosofi greci ai Padri della chiesa. Esordì nel giornalismo nel ’39 sul quotidiano L’Ambrosiano. Dal ’45 al ’55 fu redattrice del settimanale L’Europeo del quale fu uno dei fondatori. Dal ’58 al 1981 inviata per L’Espresso dove fu anche titolare di una famosa rubrica di fatti e di costume Il lato debole. Negli anni 90 collaborò con la rivista Panorama. Tra i suoi libri: Le pervestite (1968), Maria Callas (1968), Pinelli. Una finestra sulla strage (1971), Giovanni Leone. La carriera di un Presidente (1978), Il mondo di Camilla (1980).
Autore: Camilla Cederna
Titolo: Il mio Novecento
Editore: BUR
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 11,50 euro
Pagine: 443