“Le sfide dell’etica” (Feltrinelli) di Zygmunt Bauman, si apre con una constatazione: siamo nell’epoca dell’après-devoir, in cui abbiamo bandito ogni dovere in quanto tale, ogni responsabilità morale, ogni utopia politica. È l’epoca dell’individualismo puro, in cui ogni sacrificio è un “fare più del necessario”, qualcosa di velleitario, di datato, in fin dei conti di stupido. Se questa – di fatto – è la situazione, tuttavia, non è detto che debba rimanere così per sempre; accanto a questo “è” non è ancora diventato impossibile – di diritto – pensare un “dovrebbe”.
Pensarlo è anzi esplicito compito del sociologo (e del pensiero sociale in particolare): «il compito del sociologo è scoprire come mai la regola morale sia stata “depennata”». La sociologia per Bauman non si limita a prendere atto del funzionamento dei meccanismi sociali e del disagio che ne scaturisce: essa deve spingersi fino a proporre alternative, ideali e prospettive. Concezione che il sociologo ha espresso in più di un’occasione e che qui chiarisce fin dall’inizio: nessun sapere umano può essere moralmente neutrale, tanto meno la sociologia, che ha a che fare con quanto di più morale vi sia: i rapporti fra gli uomini.
L’attuale stato di fatto non può dirsi definitivo. Se è vero che la nostra epoca appare come il crepuscolo della morale, è pur vero che essa vive una contraddizione interna che potrebbe condurla verso una nuova alba della morale: perché l’approfondimento dell’individualismo porta l’uomo a scoprire la libertà radicale di andare contro ogni consuetudine consolidata, anche contro ogni moda di asocialità e di amoralità. Nel confronto radicale con se stesso e con i propri desideri l’uomo scopre la fondamentale ambivalenza del proprio cuore, eternamente diviso tra un egoismo trainante e un’empatia insopprimibile verso il prossimo; se ne conclude che l’etica è qualcosa di inestirpabile nel soggetto, che viene prima di ogni fondazione logica: “la responsabilità morale è la prima realtà dell’Io”, afferma il sociologo polacco, che affronta il tema in relazione agli odierni sviluppi della società, in particolare quello della tecnologia e del rischio che essa comporta.
Le sfide dell’etica è un saggio che precede la formulazione che più d’ogni altra ha reso Bauman noto al grande pubblico – quella della “modernità liquida”, formulata a cavallo dei nostri due millenni – nel quale si parla ad esempio ancora di “postmodernità” (una paginetta di prefazione al riguardo avrebbe giovato).
Un libro di grande interesse per un argomento centrale nel pensiero del professore di Leeds, quello morale appunto, che risale al 1993 e che Feltrinelli ripubblica con grande senso dell’opportunità, nell’era dei grandi scandali finanziari, della dissennata gestione dei rifiuti, della dissoluzione dei costumi in politica come in società. Perché di etica oggi abbiamo un gran bisogno. Bisogno di etica che – Bauman docet – è bisogno di umanità.
Zygmunt Bauman (Poznán, 1925), di origine ebraica, all’invasione tedesca della Polonia è fuggito con la famiglia in Unione Sovietica. Rientrato in patria alla fine della guerra, ha studiato sociologia e filosofia all’Università di Varsavia, dove poi ha insegnato fino al 1968. In quell’anno ha perso l’insegnamento, in seguito alla sua presa di distanza dalle posizioni antisemite del Partito comunista polacco, ed è riparato all’estero. Ha ottenuto la cattedra di Sociologia all’Università di Leeds, di cui è dal 1990 professore emerito. Gran parte della sua opera è tradotta in italiano. Per Feltrinelli ha pubblicato La solitudine del cittadino globale (2009). Nel 1989 ha vinto il Premio Amalfi e nel 1998 l’Adorno – Preis.
Autore: Zygmunt Bauman
Titolo: Le sfide dell’etica
Editore: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 10 euro
Pagine: 281
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