Con “L’uomo caduto dal tetto del mondo” (Longanesi, 2010), Iain Pears ci regala una straordinaria epopea sui costumi del capitalismo industriale europeo. Un viaggio nella natura dell’uomo e degli affari. Un secolo di progresso, di salotti dell’alta borghesia, di finanzieri e industriali senza scrupoli, attraverso tre voci, tre flash back che ripercorrono la parabola di John William Stone, scaltro magnate di un impero economico, e di sua moglie Elizabeth, figura femminile fascinosa da un passato avvolto nel mistero.
Insieme saranno il fulcro di questo bel romanzo, che mischia la spy story al giallo, e non solo.
Tutto ha inizio nel 1953, a Parigi, con il funerale di Madame Elizabeth, vedova Stone, a cui partecipa il giornalista Matthew Braddock, che ormai vecchio e in vena di ricordi, introduce, andando a ritroso nel tempo (1910), la figura di Lord Stone, morto precipitando dalla finestra della sua abitazione di Londra. Quando all’apertura del testamento si apprende dell’esistenza di un figlio nato al di fuori del matrimonio, che di fatto blocca ogni spartizione dei beni, Braddock viene incaricato da Madame Elizabeth delle sue ricerche. E’ l’inizio di un viaggio nella storia del vecchio continente, lungo un periodo che va della prima metà del diciannovesimo secolo fino agli Anni ’50 del ‘900.
A dare ancora più corpo alla trama ci pensa Henry Cort, figura ambigua ed enigmatica, sempre al centro delle vicende che ruotano intorno alle fortune di Lord Stone.
Gola profonda e archivio di memorie scomode, Cort dipinge lo sfondo ed immerge il lettore nell’atmosfera di una Parigi di fine Ottocento, lanciata verso il progresso e il benessere. Sono gli anni dello sviluppo inarrestabile del capitalismo, caratterizzato dal declino dei valori della libera concorrenza che avevano segnato i decenni precedenti.
Entrare nel mercato significa non guardare in faccia nessuno e per farlo tutto è lecito. Il nostro protagonista questo lo sa bene, tanto da accumulare ogni genere di rischio pur di accumulare ricchezze. Un gioco perverso e ricattatorio tra squali della finanza e potenti di turno.
Ma a condurci nella psicologia degli affari, tra logiche di mercato e modi illeciti per fare soldi, sarà lo stesso Lord William Stone, che nella Venezia del 1867 dà avvio alla sua scalata verso l’inferno. Una discesa nei meandri dell’animo umano e nelle sue passioni. Non spaventi il numero di pagine: lo stile di Pears, capace di modellare i personaggi con sapiente bravura, combinato con un’accurata ricostruzione storica e d’ambienti, rende la lettura viva e ricca di suspence.
Da notare, in particolare nelle due ultime parti, lo sguardo sociologico che si sofferma sulle masse popolari quanto sulle élite borghesi, come attori dei cambiamenti della società; che esamina il meccanismo degli ascensori sociali e dei ruoli acquisiti. Ben riuscita l’alchimia – sentimentale e di background culturali- dei due protagonisti: una liaison di fortune che colma due vuoti d’amore e di silenzi.
“L’uomo caduto dal tetto del mondo” è un libro che per costruzione narrativa, trama e personaggi si rifà in parte- fatte ovviamente le dovute distinzioni -al realismo letterario. Al riscatto delle classi più umili, si sostituisce l’arrivismo di una cerchia ristretta di individui, che adeguandosi alle particolari condizioni politiche, economiche e sociali di un’epoca, ne sfrutta i vizi e le falle, per conquistare benessere e privilegi.Un’esaltazione dei modi di vita e di successo di un capitalismo sempre più lontano da quell’etica protestante di weberiana memoria.
Iain Pears (Coventry, 1955) è uno storico dell’arte e scrittore inglese. Ha lavorato per anni come giornalista per la Reuters prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno, raggiungendo il successo con il romanzo “La quarta verità” (2009).
Autore: Iain Pears
Titolo: L’uomo caduto dal tetto del mondo
Editore: Longanesi
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 22 euro
Pagine: 790