Nella sperduta Mortagne (1219 abitanti, quindi boschi e vigne, fonti di lavoro e sostentamento) un episodio di violenza efferata trasforma un matrimonio in un incubo ad occhi aperti: durante i festeggiamenti il fratello dello sposo si ritira in casa, prende un fucile da caccia ed inizia a fare fuoco sugli invitati.
“Non morirò da preda“(Tunué, 2010), tratto dall’omonimo romanzo di Guillame Guéraud, è un viaggio nella mente di un ragazzo senza nome che da anello debole della famiglia si trasforma di colpo in pluriomicida; è un’opera che tratta il Male, ne passa in rassegna diverse forme e lascia al lettore l’arduo compito di valutarne la singola gravità.
A Mortagne povertà, insoddisfazione ed ignoranza sfociano abitualmente in scazzottate tra i due clan del luogo; gli unici elementi estranei alla dicotomia segatori/vignaioli sono il sindaco e lo scemo del villaggio Terence: nessuno oserebbe toccare il primo, mentre il secondo viene insultato e/o percosso in continuazione dalla totalità dei cittadini.
La prevaricazione estrema compiuta da due cacciatori d.o.c. (nello specifico Arnaud, lo sposo, e Frédo, caposquadra presso la segheria del signor Listrac) verso la più inerme delle prede (Terence regala sorrisi a prescindere ed esclama esclusivamente povera vacca) viene accettata senza problema alcuno dalla comunità, ma provoca un corto-circuito inarrestabile nel fratello minore di uno dei carnefici: un ragazzino taciturno ed emarginato, che studia all’istituto tecnico meccanico e torna in paese solo durante i week end.
Alfred (testo e disegni) gioca col tempo della suo racconto: la sua ricostruzione comincia con la cattura dell’assassino protagonista, quindi, interrottasi più che bruscamente, passa per la sua storia recente e passata (un piccolo tuffo nella realtà di una famiglia di taglialegna) per poi riaffacciarsi magistralmente sulla finestra da cui è partita la sua raffica mortale.
Dal punto di vista grafico il fumettista francese, trionfatore al festival del fumetto di Angouleme con Perché ho ucciso Pierre, alterna un disegno asciutto (i tratti dei suoi personaggi sono spesso ai limiti dello stilizzato) a vere e proprie esplosioni espressioniste che gli permettono di sperimentare diverse soluzioni degne di nota: da un uso squisitamente pulp del bianco e nero (si pensi a Kill Bill di Tarantino, in cui il colore viene meno durante un combattimento particolarmente cruento) ad un interessantissimo progetto di dissolvenza, dalla splendida tavola, ammirabile in copertina, in cui i pensieri invadono il corpo di un giovane quasi-assassino (la testa è avvolta dall’ombra e non v’è traccia del cuore), alla rappresentazione frenetica della sua furia.
I colori di Henri Meunier servono fedelmente la causa del fumetto: si spengono ad arte lungo i viali di Mortagne ed incorniciano in tinte viola le immagini maggiormente brutali.
In Non morirò da preda un ragazzino disgustato dalla violenza del proprio paese e della propria famiglia, finisce per ammalarsi del loro stesso male; Alfred delinea i tratti di un odio troppo grande per essere sopportato: un odio subdolo e profondo, incomprensibile, disgustoso eppure in grado di corrompere persino il più mite degli animi.
Autore: Alfred
Titolo: Non morirò da preda
Editore: Tunué
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 14,70 euro
Pagine: 120
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