A cent’anni dalla morte di Carlo Michelstaedter, giovane e brillante studente in filosofia, morto suicida il 17 ottobre del 1910, poco prima della discussione della sua tesi di laurea, torna nelle librerie “Dialogo della salute” (Mimesis, 2010), un agevole libro sulla vita e la morte, sul senso dell’esistenza indagato attraverso un dialogo serrato tra Rico e Nino, all’uscita di un cimitero. Uno scritto-testamento concluso il 7 ottobre, dieci giorni prima del gesto fatale.
Stando alle note biografiche, Michelstaedter apparirebbe come un uomo pieno di idiosincrasie e contraddizioni ma, grazie agli scritti introduttivi di Giorgio Brianese – docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia – che analizzano la figura del filosofo goriziano soffermandosi sulla sua opera principale, “La persuasione e la rettorica”, si riesce a comprendere chiaramente il senso del suo testamento spirituale e del suo pensiero.
Non si può entrare nel corpus del “Dialogo” senza seguire dapprima un itinerario preciso della ricerca filosofica michelstaedteriana che ha radici greche determinanti. Per questo, fondamentale è il saggio introduttivo di Brianese, “Michelstaedter, o la verità della salute”, che per gradi fa avvicinare il lettore alla vera essenza del “Dialogo della salute”.
Il filosofo goriziano si pone nel mezzo tra Parmenide ed Eraclito, tra essere e divenire, e contrappone una visione parmenidea del reale, stabile e univoca, ad Eraclito, per cui il reale è contraddistinto da instabilità e mutamento.
L’intenzione di Michelstaedter è di raggiungere un assoluto, posto come meta suprema. Il Persuaso, colui che è per se stesso e non ha bisogno di altri legami, possiede l’assoluto e si identifica con esso. Il persuaso abbandona la volontà di vivere, supera la volontà di potenza, dice di no alla retorica dell’esistenza impossessandosi del presente, vedendo, quindi, ogni presente come se fosse l’ultimo.
L’uomo in salute (dove per “salute”, come ha osservato il filosofo Antoine Parzy, si intende anche “salvezza”) segue l’oraziano “Carpe Diem” ma non per ricercare il piacere per sé, quindi non per edonismo, ma per vivere l’istante presente in tutta la sua pienezza.
Gli uomini della retorica, invece, temono la morte e inseguono l’autenticità della propria esistenza in un futuro che non è ancora. Così si consegnano al nulla, non sono nel presente, non nel futuro rinviato ad libitum, non in un passato deposito di ciò che è già stato voluto.
Quindi vuole, desidera il piacere per sfuggire al dolore. Nel dialogo 9, Nino spiega che “l’uomo liberato per la sua conoscenza da ogni illusione di valori immaginari, saprà trar lieta la vita godendo per quanto dalla natura delle cose gli è consentito”. La consolazione appartiene all’essere illuso, quindi alla retorica, ma è pur vero che l’assoluto non è conseguibile, secondo Brianese, se non attraverso il gesto suicida.
Ma ciò non toglie che possiamo tendere verso un assoluto, “abbandonare il gioco sempre di nuovo ripetuto della volontà” , strappare il velo dell’illusione e vivere pienamente l’attimo presente senza azione, senza progetti. Abbandonare il costante e continuo rimando al futuro, quindi lasciar perdere la volontà, e vivere il qui e ora in maniera totalizzante. Un presente che, come scrive Carlo nell’epistolario, “è quello che io faccio, è quello che io sono nell’opera di ogni giorno”.
Per questo, il pensiero di Michelstaedter, superati alcuni punti confusi e ingenui, è ancora importante, soprattutto nel 2010, ed è giusto che sia ricordato nel migliore dei modi.
Carlo Michelstaedter nacque a Gorizia il 3 giugno 1887. Conclusi nel 1905 gli studi presso lo Staatsgymnasium della città natale, si iscrisse alla facoltà di Matematica a Vienna, decidendo poi di frequentare l’Istituto di Studi Superiori di Firenze. Nelle sue opere e nella vitalità dei suoi gesti si espressero un’intelligenza e una sensibilità fuori dall’ordinario e una tensione inesauribile verso la Persuasione. Nel primo pomeriggio del 17 ottobre del 1910, conclusa la stesura della tesi di laurea, Michelstaedter si tolse la vita con un colpo di rivoltella.
Giorgio Brianese insegna “Ontologia dell’esistenza” e “Propedeutica filosofica” all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Oltre che del pensiero di Michelstaedter, si è occupato del problema del metodo in filosofia, del rapporto tra volontà, verità e dolore nella filosofia moderna e contemporanea, delle valenze filosofiche della pagina letteraria, pubblicando lavori su Platone, Spinoza, Descartes, Schopenhauer, Dostoevskij, Nietzsche, Gentile, Popper, Severino. Per Mimesis ha curato un’edizione commentata della “Volontà di potenza” di Nietzsche.
Autore: Carlo Michelstaedter
Titolo: Dialogo della salute e altri scritti sul senso dell’esistenza
Editore: Mimesis
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 16 euro
Pagine: 226