“Ho sempre avuto l’ambizione di scrivere. Ne avevo, letteralmente, la vocazione”. Così Moravia rispose ad Alain Elkann in “Vita di Moravia“ quando lo scrittore italo-francese gli chiese come aveva iniziato a scrivere.
Sono le parole iniziali di una conversazione – fiume, lunga quasi trecento pagine pubblicata nel settembre di vent’anni fa pochi giorni prima della sua scomparsa. Alberto Moravia mancò, infatti, il 26 dello stesso mese e in quella conversazione, uno dei più importanti romanzieri italiani del Novecento, ripercorse la sua esistenza “La mia vita è stata continuamente una serie di avventure”.
Quando Elkann gli domandò com’era nato, con straordinaria franchezza lo scrittore rispose “Sono nato sano e la mia famiglia era normale. Semmai l’anormale ero io. Anormale perché ero troppo sensibile”. Alberto Pincherle (Moravia era il nome della nonna paterna) era nato a Roma il 28 novembre 1907 in via Giovanni Sgambati, nel quartiere Pinciano, da una famiglia borghese benestante. Il padre Carlo era un architetto di origine ebraica “conservatore… un solitario… A ripensarci adesso mi pare un personaggio di Svevo, un provinciale del nord civile e colto, ma all’antica, nevrotico e introverso”. La madre Teresa, chiamata Gina dal secondo nome Igina, era cattolica “tendente alle novità”. Fra i due coniugi vi era una differenza anagrafica di più di vent’anni. La famiglia De Marsanich, della madre di Moravia, “veniva da Ancona ed era di origine slava, probabilmente dalla Dalmazia”. Alberto era il secondo di quattro figli: Adriana pittrice, Elena e infine Gastone che morirà nel ’41 durante la II Guerra Mondiale a Tobruk.
Come fu l’infanzia a Roma “era piena di carrozzelle” di un ragazzo così sensibile, intellettualmente precoce che si ammalò a soli nove anni di tubercolosi ossea? “Mia zia Amelia Rosselli fu molto importante per me perché mi ha salvato la vita”, esercitò grande influenza nel bambino Alberto la sorella del padre Amelia, che aveva sposato il ricco musicista Jole Rosselli col quale ebbe tre figli: Aldo morto in guerra, Carlo e Nello trucidati vicino a Parigi nel ’37 da formazioni locali di estrema destra. Amelia Rosselli “in apparenza molto dolce, aveva in realtà un carattere forte” era una donna molto colta, dirigeva una collana editoriale e aveva composto opere teatrali e romanzi.
In Lettere ad Amelia Rosselli con altre lettere familiari e prime poesie (1915 – 1951) di Alberto Moravia (Bompiani 2010), cura e introduzione di Simone Casini, lo scrittore nelle lettere alla zia, circa sessanta, descrive la sua malattia fin dalla prima lettera redatta nell’aprile del 1920. Con lucida freddezza il tredicenne narra le dolorose procedure che servono per ingessare la gamba destra. L’adolescente è un ragazzino precoce, ama leggere Rimbaud Gogol e Dostoevskij. Nonostante la malattia Alberto frequentava il liceo Tasso, finché Amelia Rosselli “convinse la mia famiglia a mandarmi al sanatorio” lo fece ricoverare presso l’Istituto Codivilla di Cortina. Queste lettere finora inedite si possono considerare un piccolo romanzo di formazione di un ragazzo sensibilissimo, testimonianza del suo amore per la scrittura e per la letteratura. Alberto fino allora aveva scritto “dei racconti bruttissimi e molte poesie in francese”. Intanto in Italia era iniziata l’avventura fascista e proprio in quel periodo il fascismo era in crisi a causa del delitto Matteotti. Alberto scrive alla zia Amelia ”siamo in pieno regime paternalista, oscurantista, quietista… “.
Moravia a Elkann confidò che “sono stato malato psicologicamente per molti anni dopo la guarigione”, egli aveva quasi nostalgia della malattia. “Che cosa volevi fare?”. “Volevo fare lo scrittore. Però non ero affatto sicuro che lo sarei diventato”. I suoi studi furono interrotti alla licenza ginnasiale ma la sua cultura letteraria era già vasta. “Non ho avuto nessuna educazione, me la sono fatta da me”. A Bressanone uscito dal sanatorio, nel settembre del ’25 sdraiato sul letto con penna e calamaio, Alberto iniziò Gli indifferenti. Non aveva ancora diciassette anni ma la prima frase che scrisse quella che diede l’incipit al romanzo “Entrò Carla” fu la stessa frase che è rimasta nelle edizioni del volume. “Quella frase stava a indicare la mia ambizione di scrivere un dramma travestito da romanzo”. Il libro pubblicato nel ’29 a spese dello scrittore presso l’editore Alpes di Milano fu un successo. Sono descritte le ipocrisie, le piccole e grandi meschinità della società borghese di quel periodo con uno stile nuovo, realista completamente diverso dalla produzione letteraria in voga. Moravia, sempre allora, conobbe Corrado Alvaro e Massimo Bontempelli che dirigeva una rivista letteraria, Novecento, alla quale Moravia collaborò. Incontrò Curzio Malaparte allora direttore de La Stampa. “Da Londra scrissi alcuni articoli per La Stampa, che ebbero in Italia qualche successo”. A Londra “nera e nebbiosa” frequentò Carlo Levi, E. M. Forster, Yeats, H. G. Wells. “I miei genitori ormai avevano capito che avevano a che fare con uno che non stava mai a casa!”. Parigi, New York, Porto Said, Cina, Grecia… Un uomo curioso di tutto “la curiosità mi ha spinto ad avvicinare gli altri…”
Dal primo amore, una ragazzina francese conosciuta a Zermatt fino a Carmen Llera, sua ultima moglie. Moravia confessò a Elkann di essere rimasto innamorato di tutte le donne che ha conosciuto “A me succede questo: una volta innamorato, per sempre innamorato. Perché la persona amata è come un personaggio immaginario che per l’innamorato è immortale”. Sterminata la produzione artistica dello scrittore: da Le ambizioni sbagliate (1945, censurato dal regime fascista) ad Agostino (1944) redatto in un mese, agosto a Capri “il mio primo successo letterario dopo Gli indifferenti di diciassette anni prima”. La ciociara (1957) romanzo nato dall’esperienza di sfollato con Elsa Morante nelle campagne di Fondi dopo l’8 settembre ’43. La romana (1947), Il conformista (1951), I racconti romani (1954) Premio Marzotto. Nel ’52 ha ricevuto il Premio Strega per I racconti. “Si nasce romanzieri e si diventa scrittori” Moravia precisò nel dialogo con Elkann che per lui “la scrittura è il sismografo del mio temperamento” Il suo processo d’artista non avvenne per mezzo della testa “avviene per successive illuminazioni”. Moravia inoltre collaborò alle riviste Il Mondo, L’Europeo e al quotidiano Il Corriere della Sera fino alla sua morte, scrivendo indimenticabili reportage e riflessioni critiche. Moravia appassionato di cinema da sempre, ha conosciuto e lavorato con Visconti, Rossellini, De Sica, Lattuada “… faccio parte del cinema italiano, perché ho scritto circa duemila articoli di critica cinematografica e poi perché almeno venti film sono stati ricavati dai miei romanzi”. Lo scrittore è stato per decenni critico cinematografico per il settimanale L’Espresso. Chi scrive sovente lo incontrava al cinema al primo spettacolo il primo giorno di programmazione della pellicola.
Da questo saggio/intervista emerge tutto l’uomo Moravia con i suoi difetti e con i suoi pregi. Tante sono le piccole curiosità svelate, come la sua idiosincrasia nello scrivere lettere, preferisce telefonare forse perché è “restio a mostrare l’intimità”. Quando Elkann domandò allo scrittore come reagì davanti al successo de Gli Indifferenti, egli candidamente rispose “…me ne sono subito annoiato, allora come adesso. Perché davo più importanza all’espressione, che alla pubblicazione e, in qualche modo, alla vita che alla letteratura”.
“La conoscenza serva non già alla morte ma alla vita”. “Con questa frase consideri che il libro sulla tua vita sia finito?”. “Si” è la laconica risposta di Alberto Moravia in questo lungo dialogo intrecciato di ricordi, memorie e testimonianze di quasi un secolo vissuto pienamente.
Elsa Morante e Dacia Maraini due grandi scrittrici che hanno avuto un ruolo rilevante nell’esistenza di Alberto Moravia. L’autrice di Menzogna e Sortilegio, La storia e L’isola di Arturo “la letteratura era la sua vita” conosciuta nel ’37 e che lo scrittore sposò nel ’41 nella Chiesa del Gesù a Roma perché “non avevo voglia di vivere separato da Elsa”. Erano gli anni della II Guerra Mondiale, il nome di Moravia figurava sulle liste della polizia fascista alla voce sovversivo. “Gli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra sono caratterizzati dalla presenza di Elsa Morante”. Dalla scrittrice Moravia si separò nel ’62. Dacia Maraini fu la compagna nella vita e di tanti viaggi “con Dacia ho viaggiato come si sogna… ho viaggiato con abbandono e scoperta”. L’appartamento che Alberto Moravia acquistò quando andò a vivere insieme a Dacia Maraini sito al civico numero 1 del Lungotevere della Vittoria nel quartiere Prati, è diventato Casa – Museo. A tal proposito abbiamo intervistato Dacia Maraini, erede dell’abitazione insieme a Carmen Llera Moravia. “Dopo dieci anni che trattiamo col Comune solo l’anno scorso siamo riusciti a donare la casa alla città di Roma. Sembra incredibile che regalare una casa di grande valore sia simbolico che economico sia stato così difficile e faticoso. Ora abbiamo firmato il contratto modale: significa che se non ne faranno un buon uso, si potrà riportarlo agli eredi. Speriamo bene. Comunque ancora non abbiamo visto nessun finanziamento per la gestione del Fondo Moravia, una piccola somma che il Comune dovrebbe dare per qualche anno. Sono stati tolti i quadri dalle pareti, tra i quali dipinti di Guttuso, Schifano e della sorella Adriana Pincherle per metterli in salvo, dicono, ma ancora la casa è lontana dall’essere aperta al pubblico. Il Comune sostiene di non avere fondi. E così andiamo avanti alla cieca, con fatica immensa, pagando tutto noi che teniamo alla memoria di Moravia. Per ora la casa è visitabile solo su appuntamento”. Nella Casa – Museo, eccetto i quadri, tutto è rimasto come lo ha lasciato lo scrittore al momento della sua morte. Diecimila libri, la collezione di Nuovi Argomenti, la rivista letteraria che Moravia fondò nel 1953 avendo come collaboratore l’amico Pier Paolo Pasolini, articoli di giornale come L’Espresso, ed anche Il Corriere dei Piccoli, i suoi dischi in vinile, tante fotografie e molti oggetti, come la grande macchina per scrivere Olivetti nel suo studio. Più che una Casa Museo un luogo vivo, vitale, di studio e consultazione speriamo presto fruibile per tutti.
Alain Elkann è nato il 23 Marzo 1950 da padre francese e da madre italiana, entrambi di religione ebraica. Giornalista e scrittore, collabora a La Stampa, Shalom, Eco Mese, Nuovi Argomenti, Panta. Bompiani ha pubblicato tra gli altri Vita di Moravia (1990) tradotto in 15 lingue e ripubblicato sempre da Bompiani nel 2007. Delitto a Capri (1992), Vendita all’asta (1993), Cambiare il cuore con Carlo Maria Martini (1993, nuova edizione accresciuta 1997), Essere ebreo con Elio Toaff (1994) che ha vinto il Premio Internazionale Fregene 1995, I soldi devono restare in famiglia (1996), Il padre francese (1999), Essere musulmano con Sua Altezza Reale Principe di Giordania El Hassan bin Talal (2001), John Star (2001) Premio Cesare Pavese 2002, Una lunga estate (2003), L’invidia (2006), L’equivoco (2008) Premio Acqui Terme 2009, Nonna Carla (2010). In questo periodo è conduttore di rubriche d’approfondimento culturale per la rete televisiva La7.
Autore: Alain Elkann Alberto Moravia
Titolo: Vita di Moravia
Editore: Bompiani
Anno di pubblicazione: 2007
Prezzo: 15 euro
Pagine: 306
Autore: Alberto Moravia
Titolo: Lettere ad Amelia Rosselli con altre lettere familiari e prime poesie (1915 – 1951).
Editore: Bompiani
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 17 euro
Pagine: 364