“Cuore” (Newton & Compton) di De Amicis. L’incipit del racconto Il tamburino sardo nel diario del protagonista Enrico Bottini, l’io narrante della storia ci conduce nel nucleo di uno dei testi più amati da intere generazioni.
“Nella prima giornata della battaglia di Custoza, il 24 luglio del 1848, una sessantina di soldati di un reggimento di fanteria del nostro esercito, mandati sopra un’altura ad occupare una casa solitaria, si trovarono improvvisamente assaliti da due compagnie di soldati austriaci… “.
Cuore pubblicato il 17 ottobre del 1886 presso l’editore Treves, uscito il primo giorno di scuola dell’Italia umbertina di allora ebbe subito un grande successo con più di quaranta edizioni e tradotto in una decina di lingue. La storia di un anno di scuola di Enrico trascorso frequentando la terza elementare presso la sezione Baretti a Torino e dei suoi compagni è solo un pretesto per insegnare ai ragazzi le speranze della giovane Italia. Appaiono valori fondamentali come l’amor di patria, il rispetto per i genitori e le autorità, l’eroismo e l’obbedienza. Il volume il più popolare tra i ragazzi dopo Pinocchio di Collodi, ricorda lo spirito di sacrificio e l’eroismo dei patrioti e dei soldati semplici, i quali pochi anni prima avevano combattuto nelle guerre risorgimentali. È un eroe il tamburino sardo che durante la battaglia di Custoza, ci troviamo durante la Prima guerra d’indipendenza, perde una gamba perché il suo capitano gli ha affidato una missione importante “la salvezza del distaccamento è nel tuo coraggio e nelle tue gambe”.
Sicuramente De Amicis mentre scriveva il suo libro più famoso avrà ripensato non solo alla sua esperienza personale vissuta come luogotenente a Custoza nel 1866 durante la Terza guerra d’indipendenza dove aveva assistito alla sconfitta delle truppe italiane da parte di quelle austriache, ma anche alla presa di Roma avvenuta il 20 settembre 1870 a Porta Pia, 140 anni fa. Il giornalista De Amicis si trovava tra i bersaglieri, tra i quali anche Goffredo Mameli, in qualità di inviato del quotidiano La Nazione di Firenze. “Via via che ci avviciniamo (a piedi s’intende) vediamo tutte le terrazze delle ville affollate di gente che guarda verso le mura. Presso la villa Casalini incontriamo i sei battaglioni bersaglieri della riserva che stanno aspettando l’ordine di avanzarci contro Porta Pia. Nessun corpo di fanteria aveva ancora assalito. L’artiglieria stava ancora bersagliando le porte e le mura per aprire le brecce. Non ricordo bene che ora fosse quando ci fu annunziato che una larga breccia era stata aperta vicino a Porta Pia, e che i cannoni dei pontifici appostati là erano stati smontati. Quando la Porta Pia fu affatto libera, e la breccia vicina aperta sino a terra, due colonne di fanteria furono lanciate all’assalto”. Così De Amicis annotava la storica battaglia ne Le tre capitali Torino – Firenze – Roma Treves Editori nel 1911. Le cannonate dei militari italiani avevano provocato una breccia larga circa trenta metri attraverso la quale si riversarono dentro lo Stato Pontificio di Papa Pio IX due battaglioni di fanteria e di bersaglieri comandati dal generale Luigi Cadorna. Ciò significò la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei Papi. Roma era finalmente annessa al Regno d’Italia e ne sarebbe diventata capitale un anno dopo nel 1871. Si realizzava in tal modo il sogno di Cavour scomparso alcuni anni prima e di tanti patrioti i quali avevano combattuto tre guerre d’indipendenza perché avevano sempre creduto in un’Italia libera dal giogo di ogni potenza straniera.
Nel Cuore deamicisiano vi sono figure di alunni rimaste nell’immaginario collettivo quali Garrone il gigante “dall’anima nobile” al quale fa da contrasto Franti, discolo irrecuperabile “fu sospeso dalla scuola per tre giorni e tornò più tristo e più insolente di prima”, il muratorino dal viso di lepre “con il suo naso a pallottola” il bello e bravo Derossi, Precossi picchiato dal padre alcolizzato, Nobis il figlio di papà, Coraci arrivato da Reggio Calabria. Citiamo il Maestro Perboni “la nostra scuola sarà una famiglia” e la maestrina dalla Penna Rossa “dal viso color di rosa” così chiamata perché portava sempre un cappellino con una gran penna rossa. Quanti genitori insieme ai loro figli si saranno commossi leggendo i racconti mensili? Sangue romagnolo, Dagli Appennini alle Ande, La piccola vedetta lombarda, Il piccolo scrivano fiorentino. Attraverso quest’opera letteraria l’autore tentò un’impresa di unificazione nazionale con un linguaggio semplice e a volte anche con un po’ di retorica. Il forte spirito patriottico di De Amicis lo aveva fatto scappare da casa a quattordici anni per tentare di raggiungere le camicie rosse di Garibaldi. L’impresa non gli era riuscita, ma fin da allora Edmondo era convinto che la disciplina militare fosse un valido metodo educativo. Le storie dei piccoli studenti torinesi e di quella borghesia post – risorgimentale ben descritta in Cuore possono essere rilette soprattutto oggi a più di cento anni di distanza. Sono storie semplici che possiedono ancora la capacità di commuovere, nelle quali si possono riscoprire quegli antichi valori condivisi come l’amor di patria che fanno di un popolo una nazione. “Poiché il racconto del Tamburino t’ha scosso il cuore ti doveva essere facile, questa mattina, far bene il componimento d’esame: Perché amate l’Italia? Perché amo l’Italia? Non ti si son presentate subito cento risposte? Io amo l’Italia perché mia madre è italiana, perché il sangue che mi scorre nelle vene è italiano… Oh tu non puoi ancora sentirlo intero questo affetto! Lo sentirai quando sarai un uomo, quando ritornando da un viaggio lungo, dopo una lunga assenza… vedrai all’orizzonte le grandi montagne azzurre del tuo paese… Tuo padre”.
Edmondo De Amicis nacque a Oneglia il 21 ottobre 1846 e morì a Bordighera l’11 marzo 1908. Lo scrittore/giornalista e pedagogo studiò a Cuneo e frequentò poi il liceo a Torino. A sedici anni entrò nell’Accademia militare di Modena dove divenne ufficiale. Nel 1866 come luogotenente partecipò alla battaglia di Custoza. Fervente patriota, considerava l’esercito il primo germe nel quale si sarebbe dovuta formare l’unità d’Italia. Nel 1868 a Firenze, dove si era recato per servizio, venne edita La vita militare, una raccolta di bozzetti sulla sua esperienza personale, pubblicata per la prima volta su L’Italia militare organo del Ministero della guerra di cui era direttore. Lasciato l’Esercito diventò inviato per La Nazione di Firenze. Scrisse molti libri di viaggio Spagna (1872), Ricordi di Londra (1973), Olanda (1974), Marocco (1976), Costantinopoli (1878/79), Ricordi di Parigi (1979). Nel 1886 pubblicò il suo libro più famoso Cuore. Il romanzo di un maestro (1890), Amore e ginnastica (1892), Maestrina degli operai (1895).
Autore: Edmondo De Amicis
Titolo: Cuore
Editore: Newton & Compton
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 6 euro
Pagine: 224