“In futuro, tutti ci avrebbero dovuto molto. Toglietevi il cappello, signore e signori, noi siamo quelli delle radio libere, del femminismo, della creatività, della gioia di fare politica, quelli del riprendiamoci la vita, la terra, la luna e l’abbondanza, quelli che hanno visto i guasti del mercato e vi hanno avvertiti per tempo.” Parole come “stragi”, “bombe” e “terrorismo” evocano, ancora oggi, fantasmi di un passato recente difficile da dimenticare, la cui lunga scia di sangue ha imbrattato le speranze di un’intera generazione.
La pesante coltre di silenzio fatta cadere sugli episodi più cruenti degli anni ’70, tuttavia, non ha impedito che dalle sue fitte maglie continuassero a trapelare inquietanti interrogativi. Pochi e isolati i coraggiosi che hanno tentato di scalfire il muro di gomma delle versioni ufficiali e del segreto di stato. Trent’anni dopo, la percezione diffusa è che sugli anni bui della nostra storia repubblicana il sole della verità sia ancora lontano dal sorgere.
Leggere il romanzo d’esordio di Antonio Aversa forte di questa consapevolezza, quindi, ha il sapore di un inatteso privilegio: sfogli le pagine e hai la sensazione che a scorrere sotto le dita siano interi fotogrammi di un passato cui senti comunque di appartenere, anche se non l’hai vissuto in prima persona. Ti immagini la faccia dei tuoi genitori a vent’anni e ti sembra quasi di vederli, lì, in piazza, mentre affidano ad uno slogan il sogno di cambiare il mondo. Se, invece, in quelle piazze ci sei stato in prima persona, ti sembra che l’autore stia parlando proprio di te, di ciò che eri e di ciò che sei diventato.
Fin dalla prima pagina ci si immerge nella storia dei protagonisti: Giorgio e Francesco, due compagni del Movimento nella Roma tesa e surriscaldata del 1977. Scontri con la polizia, cortei e accoltellamenti quasi all’ordine del giorno, in un’epoca in cui il mondo appariva diviso in due categorie: destra e sinistra. Impossibile astenersi, obbligatorio schierarsi. Giorgio e Francesco, però, rappresentano anche due modi diversi di fare politica. Liceale di paese, vicino a Lotta Continua, ma con la voglia di fare politica “alla luce del sole” Francesco, sedotto dal fascino perverso della lotta armata Giorgio. I loro destini, determinati da scelte diverse, arrivano a sfiorarsi per un solo momento, per poi tornare a seguire il tracciato delle loro divergenti convinzioni.
L’abilità narrativa di Aversa dà vita ad un intreccio che mantiene in perfetto equilibrio la lucidità del romanzo storico e la “leggerezza” della storia romanzata. Un alternarsi di fantasia ed episodi realmente accaduti, come la cacciata del segretario della CGIL Lama durante un comizio all’università La Sapienza oppure l’omicidio della studentessa Giorgiana Masi, durante una manifestazione per il terzo anniversario del referendum sul divorzio.
“Di gioia, di rabbia, di noia” si legge tutto d’un fiato, con la voglia intatta di iniziare subito a rileggerlo una seconda volta e poi un’altra ancora, quasi alla scoperta di ulteriori spunti di riflessione. Un libro di cui avvertivamo il bisogno, più di quanto siamo disposti ad ammettere. Una storia in cui non ci sono vincitori, ma si intravede solo un’unica, grande, sconfitta: la fine di una speranza, quella di costruire una società migliore e più giusta, divenuta troppo presto illusione. E oggi solo un pallido ricordo.
Antonio Aversa, musicista, organizzatore di eventi musicali e tour manager di cantanti e gruppi italiani, è stato dirigente dell’ARCI, consigliere comunale del suo paese d’origine – Giuliano di Roma (Fr) – e assessore della Comunità Montana dei Monti Lepini. Attualmente vive a Bruxelles e collabora con il parlamentare europeo Marco Rizzo. Di gioia, di rabbia, di noia è il suo primo romanzo.
Autore: Antonio Aversa
Titolo: Di gioia, di rabbia, di noia
Editore: Zona
Anno di pubblicazione: 2008
Prezzo: 16 euro
Pagine: 163
* Diritti dell’articolo attribuiti a Valeria Nevadini