Con il romanzo “L’ultima estate” (Fazi editore, 2009) Cesarina Vighy si affacciò sul panorama letterario italiano sorprendendo la critica ed il pubblico. Il racconto lucido, drammatico, ironico della sua vita e della sua malattia la SLA che la costringeva a vivere in una stanza, commosse i lettori. Per la prima volta a viso aperto in questo romanzo d’esordio protagonista era la sofferenza, argomento accuratamente evitato nella nostra società edonista e superficiale.
Invece l’autrice attraverso il personaggio di Zeta ripercorreva la sua esistenza e la malattia senza pietas nei confronti di se stessa ma con coraggio, sarcasmo, ferocia e nonostante tutto voglia di vivere e lottare. “Dicono che si nasca incendiari e si muoia pompieri. A me è successo il contrario: brucerei tutto, adesso”. Il volume fu considerato un inno alla vita. Il romanzo ha vinto il Premio Campiello Opera Prima 2009 ed è stato uno dei cinque finalisti al Premio Strega 2009 piazzandosi al quarto posto.
Il 1° maggio scorso l’autrice è mancata proprio due giorni dopo la pubblicazione di “Scendo, buon proseguimento” (Fazi, 2010) dal titolo profetico. Il volume raccoglie un corpus di e-mail che la Vighy aveva inviato e ricevuto negli ultimi tre anni. Un addio al mondo in forma epistolare che rivela il carattere dell’autrice, la sua cultura, sagacia e ironia innata. La figlia Alice Di Stefano, sua editor, ha intuito la bellezza e la profondità del romanzo che stava prendendo forma. “Carissima Alice, finalmente ci siamo. Ho rivisto i punti critici e sembra che siano a posto come anche i corsivi e i tondi”. Cesarina Vighy faceva parte dell’Associazione Viva la Vita Onlus, Associazione di familiari e malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica e altre malattie rare ad alto impatto sociale, che da anni si batte per migliorare le condizioni di vita dei malati e delle loro famiglie.
Con il romanzo autobiografico L’ultima estate Sua madre convinse pubblico e critica. Cesarina Vighy si aspettava un’accoglienza così calorosa ed entusiasta?
“Mia madre aveva sempre desiderato scrivere un libro. Per vie strane e tortuose e soprattutto grazie al grande senso di libertà dato da una malattia senza scampo (la libertà di chi non ha nulla da perdere), ci è riuscita, nel 2009. La sua personalità, l’insicurezza innata e un forte senso di autocritica le avevano impedito fino a quel momento di esporsi al giudizio altrui. Poi, il cambiamento dovuto a una condizione nuova e tragica insieme le ha dato il coraggio di procedere. La risposta è quindi no, non si aspettava un riconoscimento del genere, specie il premio Campiello (il premio della sua città), o meglio, non ha scritto pensando al successo, pur essendo sempre stata – almeno nell’intimo – conscia del proprio valore.”
L’opera letteraria di Sua madre rappresenta, di fatto, il suo testamento spirituale?
“Penso di sì. I suoi testi, specie adesso che non c’è più, hanno un valore universale per quel che riguarda il contenuto (nel romanzo, la malattia è quasi un pretesto) e costituiscono una testimonianza di estremo coraggio e dignità per il modo in cui attestano di un atteggiamento stoico, non retorico, mai lamentoso, fiero, di fronte alla morte. Specie Scendo. Buon proseguimento si configura come un testamento spirituale di cui ha senz’altro la forza e anche l’assetto. I consigli nelle mail a me, le parole ogni volta diverse per le amiche, il solo fatto di chiedere e informarsi della vita altrui prima che della propria senza mai lamentarsi per la propria condizione (come dice bene Vito Mancuso nell’introduzione), fanno capire quanto il testo abbia una valenza spirituale, al di là del caso concreto, e trascenda gli episodi quotidiani in esso riportati.”
Nella Sua veste di responsabile della narrativa italiana presso la Casa Editrice Fazi avrà esaminato molti manoscritti inediti. Secondo Lei perché nel nostro paese si legge poco, ma si scrive molto?
“Secondo me c’è un’insana (o sanissima) voglia di protagonismo, diffusa a ogni livello. Non è un caso, che gran parte dei testi che arrivano in casa editrice sono testi autobiografici o comunque scritti in prima persona. Specie per un racconto di tipo intimista o diaristico, è chiaro che la differenza sta tutta nella lingua e nello stile con cui l’autore decide di affrontare un determinato argomento. Il racconto autobiografico però acquista un’importanza e un fascino unici rispetto a una narrazione altra e quindi, se alla base ci sono doti evidenti di buona scrittura, è senz’altro la forma più efficace, diretta, per arrivare al lettore. In ogni caso, leggere è un’attività passiva mentre scrivere comporta una partecipazione maggiore, assai più in linea con i tempi. La gente, almeno pensando al numero di manoscritti che ci arrivano ogni giorno, preferisce scrivere piuttosto che leggere.”
Ci può dare un’anticipazione sulle novità autunnali della Fazi?
“La Fazi in autunno uscirà con molte novità per quel che riguarda gli italiani. Ci sarà un romanzo sui rapporti tra mafia e Br, basato su un episodio realmente avvenuto in carcere: Il picciotto e il brigatista; un romanzo effervescente e vivace sugli anni Ottanta con la storia di una maturazione sessuale da parte di un ragazzo indeciso, bombardato dai messaggi della tv, autore Sciltian Gastaldi. Una favola moderna e leggera sull’esperienza di un ragazzo eroinomane a Francoforte, Chiaramagica, e poi un bel giallo, un libro di barzellette sugli ingegneri, una storia d’amore e… molti altri! Devo dire che stavolta l’offerta è veramente variegata e adatta a tutti i gusti.”
Signora Di Stefano, quali sono gli obiettivi primari di Viva la vita Onlus che ha come simbolo un girasole?
“L’obiettivo dell’associazione di cui faceva parte anche mia madre e che ringrazio per l’aiuto che ci ha dato quando lei era ancora viva è quello di regalare le migliori condizioni di vita ai malati e ai loro familiari. Il problema di una malattia del genere, infatti, è che le strutture ospedaliere non sono adibite a ospitare persone colpite da una forma di sclerosi senza scampo e quindi senza cura che in breve tempo paralizza il corpo portando all’immobilità. Non vi descrivo neanche la difficoltà nell’assistere questi malati: il sacrificio da parte delle famiglie è enorme.”
Il 25 giugno scorso presso la Cavea dell’Auditorium di Roma si è tenuto il concerto Note di merito organizzato da Viva la vita. Ce ne vuole parlare?
“Quella sera sono stata al concerto e devo dire che è stato molto emozionante per me vedere così tante persone e così tanti artisti riuniti per una causa nobile e difficile da comprendere come quella a favore dei malati di SLA. La SLA, infatti, è una malattia atroce ma ancora poco conosciuta per quel che riguarda soprattutto il carico per le famiglie e la latitanza da parte delle strutture ospedaliere. La solidarietà verso persone perfettamente vigili e coscienti ma forzatamente immobili e inchiodate a un letto, ha un valore aggiunto oltre ad essere una cosa importantissima.”
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