Un mostro sacro del fumetto francese come Christophe Chabouté attinge da una novella di Jack London per raccontare la realtà della corsa all’oro esplosa negli U.S.A. al termine del 19° secolo: l’autore segue le sorti di un singolo esploratore, eppure allo stesso tempo racconta un male sociale, una crisi economica tanto grave da accecare ogni ragione e lanciare nel cuore del Klondike un numero imprecisato di improvvisati avventurieri americani, totalmente immersi in sogni di ricchezza e gloria.
Un piccolo popolo di novellini mal equipaggiati, destinati a morire di stenti e, soprattutto, di freddo: un freddo terribile e senza senso, pericolosissimo e spietato.
“Farsi un fuoco” (Edizioni BD, 2009) racconta il percorso di un viaggiatore ostinato e solitario verso un accampamento. Fuori fanno 45 gradi sotto zero: il buon senso ed il sapere popolare suggeriscono di muoversi esclusivamente in gruppo, eppure il protagonista è accompagnato soltanto da un cane e due gallette impregnate di lardo fuso, avvolte in un fazzoletto ed appoggiate sulla nuda pelle.
Ha dovuto compiere una deviazione e, procedendo alla velocità adeguata, conta di ritrovare i suoi compagni entro sera; d’altronde quando fa così freddo non c’è tempo per le distrazioni e fermarsi a riflettere è totalmente fuori luogo: quel che conta è camminare, fare colazione alla diramazione dell’Henderson Creek, raggiungere i ragazzi per l’ora di cena. Quel che conta ancora di più è avere sempre con sé una scatola di fiammiferi.
In un ambiente così ostile i numerosi quesiti esistenziali che da sempre affliggono gli esseri umani trovano una sola risposta immediata, riportando a poche priorità essenziali ogni desiderio speculativo: al ghiaccio e al freddo corrisponde morte certa e la vita si tiene stretta vicino al fuoco.
E’ invece meno chiaro che in un mondo apparentemente addormentato, addolcito dal biancore della neve e dal silenzio, il pericolo più letale può nascondersi dappertutto: invisibili sorgenti sotterranee di acqua viva pulsano sotto strati di ghiaccio sottile e bagnarsi porta guai certi. Questa lotta continua e disperata tra l’uomo ed il bosco, tra il fuoco ed il ghiaccio, tra la sopravvivenza ed il congelamento, viene vissuta anche dall’eroe come dal cane, una specie di giudice dell’ordine cosmico, il cui ruolo è osservare il destino di un cercatore d’oro tanto audace da sfidare la natura da solo.
La trama di Farsi un fuoco di fatto esaurisce qui, è totalmente chiara dopo poche pagine; eppure è anche incredibile ed avvincente, e ci costringe a seguirla col fiato sospeso fino all’ultima vignetta. Chabouté compie un vero e proprio miracolo interpretativo, riuscendo a rispettare a pieno l’essenza della novella di London con un fumetto in cui il testo ha un ruolo effettivamente marginale: i disegni (bellissimi, impreziositi da un uso parco ed efficace del colore) raccontano meglio di ogni parola i sentimenti dell’esploratore e lo inseriscono a pieno nella cornice selvaggia del Klondike, vera protagonista silenziosa, destinata ad accompagnare per sempre le (im)possibili avventure di chissà quanti altri viaggiatori.
Autore: Christophe Chabouté
Titolo: Farsi un fuoco
Editore: Edizioni BD
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 10 euro
Pagine: 64
* Diritti dell’articolo di Gabriele Blandamura