La prima cosa che potrebbe venire in mente ad un napoletano dopo aver letto il titolo di questo saggio è che “Eroi di carta” (Manifesto libri, 2010) potrebbe tradursi con l’espressione gergale “guappi di cartone” e l’accostamento con Saviano, preso di mira dal sociologo romano, non è bello né corretto. Già Adriano Sofri ha notato l’assonanza e l’ha precisato in una sua recensione purtroppo passata inosservata. Non si vuole mettere in dubbio la buona fede di Dal Lago, ma, purtroppo, il titolo è sì efficace ma di cattivo gusto.
Venendo al libro, questo è un buon saggio e, a dispetto dell’oggetto preso in considerazione nel testo, un’ottima riflessione sullo stato della letteratura in Italia. Ma, purtroppo, l’argomento principe è “Gomorra”, il bestseller di Roberto Saviano targato Mondadori, e il fenomeno mediatico che si è creato attorno al giornalista napoletano.
Allora qui il discorso si fa più complesso perché, pur spiegando in circa centocinquanta pagine i vari perché alla base della sua critica, alla fine rimane in bocca solo la sensazione di un articolo di giornale troppo lungo (ma godibile) e non di un saggio compiuto.
Perché Dal Lago non si interroga piuttosto sulle origini di “Gomorra” (e non del successo di Saviano)? Perché, invece di far rientrare Saviano nell’alveo degli scrittori “dell’epoca del berlusconismo”, non ha scritto un buon saggio sociologico – e immediato – sul fenomeno camorra? Il suo “La città e le ombre”, documentatissimo e consigliatissimo, ha approfondito i mondi criminali in una città del Nord Italia ma perché non ha avuto la stessa eco di “Gomorra”? Eppure è stato editato da Feltrinelli!
La soluzione sta proprio a pagina 44 di “Eroi di carta” : “In Gomorra il protagonista della narrazione rimanda all’eroe Saviano, il viaggiatore nelle efferatezze della camorra […]. Infatti, l’io narrante non solo indaga i mondi della camorra […] ma così facendo riporta storie e discorsi di altri. Dove incontriamo un personaggio del genere? Nei gialli o nei noir”.
Lo stesso Dal Lago precisa che si tratta di innovazione rispetto ai suoi modelli ma, attenzione, non è affatto vero che la camorra rimane sullo sfondo e Saviano resta l’unico e vero protagonista di “Gomorra”. La camorra resta sempre in primo piano, Saviano è solo un comunicat(t)ore. Il vero problema dei grandi studiosi è tutta qua: nonostante pregevoli lavori di ricerca, non si riesce più a comunicare con la gente. Saviano, invece, ha trovato, sia per bravura che per fortuna, un modo per affrontare il problema della camorra in Italia coinvolgendo tutti, da destra a sinistra, nessuno escluso.
E sensibilizzare milioni di ragazzini – che fino al giorno prima consideravano “Tre metri sopra il cielo” alta letteratura – non è cosa da poco. Certo, nulla è cambiato ma, almeno, adesso – complice anche un linguaggio forte, ostinato, i cui vocaboli sono direttamente presi “dal vocabolario gastroenterico” – la camorra viene vista da molti, anche under 18, come un modello da evitare. Perché Roberto Saviano dice di voler diventare una moda? Vuole semplicemente prendere il posto di Scarface, del “Camorrista” di Tornatore, del “Padrino” nell’immaginario collettivo, diventare, quindi, un anti-eroe.
Sicuramente c’è di mezzo un eccesso di protagonismo, un eroismo che, come giustamente segnala Dal Lago, in Italia è stato sempre ampiamente praticato, dal Petrarca ad oggi. Saviano è un eroe che, al di là della portata e della veridicità del suo romanzo, ha saputo smuovere l’opinione pubblica e ha fatto ritornare alla ribalta prepotentemente un argomento di interesse nazionale. E non si tratta dell’opera di un grande scrittore già affermato ma di un (semi) sconosciuto che ha avuto la fortuna di pubblicare con Mondadori e di divenire un maitre à penser in così poco tempo (nemmeno Pasolini, a suo tempo, ci riuscì).
“Eroi di carta” è un libro necessario perché scatena un dibattito che è giusto affrontare a tutti i livelli ma non è un libro definitivo. Apre un argomento ma non convince del tutto, perfetto nelle ultime venti pagine ma troppo soggettivo in alcuni punti. Sotto certi aspetti, dimostra il fallimento della classe intellettuale italiana – in cui Dal Lago rappresenta una rara eccezione – nella società del XXI secolo.
Saviano deve essere il punto di partenza per arrivare ad altro, all’attivismo politico, intellettuale e, perché no, alla sovversione comunicativa ed è prematuro, a distanza di soli quattro anni, muovere una critica così feroce. Ma magari il tempo darà ragione al professor Dal Lago e, allora, solo allora, gli diremo di essere stato profetico.
Alessandro Dal Lago è professore di Sociologia dei processi culturali nell’Università di Genova, è autore di numerosi saggi e volumi. Per Manifestolibri ha pubblicato, tra l’altro, Il business del pensiero. La consulenza filosofica tra cura di sé e terapia degli altri (2007), Le nostre guerre. Filosofia e sociologia dei conflitti armati (2010) e la raccolta di racconti sulla vita accademica Alma mater (2008).
Autore : Alessandro Dal Lago
Titolo: Eroi di carta. Il caso Gomorra e altre epopee
Editore: Manifestolibri
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 18 euro
Pagine: 158
Francesco Bove, oserei dire che lei è peggio di Del Lago che sfoga tutta la sua rabbia su chi ha avuto il coraggio di parlare sul lerciume del nostro Paese. Lei è più subdolo ma non mancanca di denigrare il coraggio e la bravura di Saviano sperando fortemente che quanto prima crolli questo mito. Perchè non volete ammettere che riesce ad arrivare al cuore delle persone perchè lui un cuore lo ha corredato da una notevolissima cultura. Mi picerebbe vedere voi che pontificate in un faccia a faccia con Saviano e vedere se riuscite a reggere il confronto. Datevi pace
Gentile Rosaria,
se lei non ha occhi per leggere, non è colpa mia. Ma sul “vedere” le posso consigliare diversi libri, mi creda. Ho mica denigrato Saviano che, tra l’altro, stimo molto? Non mi sembra. Ma nemmeno sto denigrando il prof. Dal Lago che reputo un pensatore importante in Italia.
Le consiglio pertanto di rileggere la recensione e soffermarsi su questo punto :
“Perché Dal Lago non si interroga piuttosto sulle origini di “Gomorra” (e non del successo di Saviano)? Perché, invece di far rientrare Saviano nell’alveo degli scrittori “dell’epoca del berlusconismo”, non ha scritto un buon saggio sociologico – e immediato – sul fenomeno camorra? Il suo “La città e le ombre”, documentatissimo e consigliatissimo, ha approfondito i mondi criminali in una città del Nord Italia ma perché non ha avuto la stessa eco di “Gomorra”? Eppure è stato editato da Feltrinelli!”
Non credo di esser stato tenero con Dal Lago.
E ancora :
“Saviano è un eroe che, al di là della portata e della veridicità del suo romanzo, ha saputo smuovere l’opinione pubblica e ha fatto ritornare alla ribalta prepotentemente un argomento di interesse nazionale”.
Bene, io credo di aver spiegato chiaramente il mio punto di vista – che è diverso da quello di Dal Lago – e di aver raccontato in poche righe un libro.
Le parole hanno sfumature e scrivere “eccesso di protagonismo”, ad esempio, non significa “Saviano è un presuntuoso protagonista” ma, anzi, è un elogio. E’ un po’ come quando Saviano dice di voler divenire una moda. Il protagonismo, la moda, sono necessari. Si può combattere il fenomeno camorristico e mafioso con queste armi.
Rilegga la mia recensione e vedrà che non ha ragione. Noi spesso cerchiamo l’informazione, l’arte, la cultura consolatoria e, invece, non deve essere così. Saviano non vuole consolare nessuno ma siamo un paese libero, giusto? Quindi perché Dal Lago non può sollevare dubbi sul caso Gomorra? Si sottopone al linciaggio pubblico e lo fa nel suo modo e si assume le sue responsabilità.
Lei poi crede che io sia subdolo? è libera di farlo, di attaccarmi ma non mi metta in bocca parole e significati sbagliati.
Un saluto,
Francesco Bove.