Il 27 gennaio di quest’anno se ne andava, all’età di 91 anni, J.D. Salinger, il più grande ed eccentrico scrittore americano dell’ultimo secolo, che rispose all’enorme successo letterario del su capolavoro The catcher in the rye (Il giovane Holden) ritirandosi dal mondo ed erigendo intorno a sé un’impenetrabile muraglia di segretezza. Una decina d’anni fa il critico inglese Ian Hamilton si propose di sfondare questo muro nella sua “biografia non autorizzata” “In cerca di Salinger “(minimum fax 2001, ora riedita).
Presentata dall’autore al contempo come biografia letteraria, parodia delle biografie letterarie e romanzo essa stessa, il volumetto è però soprattutto orchestrato, fin dall’inizio, come qualcos’altro: una provocazione, se non addirittura una sfida. Indirizzate, certo, ad un bersaglio ideale: uno scrittore che, a differenza di qualsiasi altro suo collega, aveva risposto al successo non con il presenzialismo ossessivo ed ossessionante, né con l’ansia da riflettori o con la sete di talk show, ma con il silenzio, il fastidio e la reclusione; che, come lo definisce Hamilton, era “famoso per non voler essere famoso“; e che si trovava ora costretto, paradossalmente, a uscire allo scoperto per difendere un diritto tanto elementare quanto inusuale, come quello alla privacy.
Così, non è strano che la biografia di Hamilton sembri qualificarsi fin dalle prime pagine come una sorta di detective story. Il paragone con le indagini dei poliziotti ricorre spesso nel corso di questo racconto che, in effetti, del poliziesco ha tutti i tratti caratteristici. Dal silenzio contagioso che circonda la sua figura, Salinger si presenta quasi come “un grande gangster” di cui nessuno può, nessuno vuole, nessuno deve parlare. Difficile l’impresa di chi lo voglia rintracciare: si è costretti a procedere per indizi, mettendo insieme dati frammentari dai quali spesso emerge nulla più che un ritratto nebuloso, vago, quando non contraddittorio.
Per delineare il profilo dell’oggetto della sua indagine, il biografo-detective può contare su ben poco: sparute testimonianze di ex compagni di scuola o di vita, vecchie interviste, e soprattutto le opere letterarie di Salinger. Di queste ultime, Hamilton è costretto a servirsi come fonte primaria: ma i rischi impliciti nell’operazione sono evidenti, e non tardano a mostrarsi, nel racconto. La biografia hamiltoniana di Salinger ci si presenta come uno sforzo costante (più serio che faceto) per rintracciare parallelismi tra la vita e l’opera: cogliendo analogie e identità di situazioni, di atteggiamenti, di esperienze. Quasi volendoci mostrare che l’intera opera di Salinger altro non è che un riflesso immediato della sua esistenza quotidiana. Assunto davvero molto povero, talmente poco convincente da dare l’impressione che il biografo, invece di descrivere o anche solo interpretare il proprio soggetto, lo stia, senza troppi scrupoli, ricreando da zero, per adeguarlo alla propria idea dello scrittore solitario. Senza contare l’acredine che, tra le righe, sembra di poter leggere nell’atteggiamento del biografo verso il suo soggetto.
A parziale scusante di Hamilton si può dire che, date le circostanze, tutto ci si poteva attendere dal suo lavoro, tranne che una biografia tradizionale. Da subito Hamilton intende giocare con il proprio soggetto al gatto e al topo: provocarlo, irritarlo, aggirare le sue misure difensive, intercalare i propri commenti (spesso tutt’altro che benevoli) al racconto della vita di Salinger. Costringerlo a uscire dalla sua tana, a scendere dal suo piedistallo per confrontarsi con quella realtà da cui aveva deciso di esiliarsi. Il gioco aveva i suoi rischi, ed è noto l’epilogo della vicenda in tribunale, quando (a libro terminato) Hamilton si vide costretto a difendersi dalle accuse di violazione del diritto d’autore per aver citato integralmente passi delle lettere di Salinger.
L’intento di Hamilton riuscì insomma solo in parte. Salinger comparve in tribunale, ma non si sbottonò più di tanto. Qualche accenno a un’opera non pubblicata a cui aveva lavorato fino ad allora; niente di più. Entrambi rimasero scornati. Salinger vide amplificato proprio dalla vicenda legale il contenuto di quelle lettere che non voleva divulgare, ed Hamilton dovette riscrivere da capo il proprio lavoro. Il risultato di questa riscrittura è il volume che abbiamo tra le mani: non più una biografia, ma la sua storia; o, in altre parole, il racconto del racconto della vita di Salinger. Non sappiamo come fosse la prima versione. Quanto a questa, possiamo forse definirla il più originale tentativo letterario dell’ultimo decennio di vendicarsi di qualcuno.
Ian Hamilton (1938-2001), poeta, critico letterario e giornalista televisivo, ha pubblicato, oltre a diversi volumi di poesie e di saggi critici, una biografia del poeta americano Robert Lowell, inedita in italiano.
Autore: Ian Hamilton
Titolo: In cerca di Salinger. Storia di una biografia
Editore: minimum fax
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 9,50 euro
Pagine: 275