Con “47 poesie facili e una difficile” (Quodlibet, 2009) torna ad essere letto in Italia Velimir Chlebnikov, considerato da molti uno dei maggiori poeti dell’Avanguardia russa del primo novecento. Quello che per Jakobson fu il più grande poeta del novecento si presenta, anzi si ripresenta, al lettore cercando di cancellare quell’immagine di sé che lo riduceva a rappresentante inconsapevole di una certa lirica criptica, incomprensibile e, quindi, “troppo difficile”.
Quell’aggettivo, facili, che ritroviamo nel titolo è una indovinata scelta dell’editore (o del curatore, Paolo Nori, ma poco importa) che ha la doppia valenza di una, tutto sommato giusta, “selezione” e di “esca” per un lettore più inconsapevole.
Facile non è questa poesia, se non a livello superficiale. I versi apparentemente semplici (nell’intelaiatura e nel vocabolario) appaiono perlopiù come dei mottetti, delle massime, delle descrizioni quasi orientaleggianti. Ma non è così. In una seconda lettura, più attenta, diventiamo partecipi di una attrazione panica. Un gioco di forze in cui il poeta mette una contro l’altra la potenza dell’uomo e quella della natura, la potenza della storia e quella del quotidiano. Sì è vero, come giustamente afferma Nori nella postfazione, come fa a considerare illeggibile o incomprensibile una poesia come quella messa ad incipit del volume (Poco, mi serve. / Una crosta di pane, / un ditale di latte / e questo cielo / e queste nuvole).
Ma l’impressione, personalissima, è che Nori ci prenda volutamente un po’ in giro. Il bisogno corporale del latte e del pane si accosta ad un altro bisogno, metafisico. Ma il cielo e le nuvole sono una rappresentazione di Dio o della natura? In questi versi mi sembra di rivedere Totò, nel bellissimo episodio pasoliniano, che alla domanda Cosa sono le nuvole?, non sa rispondere ma afferma: straziante, meravigliosa bellezza del creato. Appunto: e per Chlebnikov (questo lo sappiamo bene) la lingua aveva una “saggezza tutta sua”, capace quindi di esprimere molto di più, persino troppo di più di quanto il significato reale di una parola possa dire.
Nella traduzione italiana delle poesie si perdono alcuni giochi linguistici e retorici (soprattutto delle paronomasie di cui Chlebnikov fa un grande uso) ma la lingua, intesa non solo come combinazione di parole, traspare nella sua moderna laicità. Gli slanci futuristi qui non riscontrabili ad un livello esogeno sono, di fatto, maturati all’interno, implosi e dispersi. Non si capisce chi abbiamo di fronte: un profeta, un aedo, un proto-cantastorie alla maniera di Visotskiy. O semplicemente, e lo penso davvero, ad un grandissimo poeta che va decisamente riscoperto.
Velimir Chlebnikov è nato il 28 ottobre 1885 a Chanskaja Stavka, nel governatorato di Astrachan, e è morto il 28 giugno 1922 a Santalovo, nella regione di Novgorod.
Autore: Velimir Chlebnikov
Titolo: 47 poesie facili e una difficile
Editore: Quodlibet
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 9,50 euro
Pagine: 96