Quando si parla di “mistica”, ci si riferisce sempre ad un’esperienza, in particolar modo al momento in cui Dio irrompe nell’anima di una persona. Un’esperienza improvvisa, secondo i mistici non meritata, che non si può raccontare in maniera semplice ma che necessita di un linguaggio potente, oscuro ma al tempo stesso chiaro. Il racconto mistico non è razionale, e il mistico, una volta individuati i limiti dell’umano, li raggiunge per essere vicino a Dio.
A differenza del dogma, che dà un contenuto alla fede e definisce i limiti, la “mistica” è un’esperienza che individua i limiti e cerca di superarli. L’esperienza mistica ha a che fare con la totalità della vita dell’uomo – e non di una parte – che viene folgorato dalla presenza di Dio. Non si tratta di visioni perché il mistico non vede ma trascende, va oltre, supera il Sé Umano fino ad unirsi con Dio. I mistici, nel momento in cui vogliono far conoscere la loro esperienza, utilizzano un linguaggio poetico, denso di simbolismi, che diviene letteratura e Arte.
Se analizziamo i due capolavori di Santa Teresa D’Avila, “Il libro della mia vita” (Paoline Editoriale) e la sua opera più matura Il castello interiore (Paoline Editoriale Libri, 2005) ci possiamo accorgere di quanta poesia ci sia in questi due scritti.
“Il Libro Della Mia Vita” è un’opera di riferimento nell’ambito della letteratura mistica in cui Teresa descrive le sue grazie mistiche e la sua vita.
A 18 anni si trova a scegliere tra la vita matrimoniale e quella claustrale, optando per la seconda; dopo la lettura delle Lettere di San Girolamo, decide di farsi monaca a 21 anni, fino all’unione spirituale con Dio dopo la sua seconda conversione avvenuta dopo i 40 anni. Un libro diviso in tre parti pregno di umanità e importante anche dal punto di vista letterario in quanto, pur trattandosi di memorie, Teresa è bravissima ad adoperare diversi stili creando un corpus unico, appassionante che, addirittura, venne bollato dall’Inquisizione come “eretico”.
Santa Teresa D’Avila, invece, rappresenta l’inizio della letteratura mistica cristiana e con Il castello interiore, sua opera più dottrinale, riesce quasi a fornire un trattato di vita spirituale in maniera semplice e immediata attraverso la descrizione delle numerose avversità e delle estasi che una vita mistica può dare, insomma una sorta di “manuale” per i lettori.
Ma perché ci si dovrebbe appassionare a questo genere letterario non proprio di moda? Innanzitutto perché la mistica apre tanti mondi, dalla poesia alla psicanalisi (vi invito a leggere Lacan a riguardo) e, in secondo luogo, per il linguaggio. La letteratura mistica porta il lettore su un’altra dimensione, fatto di un diverso sentire, totalizzante, che riesce ad imporsi. Si vive un’esperienza del limite che, dal punto di vista artistico, non sempre il romanzo o la poesia riesce ad offrire (Santa Teresa, infatti, viene considerata “maestra della lingua spagnola”).
Santa Teresa non parla della religione e della fede in maniera istituzionale, ma ci parla di un’altra realtà religiosa, intangibile, scevra dal materialismo odierno, che arricchisce il credente e il non credente. Non è una scrittrice di professione ma solamente un organo di Dio che ha lasciato al mondo intero alcune riflessioni sull’uomo che meritano assolutamente di essere apprezzate.
Autore: Santa Teresa D’Avila
Titolo: Il libro della mia vita
Editore: Paoline
Anno di pubblicazione: 2006
Prezzo: 9,50 euro
Pagine: 400
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