In “Come imparare a essere niente” (Guanda, 2010), Alessandro Banda racconta con cinismo disincanto i sentimenti e la solitudine di tre celebri protagonisti del secolo scorso, considerati scomodi da vivi per poi essere santificati postumi.
Scrittore di provincia – come ama definirsi – Alessandro Banda,si fa carico di ascoltare e di trascrivere tre voci provenienti dall’aldilà: quelle di una principessa, di un poeta e di un presidente. Tre persone illustri appartenute al secolo scorso, accomunate da una morte violenta, il cui ricordo è ancora vivo in buona parte della memoria collettiva nostrana.
Troppo noti e celebri perché qualcuno non abbia sentito parlare di loro, non possa immediatamente associarli alle cronache nazionali ed internazionali, e le cui morti – avvenute in circostanze poco chiare – hanno alimentato quell’aura di mistero che ancora oggi le avvolge. Sono lo statista democristiano Aldo Moro, la Principessa del Galles Diana Spencer e l’intellettuale Pier Paolo Pasolini.
Dopo molte letture e ricerche, l’autore ha deciso di entrare nelle loro anime, interpretando e narrando in prima persona i sentimenti e gli stati d’animo di chi si appresta ad affrontare l’ineluttabile sorte a cui tutti siamo destinati.
Vite attraversate dal grigiore della routine politico-istituzionale, o segnate dalla noia e dalla ricerca di un fugace appagamento simile alla felicità; vite ridimensionate dalle confessioni degli stessi protagonisti, troppo spesso presentati e descritti dai mass-media per quello che non erano. Ricco di particolari scabrosi, pettegolezzi e voci di corridoio, “Come imparare a essere niente”, tuttavia, non aggiunge nulla di nuovo a quanto già scritto, sui momenti che hanno preceduto la morte. Né si discosta da quelle immagini che vedono Lady Diana dipinta come la principessa triste, Aldo Moro come lo statista abbandonato da chi avrebbe dovuto salvarlo o Pasolini come l’intellettuale disilluso e critico verso un Progresso che ha corrotto le anime e sfigurato i volti dei ragazzi di vita delle periferie romane.
Eppure, leggendo attentamente questi racconti, si potrebbe sentire un certo richiamo alla superba opera di Italo Calvino, “Palomar”, nella quale il protagonista mette in atto la strategia di “imparare ad essere morto” per trovare quella posizione che gli permetterà ridurre la complessità del reale ed avere una visione chiara ed onnicomprensiva di quella che è stata la propria vita. Convincendosi che ormai niente è più modificabile, egli si avvicina alla morte con più sollievo. Ma il dubbio che dopo di lui il mondo possa introdurre dei cambiamenti anche dopo morti, lo getta in uno stato d’ansia che non gli facilita il distacco.
Al contrario, in questi racconti dal titolo inequivocabile, c’è tutta la rassegnazione di chi si è sentito ingannato dall’esistenza e accetta di scivolare nel nulla, perché sa che così deve andare.
Autore: Alessandro Banda
Titolo: Come imparare a essere niente
Editore: Guanda
Prezzo: 14,50 euro
Pagine: 152