A un anno di distanza da L’assassinio della parola, il pensiero di Maurice Bellet torna in Italia con “Il Dio selvaggio. Per una fede critica” (Servitium, 2010). Bellet non teme gli ossimori, nemmeno quando si tratta di applicarli alla divinità: così, dopo aver appreso dalle sue opere precedenti che Dio può essere “folle” e “perverso”, scopriamo che Dio può essere anche “selvaggio”.
Cosa vuol dire? Essenzialmente, vuol dire che Dio – se è Dio per davvero, e non se lo è secondo la nostra personale o collettiva idea di come vorremmo che fosse – non può venir chiuso in gabbia, in nessuna gabbia, né quella delle nostre categorie intellettuali (per quanto raffinate), né quella delle nostre convenzioni (per quanto diffuse e condivise), né quella dei nostri riti (per quanto antichi e tradizionalmente accreditati). Dio è selvaggio: viene “come un ladro nella notte” (1Te 5,2), come, dove e quando non ci aspettiamo e non possiamo prevedere né calcolare. Spesso la sua logica ci risulta incomprensibile; in più, il suo linguaggio non è quello affettato e lezioso delle buone maniere e delle frasi di circostanza, bensì quello ruvido e grezzo della sofferenza, unito a quello rovente e travolgente dell’amore.
Di fronte alla tragedia dei miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno, prive di acqua potabile, in condizioni di povertà estrema e vittime di malattie curabili, bisogna essere selvaggi, e gridare che questo nostro modo di vivere “globale” è insostenibile e radicalmente iniquo. Bisogna correre il rischio di venir definiti selvaggi, nel denunciare non che un altro mondo sia possibile, bensì che questo mondo è impossibile. Scandalo per i farisei guardiani (ma meglio si direbbe servi) dell’ordine costituito, ma trionfo della “fede critica”, il cui interlocutore non è il codice morale o l’apparato dogmatico, bensì il fratello, il vicino, il prossimo affamato – come tutti gli uomini sono – di cura e d’amore.
Il linguaggio di Bellet – intellettuale francese autore di libri dalla straordinaria lucidità e dalla grande capacità di penetrazione nei tanti risvolti del malessere dell’uomo contemporaneo, a cavallo tra filosofia, teologia e psicanalisi – potrebbe sembrare irrispettoso, politicamente scorretto e forse perfino blasfemo; ma, a ben vedere, non si tratta d’altro che di fedeltà al Vangelo. Di fronte alle esigenze della verità anche la buona educazione mostra i suoi limiti, quando l’enormità del male impone che la voce si levi (e si alzi). A volte non si può non essere selvaggi: “il Regno dei Cieli è dei violenti” (Mt 11,12).
Maurice Bellet è filosofo, teologo e psicanalista francese. Le sue opere – tra le quali La Via, L’amore lacerato, La quarta ipotesi sul futuro del cristianesimo, Il corpo alla prova, La lunga veglia, Passare attraverso il fuoco, pubblicate in Italia dall’editrice servitium, ma anche Il pensiero che ascolta (ed. San Paolo), L’estasi della vita (ed. Dehoniane), Invito alla gratuità e all’astinenza (ed. EMI) – sono tradotte in italiano, spagnolo, tedesco, olandese, inglese, portoghese, brasiliano e cinese. Sito internet ufficiale di Maurice Bellet in italiano: http://www.mauricebellet.it/it/.
Autore: Maurice Bellet
Titolo: Il Dio selvaggio. Per una fede critica
Editore: Servitium
Ed. orig: Le Dieu sauvage. Pour une foi critique, Bayard, Paris 2007
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 15 euro
Pagine: 160