“Digital Signage“ (Franco Angeli, 2009) di Daniele Tirelli, esamina una serie di novità tecnologiche che, grazie alle innovazioni della digitalizzazione dell’informazione (visiva, sonora, olfattiva), stanno trasformando in maniera radicale gli ambienti in cui trascorriamo la nostra quotidianità. Una prima disanima delle molteplici applicazioni appartenenti a queste pratiche permette di ritrovare nomi spesso associati al termine di digital signage, da digital–out-of-home, outdoor e in-store TV, a dynamic displays, digital street furniture.
Al di là della terminologia il digital signage è stato anche comunemente definito come “il media degli ultimi dieci metri”, in quanto preposto a influenzare la scelta finale dell’acquirente che si aggira all’interno di un punto vendita.
Non è questo l’unico obiettivo e non si tratta di soli materiali indoor, ma molteplici sono anche i format outdoor, che vanno a concorrere con la cartellonistica attuale, avvalendosi del dinamismo di immagini, forme e colori della grafica elettronica. La sfida, in questo caso, è dialogare con un pubblico che transita negli spazi in maniera sempre più frettolosa e distratta, in continuo movimento, per cui è implicito il ripensamento di creatività (non si tratta di TV, né di manifesti) e tempistiche (ogni loop, insieme di messaggi che compongono una playlist, va calibrato sulla base del dwell time, la durata della permanenza media del frequentatore di un certo luogo entro cui è collocato il display).
Le tecniche per riprodurre le immagini e proiettarle sono già pronte e accessibili, ma richiedono una riflessione per organizzare e strutturare dei network che portino a ritorni degli investimenti con rischi calcolati. L’opera si dimostra completa anche sotto questo aspetto, affrontando le logiche economiche (con analisi del ROI) che sottostanno all’introduzione di reti di digital signage e gli obiettivi che si possono prefissare, non solo in ambito di trade marketing, per l’upselling (ad esempio tramite l’introduzione di display nei corridoi di un supermercato), ma anche di accrescimento della brand awareness (grazie a videowall nelle piazze o nei centri commerciali). Uno dei punti a favore è il grado di misurabilità dell’audience (tramite webcam o altre tipologie di sensori) e di efficacia tramite parametri quali la presenza, l’attenzione, la permanenza, per nominarne alcuni.
I vantaggi per i retailer sono supportati dalle caratteristiche del mezzo di attrarre, informare, ambientare gli spazi, supportare il merchandising, comunicare sul punto vendita (eventi, fidelity card…) e, al momento, già diversi sono i principali utilizzatori: banche, catene di ristoranti e fast food (con menù interattivi, ad esempio), uffici pubblici, stazioni di servizio, aeroporti; fino a casi di utilizzo in musei, scuole, ospedali e ambulatori.
La situazione di maggior utilizzo è quella che coincide con la sensazione di waitwarping, quando, in un momento di attesa, di coda e di noia, l’individuo, facendosi coinvolgere e intrattenere, sente il tempo trascorrere più velocemente e in maniera più proficua, migliorando l’impressione generale del luogo in cui si trova.
Da un punto di vista commerciale, le reti di digital signage si possono distinguere in diverse tipologie sulla base della vendita o meno di spazi pubblicitari a terzi. In generale i network sono costituiti da un operation center che comunica con gli end point, i player (ad es. i display) che si interfacciano con l’utenza finale. Il gioco più interessante avviene a questo punto, grazie al grado di interattività e di effetti speciali raggiunti con soluzioni sempre più spettacolari: si tratta di tecnologie che vanno dallo studio dell’eye – tracking a quelle che reagiscono in base ai movimenti dell’utente – gesture recognition – (un esempio su tutti il progetto Natal di Microsoft), dai foggy screen all’affective computing.
Facciate degli edifici, pareti di toilette, tetti dei taxi, sono solo alcuni esempi delle ambientazioni entro cui il digital signage può avere attuazione. Luoghi “magici” quali Fremont Street, Times Square, Piccadilly Circus o Shangai sono, come viene descritto, altrettante “prove d’autore” per ciò che si sta preparando per i prossimi anni.
Daniele Tirelli è presidente di POPAI Italia, associazione internazionale che si dedica allo sviluppo del retail marketing. Lreato in Fisica, in Scienze Politico-Economiche, nonché Phd in Economia, ha fatto parte del board di multinazionali come ACNielsen e IRI-Infoscan, dirigendo servizi di analisi e consulenza per le maggiori aziende del largo consumo della distribuzione commerciale e della comunicazione. Docente di materie socio-economiche presso lo IULM di Milano e l’Università di Scienze Economiche di Pollenzo, è autore di vari libri tra cui Il cronodizionario dei consumi; Retail Excellence; Dentro i consumi. Ha collaborato e collabora in veste di opinionista con varie riviste specializzate nel campo del marketing e della comunicazione.
Autore: Daniele Tirelli
Titolo: Digital Signage. L’immagine onnipresente
Editore: Franco Angeli
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 26 euro
Pagine: 224