Divertissement, evasione, rifugio; ma anche manuale di zoologia (pratica e fantastica), e dotto strumento di studio. Tutto questo è il “Bestiario bibliofilo. Imprese di animali nelle marche tipografiche dal XV al XVIII secolo (e altro)” (Sylvestre Bonnard, 2009).
Hans Tuzzi (al secolo Adriano Bon) coniuga felicemente le due “passioni di una vita“: libri e animali.
Tardo epigono di un’antica tradizione, il divertito e divertente volume di Hans Tuzzi si riallaccia con fedeltà alla fortunata progenie medievale di quei compendi in cui si trovavano incluse tutte le creature allora note (o immaginate). Ogni cosa aveva diritto di cittadinanza, nei bestiari: dal cervo al drago, dal leone all’unicorno. Tutti descritti con la medesima serietà, tutti corredati degli stessi riferimenti letterari (più che altro biblici). Così il libro di Tuzzi: con la differenza che il suo non è un semplice bestiario, ma un bestiario (appunto) bibliofilo.
Differenza fondamentale: perché gli animali di Tuzzi popolano non le foreste e i cieli, o la fantasia, di una certa epoca, bensì quei particolari stemmi distintivi dei singoli editori chiamati, in gergo, “marche tipografiche”. Senza contare il fatto che, a sua volta, Tuzzi non è un semplice bibliofilo, ma un bibliofilo romanziere (suo il ciclo di romanzi dedicati al commissario Melis).
Insomma: un libro che, dal titolo, sembrerebbe avere tutti gli ingredienti per risultare quantomeno soporifero ai non addetti ai lavori, riesce invece a trasformarsi in un’appassionata rassegna di ogni genere di creature animali (poco importa se reali o fittizie), delle loro caratteristiche, del ruolo da esse assunto, nei secoli, nell’immaginario collettivo italiano, europeo ed estero. A questa rassegna è dedicata la prima parte del libro, che più specificamente si rifà, in un modo del tutto personale, allo stile degli antichi bestiari. Per inciso, qui bisogna dire che l’autore non si rende giustizia. Dichiara infatti, nella Premessa, di non aver “fatto altro che elencare, dall’Agnello alla Volpe, quegli animali che figurano nelle marche tipografiche in Italia, in Europa e talvolta nel Nuovo Mondo“. Ma ciò che ha fatto è molto di più. Ogni descrizione è dominata da una sorta di flusso di coscienza letterario in cui si lascia libero sfogo a riferimenti di ogni tipo: la classificazione scientifica dell’animale convive con la sua presenza nella mitologia, nella leggenda, nei proverbi; le sue caratteristiche naturali con le proprietà attribuitegli nel folklore; i riferimenti alla letteratura con gli aneddoti storici, o con le semplici curiosità.
Una rassegna zoologica in cui scopriamo che gli eroi greci sotto le mura di Troia, e i soldati inglesi e francesi alla battaglia di Crécy nel 1346, curavano le ferite usando le tele di ragno come emostatici, e che a quest’uso fa riferimento Shakespeare in un verso altrimenti incomprensibile di Sogno di una notte di mezza estate. Che il drago, a cui si dedica da parte degli stampatori una quantità di marche, è “nostro intrinseco… perché degli umani sa parlare la lingua“, fortemente simbolico e, lungi dall’essere sempre mostruoso, complesso nella sua personalità (sì, personalità; poiché il drago, nel suo rapporto con la morte e l’eternità, risulta più umano di molti umani). E che al topo, a cui spesso si sente paragonare chi trascorre molto tempo tra i libri, per scaramanzia non è mai stata dedicata quasi nessuna marca che lo veda protagonista assoluto: tranne quelle in cui compare, ormai impossibilitato a usare i libri come cibo, tra le fauci di una gatta (e perché gatta, e non gatto, ce lo spiega sempre Tuzzi alla voce apposita: andate a controllare).
Ecco poi, con la strada spianata da questi quadretti introduttivi, comparire nella seconda parte le altre protagoniste del volume: quelle marche tipografiche cui si era soltanto accennato nella sezione di bestiario, e che ora sfilano in bell’ordine, censite, descritte e talvolta (nel caso delle più celebri, o delle più belle) riprodotte nel testo. La narrazione si fa ora strumento bibliografico: con l’elenco in ordine alfabetico, sotto il corrispondente animale protagonista, de tipografi che lo rappresentarono, con descrizione precisa della loro marca (o marche: ad alcuni piacquero più animali) e motto.
Un libro che parla di animali e di libri: cosa state aspettando?
Hans Tuzzi è lo pseudonimo con cui Adriano Bon, pittore, scrittore e saggista, ha scelto di firmare i suoi libri, che comprendono il ciclo di noir milanesi con protagonista il commissario Norberto Melis (quattro romanzi, da Il Maestro della Testa sfondata, Sylvestre Bonnard, 2002, a La morte segue i magi, Bollati Boringhieri, 2009) e i saggi di bibliofilia Collezionare libri (2000), Gli strumenti del bibliofilo (2003), Libro antico libro moderno (2006) e l’erudita e sensibile meditazione sull’essere cane Gli occhi di rubino (2006), tutti pubblicati da Sylvestre Bonnard.
Autore: Hans Tuzzi
Titolo: Bestiario bibliofilo
Editore: Sylvestre Bonnard
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 20 euro
Pagine: 185