Si dice che l’inganno più riuscito del diavolo sia quello di averci convinto che non esiste. Da sempre, il male prospera nel silenzio, si diffonde nell’indifferenza. È questa, in fondo, la risposta alla domanda che Davide Carlucci e Giuseppe Caruso si pongono nella loro inchiesta “A Milano comanda la ‘Ndrangheta” (Ponte alle Grazie, 2009). Come ha potuto la criminalità organizzata calabrese arrivare a conquistare la capitale morale d’Italia? VIDEO/Le parole degli autori
Tutto comincia con una pallina di stagnola, un venerdì sera in corso Como, il centro della vita notturna milanese. Dalla tasca di un ragazzo nordafricano appoggiato al muro, quella pallina passa nelle mani di “un uomo sulla quarantina“, un individuo qualunque tra i tanti che affollano la via, che in cambio lascia al ragazzo una cinquantina d’euro. Un affare veloce, nessun controllo, nessuno sguardo; gesti semplici e veloci, che in pochi secondi arricchiscono di un ulteriore, piccolo introito un business, quello del traffico di cocaina, che nel 2007 ha fruttato all’organizzazione criminale delle ‘ndrine la bellezza di 27.240 miliardi di euro.
Quella pallina di stagnola è un tassello fondamentale nell’ingranaggio di un Impero che, prosperando nel silenzio, si è esteso come una metastasi a tutti i settori del mondo imprenditoriale milanese. La droga resta sempre la punta di diamante del sistema (Milano è stata definita la capitale europea della cocaina), ma in fondo è solo la radice da cui si dirama una rete fittissima di attività illecite: imprese edili, bar, ristoranti, discoteche, night club, società finanziarie, industrie chimiche, discariche clandestine, rifiuti tossici, riciclaggio di denaro sporco… Un elenco interminabile, che non si fa mancare nulla e intorno a cui ruotano sempre gli stessi nomi, le stesse famiglie, trasferitesi al nord dopo le stragi di mafia degli anni ’90 e diventate, mentre noi guardavamo alla Sicilia, i padroni di quasi tutto.
I Rizzuto, i Barbaro, i Papalia, i Morabito, i Sergi, i Coco Trovato: nomi che hanno conquistato la capitale imprenditoriale del nord non con le bombe, le esplosioni, gli eclatanti assassini, ma con la ben più proficua tattica dell’infiltrazione. Insinuarsi lentamente nel sistema del potere, infiltrarsi nei gangli stessi dei suoi organi decisionali, e dall’interno stendere su stessa un velo che consenta agli affari delle famiglie di prosperare indisturbati. È questa la strategia che, nel corso degli anni, ha reso Milano lo snodo centrale di una ragnatela di traffici che si estende bel al di là dei confini nazionali, fino in Canada, o in America Latina.
Il tutto nel silenzio, raggelante ed imbarazzante, delle istituzioni. Esemplare la vicenda che, tra il 2008 e il 2009, vede prima ostacolare, poi costituire dopo lunghi sforzi, ed infine saltare, dopo appena una settimana dalla delibera che finalmente ne approvava la costituzione, la Commissione antimafia per la città di Milano. A Milano la mafia non esiste, si sentiva ripetere con sereno ottimismo fino a qualche anno fa. Ma solo perché, come dimostra questo libro, è la ‘Ndrangheta a comandare, in una città che, proprio pochi mesi dopo l’uscita di questo libro, con l’Operazione Parco Sud condotta sugli appalti edilizi nell’hinterland, si è dimostrata una volta di più controllata fino al midollo dalle famiglie calabresi.
In questo mondo di silenzi, collusioni e ostruzionismo Carlucci e Caruso si tuffano a pesce, con coraggio, rigore nella dotazione documentaria e brio nell’esposizione. Ricostruendo legami familiari e migrazioni di clan di quella che, nella prefazione, Attilio Bolzoni definisce “la mafia perfetta“. Districandosi tra aree di controllo, canali commerciali privilegiati, rapporti con l’estero. Puntando il dito sui rapporti con la politica, che fa finta di niente, si limita a dire che la mafia non esiste, e chiudendo gli occhi lascia crescere indisturbata l’organizzazione delle ‘ndrine. Impugnando, insomma, quell’arma che la criminalità organizzata teme più di ogni altra: la parola. Mentre molti tacciono, Carlucci e Caruso ci parlano. Tocca a noi ora ascoltarli.
Davide Carlucci (Acquaviva delle Fonti, Bari, 1969), cronista di giudiziaria nella redazione di Repubblica dal 2000, si è da sempre occupato di criminalità organizzata e terrorismo, oltre che di scandali universitari, su cui ha pubblicato, insieme ad Antonio Castaldo, l’inchiesta Un paese di baroni (Chiarelettere, 2009).
Giuseppe Caruso, 34 anni, giornalista e scrittore. Collaboratore dell’Unità, è autore del discusso ma fortunato Chi ha ucciso Silvio Berlusconi (Ponte alle Grazie, 2005).
Autore: Davide Carlucci, Giuseppe Caruso
Titolo: A Milano comanda la ‘Ndrangheta
Editore: Ponte alle Grazie
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 14 euro
Pagine: 266