Oriana Fallaci nel 1981 ha intervistato Lech Walesa, fondatore di Solidarnosc e Nobel per la Pace nel 1983. Un pezzo di storia e giornalismo ora raccolto insieme ad altri nell’atteso volume “Intervista con il Potere” (Rizzoli, 2009).
Eccone uno stralcio: “… lei ha uno stile autoritario, tipicamente dittatoriale, e siccome ce l’ho anch’io, qui si pone un problema. Il problema di trovare un modus vivendi, venire a patti insomma. Facciamo un accordo: d’ora innanzi io sarò gentile con lei, lei sarà gentile con me. Sennò ci si sbrana, va bene?”.
Seguito ideale della precedente “Intervista con la storia” (Rizzoli, 1974), il nuovo volume postumo della grande inviata di guerra raccoglie, oltre ai due lunghi e celebri reportage per il “Corriere” (gli incontri con Khomeini in Iran e Gheddafi in Libia) che costituiscono la prima parte (ed il titolo) del volume, anche quattordici interviste a domanda e risposta, realizzate per l'”Europeo”, con altrettanti grandi protagonisti del ‘900: oltre a Walesa, Robert Kennedy, il Dalai Lama, Pertini, La Malfa, Berlinguer, Deng Xiao-Ping, Ariel Sharon. Ad ognuna è premesso un ritratto, più o meno breve, in cui Oriana Fallaci brevemente ci descrive, a modo suo, il personaggio che stiamo per incontrare, e il contesto in cui si svolgerà l’incontro.
Non sono introduzioni storiche, che meccanicamente elenchino nomi, luoghi, date; piuttosto, descrizioni soggettive, “fallaciane”, di una personalità, un carattere, un individuo, che immediatamente ci immergono nell’atmosfera dell’intervista, e del modo in cui verrà condotta. Già da esse capiamo che Walesa faceva bene a porre quella condizione. Di rado i dialoghi con la Fallaci erano dei semplici colloqui: quasi sempre erano degli scontri di ideologie, di credenze, non di rado di civiltà. A volte si rischiava persino di farsi male.
Perchè la Fallaci non si limitava, non poteva farlo, a rendere se stessa la cassa di risonanza delle dichiarazioni dell’intervistato. Non si curava affatto di quanto potente o temibile fosse la persona che le stava di fronte: ogni parola veniva vagliata, criticata, messa in discussione, a volte fatta a pezzi, o sbattuta a terra con sdegno. Proprio come era accaduto nel settembre 1979 in Iran, con l’odiato chador che Oriana era stata costretta a indossare, di fronte ad un esterrefatto Khomeini; episodio leggendario nella carriera giornalistica della Fallaci, e ricordato con un misto di ammirazione e timore da parte di alcuni dei protagonisti di queste interviste. Ad una giornalista come Oriana Fallaci non poteva interessare ingraziarsi i potenti; ciò che le interessava era invece cercare di comprendere i meccanismi, le ambiguità, le folli ironie di quella bestia onnivora che chiamiamo Potere.
Il progetto vibrava nella mente di Oriana fin dalla fine degli anni ’70, gli anni difficili successivi alle morti di Alekos Panagulis e della madre, gli anni della stesura di “Un uomo” (Rizzoli, 1979). Una sera un amico le fece scoprire che il generale Loan, “il terrore di Saigon” al tempo della guerra del Vietnam, da lei intervistato qualche anno prima, si era ora riciclato come cuoco in un ristorante in Virginia. Un paradigma straordinario delle peripezie del Potere, che dà il via ad una serie di incontri in cui i deliri di Gheddafi sul suo Libro Verde, le lacrime di Pertini al ricordo della madre e dei fratelli morti, la gelida freddezza di Rascida Abhedo si mescolano ad un’analisi razionale e spietata del Potere in astratto. Sezionata, sviscerata, esposta con crudezza e senza fronzoli, in perfetto stile fallaciano, l’immagine del Potere che si ricava da queste interviste è complessa, a tratti pura e ingenua, a tratti oscura e feroce, sempre sfuggente, sempre ambigua. Perché “intervistare il Potere è come intervistare la Vita… perdere riferimenti in cui ci si appoggiava prima di capirla… Ti senti sicuro solo dei tuoi dubbi, e della tua solitudine“.
Oriana Fallaci (1929-2006), giornalista e scrittrice, è stata la prima donna ad essere mandata al fronte come inviata di guerra: in Vietnam, nel Messico delle rivolte studentesche del ’68, in India, in Pakistan, in Medio Oriente. Nel 1973 conobbe Alekos Panagulis, leader della Resistenza greca contro i Colonnelli, e fu la sua compagna fino alla morte di lui in un incidente stradale, tre anni dopo. Oriana raccontò la sua storia in Un uomo (1979). Dopo l’11 settembre, la Fallaci si attestò su posizioni violentemente anti-islamiche, per le quali la giornalista, nei suoi ultimi anni di vita, fu al centro di accese polemiche e controversie. I suoi libri sono stati tradotti in tutto il mondo. Tra i più importanti, Penelope alla guerra (1962), Niente e così sia (1969), Lettera a un bambino mai nato (1975), Insciallah (1990), e il postumo Un cappello pieno di ciliege (2008), tutti editi da Rizzoli.
Info: “La storia siamo noi” su Oriana Fallaci
Autore: Oriana Fallaci
Titolo: Intervista con il potere
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 24,50 euro
Pagine: 606